L’accesso a un cibo sano e genuino è legato sempre più alla resilienza degli ecosistemi da tutelare. Per rispondere alla sfida della sostenibilità, si stanno sviluppando nuove competenze e nuovi mestieri in ambito food. La chiave per aumentare il potenziale imprenditoriale e migliorare le competenze in ambito agroalimentare è la formazione.
Canale Energia approfondisce i nuovi scenari dell’industria alimentare con Matteo Vignoli, ricercatore presso il dipartimento di Scienze aziendali all’università di Bologna e co-founder di Future Food.
Quali discipline definiscono i contorni di questa straordinaria costellazione di figure professionali emergenti nel settore food?
Il cibo non è solo produzione, agricoltura, il cibo è cambiamento climatico, diplomazia, innovazione, attivismo, economia, finanza, imprese, giovani. Le nuove figure professionali devono saper vedere la complessità di queste trame e devono sempre più spesso saper dialogare con gli attori dell’intero sistema agro-alimentare
È fondamentale allora iniziare ad abbracciare una mentalità eco-sistemica, capace di comprendere l’ecosistema naturale e digitale, una mentalità di prosperità, che sappia adattarsi alle emergenze pur senza dimenticare l’importanza dei valori umani, dell’interconnessione ed il bisogno di circolarità, coprendo componenti tangibili e intangibili.
Per questo il Future Food si rivolge alla vasta pletora di soggetti che possono trattare il settore food nelle sue diverse sfaccettature, consumatori inclusi: food innovators, food activists, food and climate shapers. Ognuno può essere un reale agente di cambiamento se mosso da forti valori.
Come si può formare al meglio professionalità strategiche nel settore dell’agroalimentare? Come si occupa l’università di formare queste figure professionali e com’è cambiato il piano formativo negli ultimi anni?
L’apprendimento è il punto di partenza da cui ripensare il “cosa” e il “come”, per ristrutturare il contenuto e portare valore aggiunto a una nuova cittadinanza di domani, più giusta e inclusiva. Prima del cosa e del come, il sistema educativo dovrebbe riconsiderare le basi: dovremmo domandarci perché impariamo e qual è esattamente il futuro che vogliamo. Per questo è necessario formare studenti e professionisti a sviluppare un pensiero critico, forgiato sull’ascolto attivo e partecipato, non passivo, sull’interazione, sulla co-creazione e sulla sperimentazione delle reali problematicità.
Il challenge-based learning è un necessario passo per superare le tradizionali lezioni frontali che non alimentano curiosità e non stimolano la diversità di prospettive. Da quando è nato il Future food institute, diverse sono state le tappe e gli approcci educativi che abbiamo sperimentato, collaborando con le Università, i centri di ricerca, le imprese, le ONG e la società:
- Il Food innovation program – un programma di master internazionale di un anno che porta l’innovazione guidata dal design nel settore alimentare. L’obiettivo del programma è quello di creare una mentalità “fuori dagli schemi” per partecipanti con diversi background e soluzioni tangibili basate su progetti, fornendo agli studenti l’opportunità di impegnarsi in una classe internazionale/workshop che comprende teoria e prototipazione; sfide di innovazione basate sul lavoro di squadra; mentoring imprenditoriale e discorsi ispiratori. Per formare innovatori alimentari, è fondamentale trasformare lo scopo in azione e trasformare l’attivismo in problem-solving.
- La Global Mission – la missione globale di innovazione alimentare è un progetto di 60 giorni che tocca i principali hub tecnologici alimentari del mondo. Due mesi per i partecipanti per incontrare aziende, startup, maker, scienziati, rappresentanti istituzionali, e per visitare Fablab, università, centri di ricerca, cluster scientifici e tecnologici di tre diversi continenti per promuovere un approccio più sostenibile e consapevole al cibo e ispirare ogni quartiere a diventare un fiorente ecosistema per creare un pianeta che apprende.
- I Boot Camps – Dal 2019 insieme alla FAO sviluppiamo programmi di apprendimento congiunti, intergenerazionali e multidisciplinari, su argomenti specifici legati al cibo (climate-smart farms, climate-smart oceans, climate-smart cities e regenerative kitchens). Ogni programma è organizzato in luoghi di ispirazione e si basa su workshop interattivi e sull’integrazione dei partecipanti con le comunità locali, utilizzando un design e approcci di pensiero della prosperità.
- Digital boot camp – come conseguenza della pandemia globale, nel luglio 2020 abbiamo inaugurato un’esperienza di apprendimento senza precedenti: il formato Digital boot camp. Un programma di un mese che ha messo al centro i partecipanti e le loro comunità e ha stimolato nuove forme di co-design per esperienze di vita reale per costruire un percorso verso una società prospera.
Quanta è forte l’attenzione ai contaminanti chimici del suolo e dell’acqua e all’utilizzo efficiente di acqua ed energia?
