I consumi di carne, negli ultimi 50 anni hanno avuto una crescita esponenziale a livello globale. A livello globale solo il 30% degli uccelli sono selvatici a fronte di un 70% composto da pollame destinato all’alimentazione umana. Ogni anno vengono macellati 50 miliardi di polli, di cui circa il 70% allevati in maniera intensiva.
Se si prendono in considerazione i mammiferi poi, i dati sono ancor più sconcertanti: il 60% sono bovini e suini da allevamento, il 36% da umani. I mammiferi selvatici sono solo il 4%
I consumi di carne sono esplosi anche in Italia
Oggi, si produce una quantità di carne quasi cinque volte maggiore di quella dei primi anni ’60, nel mondo si consumano in media 34,5 kg di carne a testa l’anno, ovviamente con differenze tra Paesi.
In Italia, il consumo medio è di quasi 80 kg a testa rispetto ai 21 kg di 60 anni fa.
Oltre a ciò, si deve tener conto del fatto che gli allevamenti intensivi sono da soli responsabili del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, utilizzano circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi.
Questi sono alcuni dei numeri contenuti all’interno del report “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne” lanciato dal Wwf. Il documento anticipa il Pre summit food, che si terrà, presso la sede Fao a Roma, oggi 26 luglio.
Scopo del rapporto è promuovere una riflessione verso un ripensamento globale dell’attuale sistema di produzione e consumo della carne e dei derivati animali. La proposta si inserisce all’interno della campagna #Food4Future di Wwf, lanciata ad aprile 2021. La campagna vuole promuovere sistemi più sani e sostenibili lungo tutta la filiera, tenendo conto dei limiti oggettivi del Pianeta.
“Il cibo è il sapore della vita per miliardi di persone. Eppure proprio questo sistema si è trasformato in un letale nemico di foreste, oceani, biodiversità e, non ultimo, della nostra stessa salute”, afferma Isabella Pratesi, direttore conservazione di Wwf Italia. “La nostra stessa sopravvivenza su questo Pianeta ci pone oggi l’obbligo, prima che sia troppo tardi, di ripensare il nostro sistema alimentare globale a partire dagli allevamenti intensivi. Oggi se vogliamo dare un futuro al Pianeta non basta più pensare ad abbattere le emissioni di CO2 dobbiamo ridurre le “emissioni” del sistema food che sono deforestazione, perdita di biodiversità, inquinamento e distruzione di ecosistemi”.
Il pericolo per la nostra salute e quella del Pianeta
Il 60% delle malattie infettive umane e circa il 75% di quelle emergenti, che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni, come la malattia del Nilo occidentale, la Sars e l’influenza suina A H1N1, sono di origine animale.
L’inquinamento di aria e acqua e la distruzione finalizzata a fare spazio ai pascoli e alle monocolture, con l’alterazione dei cicli bio-geochimici e la resistenza agli antibiotici, dimostrano che l’attuale sistema zootecnico non è più sostenibile.
Oltre il 50% degli antibiotici è destinato all’allevamento animale e al settore veterinario, rappresentando un fattore di rischio per la selezione e diffusione di batteri resistenti. In Europa, un terzo delle infezioni è causato da batteri resistenti agli antibiotici. L’Italia detiene il primato a livello europeo della mortalità per antibiotico-resistenza, con il 30% dei decessi totali dovuti a batteri resistenti.
L’impatto del comparto agricolo e degli allevamenti sull’ambiente
Tra i maggiori responsabili della produzione di gas serra, ci sono gli allevamenti intensivi che generano il 14,5% delle emissioni totali.
A livello europeo, la produzione agricola è responsabile del 12% delle emissioni di gas serra, di cui oltre il 60% deriva dagli allevamenti di bovini.
In Italia, gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di inquinamento da polveri sottili, dopo il riscaldamento degli edifici.
Ovviamente, aumentando la domanda di carne, sono aumentate le colture per mangimi: ogni anno un miliardo e mezzo di tonnellate di mangimi, tra cui principalmente soia e mais, entra negli allevamenti intensivi di tutto il mondo. Soprattutto la soia è tra i maggiori responsabili della deforestazione planetaria.
Rendere le filiere dell’allevamento più sostenibili
Nel 2019, la produzione a livello globale di carne ammontava a 337 milioni di tonnellate, prodotte prevalentemente in sistemi intensivi. La carne suina rappresenta oltre un terzo della produzione mondiale, il pollame il 39% e la carne bovina il 21%.
L’Italia, con 23 milioni di capi allevati, è quarta in classifica in Ue per numero complessivo di capi. Nei paesi sviluppati si consumano circa 70 kg pro-capite annui di carne contro i 27 kg dei Paesi in via di sviluppo.
Negli ultimi 50 anni, anche il consumo medio di latte è aumentato del 90% e quello di uova del 340%.
“Sono necessarie soluzioni in grado di cambiare alla radice un sistema che ha conseguenze drammatiche sul Pianeta. Serve attuare una transizione ecologica dei metodi di allevamento e delle pratiche agricole eliminando logiche rivolte al profitto che vedono sempre più animali allevati e prezzi sempre più bassi”, sostiene Eva Alessi, responsabile sostenibilità di Wwf Italia, che continua: “Per rendere possibile la transizione ecologica della zootecnia dobbiamo porci l’obiettivo di una drastica riduzione del consumo globale di carne e di un sostanziale incremento nei consumi di alimenti vegetali come frutta, verdura, cereali e legumi”.
L’appello del Wwf alle istituzioni per una transizione agro-ecologica
Il Wwf, in concomitanza del pre-summit delle Nazioni Unite sui Sistemi alimentari, si rivolge in primis alle istituzioni perché è il momento di riconoscere che la salute degli esseri umani è strettamente legata alla salute degli animali e dell’ambiente ed è urgente mettere in atto una transizione agro-ecologica anche della zootecnia, in cui si eliminino progressivamente gli allevamenti intensivi industriali.
Secondo Wwf, UE e Italia devono eliminare i sussidi agli allevamenti intensivi e sostenere le aziende agricole che producono con metodi biologici e estensivi. In questo modo si rafforza il biologico e si promuove la sostenibilità ambientale.
Si potrebbe incentivare il biologico anche attraverso l’applicazione di un’aliquota iva agevolata al 4%. Inoltre, è indispensabile una comunicazione chiara e trasparente in etichetta, affinché i consumatori possano conoscere il metodo di allevamento utilizzato.
Ai consumatori il Wwf raccomanda di ridurre il consumo di carne, scegliere quella di migliore qualità e pagare un prezzo equo per ogni prodotto, poiché in genere quando si paga un prezzo irrisorio, rispetto dell’ambiente e benessere animale vengono meno.
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