A che punto è la trasformazione in chiave sostenibile del servizio di ristorazione universitaria

Essere Animali ha analizzato i menù proposti dalle mense delle università italiane per capire se ci sono abbastanza proposte a base vegetale.

Gennaio è il mese del Veganuary, l’iniziativa globale che sfida le persone a seguire una dieta vegana, o quantomeno vegetariana, per almeno un mese. Un’indagine di Essere Animali, partner italiano della campagna, svela che per gli studenti delle università italiane non è sempre facile fare scelte virtuose.

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La proposta vegetale di un ateneo © Essere Animali

Il 50 per cento delle mense universitarie, infatti, non contempla secondi a base vegetale e soltanto il 20 per cento delle strutture li propone almeno una o due volte alla settimana. Fortunatamente, il 60 per cento delle mense offre sempre, o quasi, almeno un primo vegan: solo il 6 per cento non ne mette a disposizione nemmeno uno alla settimana.

La campagna Mense per il clima di Essere Animali

Il report di Essere Animali, pubblicato il 18 gennaio, rientra nell’ambito della campagna Mense per il clima e del progetto MenoPerPiù, lanciato dall’organizzazione per aiutare università e aziende a garantire a studenti e dipendenti una pausa pranzo nutriente e sostenibile.

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L’avanzamento del progetto MenoPerPiù © Essere Animali

La classifica delle università italiane più attente a un’alimentazione sostenibile

Degli 88 istituti universitari italiani, è stato possibile analizzare un massimo di 58 menù riferiti a 49 atenei, poiché 39 realtà non hanno risposto o sono risultate sprovviste di una mensa dedicata.

Solo 12 mense rientrano nelle fasce verdi: Pisa (Praticelli), Pisa (Le Piagge) e Siena (Sant’Agata) sono le uniche tre “in testa al cambiamento” con più di 60 punti; seguono altre 9 “sulla buona strada”, in fascia B.

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La classifica integrale © Essere Animali

La consapevolezza degli italiani e il ruolo del sistema educativo

Il rapporto è corredato da uno studio realizzato dal gruppo di ricerca Demetra che svela come le portate a base di carne siano quelle che emettono più gas climalteranti, al punto che i costi ambientali di un secondo di carne o pesce sono tra le quattro e le dieci volte superiori a quelli di un secondo a base di legumi. E gli italiani ne sono sempre più consapevoli: il 26 per cento della popolazione sta azzerando o limitando il consumo di carne per ridurre la propria carbon footprint.

I costi ambientali di alcune delle portate più diffuse nelle mense universitarie © Essere Animali
I costi ambientali di alcune delle portate più diffuse nelle mense universitarie © Essere Animali

In questo quadro, “le mense universitarie possono davvero fare la differenza per mitigare l’impatto che il cibo che consumiamo ogni giorno ha sull’ambiente. Quello che questa analisi dimostra è che una transizione della ristorazione collettiva universitaria in chiave vegetale non è solo conveniente, ma anche possibile, come sta già succedendo in tutta Europa e ora anche in diverse realtà pioniere in Italia. Auspichiamo che questo report diventi uno strumento al servizio degli enti per il diritto allo studio e tutti gli attori coinvolti desiderosi di intraprendere la strada verso un cambiamento attento all’ambiente e alla salute di tutte e tutti”, commenta Valentina Taglietti, Food Policy Specialist di Essere Animali.

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