A livello educativo, sta aumentando esponenzialmente l’attenzione verso tutte le tematiche ambientali nei giovani e giovanissimi. In pochi nelle nostre università e nelle nostre scuole non hanno mai sentito parlare di cambiamento climatico, SDGs, giornata mondiale della Terra. Complice anche l’incredibile presa del movimento dei Friday for the Future, tanti giovani e giovanissimi sono attivi in attività ambientali come raccolta plastica, orto a scuola, lotta agli sprechi.
Due esempi in particolare, pensando alle tematiche relative all’acqua: the Ocean Cleanup Project, lanciato dal 18enne olandese Boyan Slat, oppure l’azienda Aclarity, fondata dalla studentessa Julie Bliss Mullen, che è stata nominata nella lista per la Scienza nel 2019 da Forbes 30 Under 30, per aver sviluppato una tecnologia elettrochimica in grado di distruggere i contaminanti in acqua, come PFAS, solventi, ammoniaca e pesticidi.
Anche a livello imprenditoriale e politico, l’attenzione verso queste tematiche è notevolmente aumentato. Di sicuro, una maggiore diffusione di dati ambientali, come quelli relativi al drastico avanzamento della desertificazione, ai preoccupanti livelli di contaminazione ed avvelenamento, allo stato di degrado ambientale, alla perdita di diversità (biodiversità, diversità marina, diversità di colture) non può che aumentare la sensibilizzazione.
Si sa oramai, per esempio, che il nostro paese è tra i più colpiti d’Europa per fenomeni idrogeologici e desertificazione, si conoscono i razionamenti idrici nel Mezzogiorno, così come la stretta correlazione tra uso massiccio di fertilizzanti, pesticidi e contaminazione delle falde idriche.
A conferma di ciò, possiamo notare l’attenzione verso il Green deal europeo con le strategie Farm to Fork e la Strategia Biodiversità, l’approvazione al Senato Italiano della legge sul biologico, l’aumento delle pratiche agricole rigenerative, agro-ecologiche e agricoltura in ambienti controllati. Tutte sottendono ad un comune bisogno di maggiore efficienza del settore agro alimentare.
In tutto ciò, anche il Future Food Institute supporta e promuove progetti in tale direzione con diverse iniziative:
- il progetto acqua nelle nostre mani,
- il progetto Nutrition Unpacked,
- il progetto Paideia for Biodiversity.
Con lo sviluppo dell’agricoltura 4.0, l’utilizzo di tecnologie per migliorare la resa e la sostenibilità delle produzioni agroalimentari e la trasformazione digitale l’intero settore sta cambiando. Come muterà nel prossimo futuro la filiera del food?
La filiera agro-alimentare del futuro dovrà essere capace di rigenerare integralmente i legami con gli individui, la comunità, il territorio, la cultura, capace di ristrutturare l’integrità originale del cibo. Dovrà essere una filiera non più e non solo iper-specializzata, verticalizzata e per pochi addetti ai lavori, ma inclusiva, equa e pienamente sostenibile, in ogni sua fase, dal campo alla tavola.
Sicuramente la tecnologia e l’innovazione rappresentano uno strumento cruciale nelle nostre mani: oggi possiamo avere grani rinforzati, possiamo intervenire sul DNA di ogni alimento per renderlo più resistente al cambiamento climatico. Possiamo creare carne in laboratorio, possiamo “stampare” ciò che mangiamo o crescere cibo senza suolo, minimizzare i consumi idrici ed energetici massimizzando la resa.
Allo stesso tempo la tecnologia può collegare zone urbane a quelle rurali, assicurare un maggiore controllo e tracciamento del cibo, scoraggiare gli sprechi, connettere maggiormente produttori ai consumatori, aumentare l’efficienza, favorire una maggiore consapevolezza diffusa.
Si tratta di forme di innovazione al servizio della sostenibilità che non dovranno però snaturare la tradizioni, l’identità locale e paesaggistica.
Povertà e fame zero, salute e benessere, lavoro dignitoso e crescita economica: nel quadro dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu la promozione di un’agricoltura che sia veramente sostenibile è centrale. Quali sono i passi avanti compiuti finora e quali le sfide della sostenibilità di domani?
Se tutto è in relazione con tutto il resto, al centro non ci può essere l’uomo, bensì le relazioni al di fuori di quelle umane, di modo da essere centrati con i bisogni del pianeta che, se soddisfatti, sapranno anche soddisfare le necessità degli uomini.
Nella tragedia, la pandemia ci ha profondamente aiutato a vedere le inefficienze e paradossi di un sistema, alimentare ma ancor prima di mentalità. Oggi paghiamo il prezzo, doloroso e globale, di modelli che si sono dimenticati di considerare la complessità ed interconnessione di tutto ciò che ci circonda. In tutto ciò il cibo rappresenta una delle principali manifestazioni e dimostrazioni di questa straordinaria complessità: noi saremo il cibo che mangeremo. Per questo partire dal cibo per costruire una società più giusta e sostenibile è l’unica strategia possibile.
Siamo la generazione che non può dire: “non lo sapevo” e dobbiamo scegliere come vogliamo essere ricordati, se come quelli che – noncuranti – hanno distrutto il pianeta e il genere umano oppure quelli che, un boccone alla volta, hanno cambiato le cose per salvarlo e salvarci.
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