- Milioni di persone non hanno ancora accesso a una dieta sana.
- È per risolvere questo problema che, il 16 ottobre di ogni anno, si celebra la Giornata mondiale dell’alimentazione.
- Slow Food denuncia lo spreco alimentare, gli allevamenti intensivi e le monocolture.
“Che nessuno sia lasciato indietro”. È questo il tema della Giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre 2022, una ricorrenza istituita nel 1945 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Anche se abbiamo compiuto dei passi avanti verso un mondo migliore, sono troppe le persone che ancora non riescono a godere dei benefici del progresso. Milioni di esseri umani continuano a non avere accesso a una dieta sana: il problema non è la scarsità di risorse alimentari, dato che ne vengono prodotte abbastanza, ma la disponibilità di cibo nutriente. La pandemia di Covid-19, i conflitti, le disuguaglianze, i cambiamenti climatici e l’aumento del costo della vita stanno accentuando questo problema.
La battaglia contro lo spreco alimentare
Un’altra sfida riguarda lo spreco alimentare: un terzo del cibo viene gettato via senza essere consumato, avverte Slow Food. In occasione della giornata, l’associazione denuncia le assurdità che caratterizzano i modelli produttivi attualmente più diffusi che, invece di tutelare le risorse, finiscono per impoverirle. “Il sistema alimentare dominante, oggi, è lo specchio di un mondo che ragiona all’incontrario, che agisce sulla base dei profitti invece che dei diritti, che promuove lo sfruttamento anziché il benessere”, commenta Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.
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Il modello proposto da Slow Food
Sebbene la sensibilità dei consumatori stia crescendo, il mercato ci ha abituato a disporre sempre di qualunque prodotto. In molti casi, non esistono più legami con le stagioni o i luoghi di provenienza. Pensiamo agli allevamenti intensivi, nascosti dentro a capannoni lontani dai nostri occhi. O alle monocolture, spesso gestite dalle stesse multinazionali che commerciano i pesticidi più diffusi.
Slow Food propone un modello alternativo, una sorta di “ritorno alle origini” dove il prodotto e il produttore siano al centro del processo. “Promuovere un sistema alimentare sano richiede un investimento: più che il denaro, servono volontà e competenza, capacità di ascoltare e farsi ispirare da chi il cibo lo produce per nutrire, non per arricchirsi a discapito di qualcun altro”, conclude Barbara Nappini. Ricordiamo l’appello della FAO: quando qualcuno viene lasciato indietro, si rompe l’anello di una catena. Con un impatto su tutti noi.
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