- Nel 2021, secondo la FAO, circa 2,3 miliardi di persone in tutto il mondo si trovavano in una situazione di insicurezza alimentare moderata o grave.
- Per garantire a tutti l’accesso a un cibo sano, è indispensabile aumentare la sostenibilità della filiera agrifood, con particolare attenzione alla catena del freddo.
- È quanto emerge dalle ultime ricerche dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano.
L’insicurezza alimentare è una piaga che affligge un bacino molto più ampio di persone rispetto a quella che siamo soliti definire come “fame nel mondo”. Si traduce, infatti, nella difficoltà a procurarsi il cibo, riducendo la qualità e/o la quantità degli alimenti che si consumano. È di questo tema che si è discusso il 28 settembre al Politecnico di Milano, in occasione della presentazione dell’ultimo report dell’Osservatorio Food Sustainability. Lanciato nel 2017 dalla School of Management e ora giunto alla sua quinta edizione, l’Osservatorio vuole dare un contributo concreto alla trasformazione sostenibile del sistema agrifood attraverso attività di ricerca, sensibilizzazione e disseminazione, che mettono al centro il ruolo dell’innovazione.
Oltre due miliardi di persone sono in condizioni di insicurezza alimentare
In base al più recente rapporto Sofi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), nel 2021, circa 2,3 miliardi di persone (il 29,3 per cento) in tutto il mondo erano in una situazione di insicurezza alimentare moderata o grave: 350 milioni in più rispetto a prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. Quasi 924 milioni di individui (l’11,7 per cento della popolazione mondiale) hanno sofferto di insicurezza alimentare grave, con un aumento di 207 milioni in due anni. Il divario di genere è cresciuto ancora: la scarsità di risorse alimentari adeguate ha interessato il 31,9 per cento delle donne, contro il 27,6 per cento degli uomini.
“La situazione risulta particolarmente grave in Africa, in alcune zone dell’Asia e del Sudamerica, ma non è da sottovalutare neppure nel Nordamerica e in Europa”, ha puntualizzato Carlo Cafiero, statistico ed economista senior della FAO. In Italia, nel triennio 2019-’21, il 6,3 per cento della popolazione ha riscontrato problemi di accesso al cibo. “È un’altra espressione delle disuguaglianze sociali che insistono nel mondo. È per questo che il secondo Obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite non riguarda solo l’impatto ambientale, ma anche la sostenibilità sociale del sistema agroalimentare”. In particolare, l’obiettivo 2.1 è quello di eliminare la fame entro il 2030 e assicurare a tutti gli esseri umani, in particolare i poveri e le persone in situazioni vulnerabili, l’accesso a un’alimentazione sicura, nutriente e sufficiente per tutto l’anno.
È fondamentale ridurre gli sprechi e rendere la filiera più sostenibile
Il raggiungimento della sicurezza alimentare passa anche dalla riduzione dello spreco, un tema su cui riflettere in occasione della Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari del 29 settembre. Se, da un lato, la Fondazione Banco Alimentare lancia l’allarme – nel primo semestre del 2022 ha salvato dallo spreco 19.845 tonnellate di cibo, in calo rispetto allo stesso periodo del 2021 –, dall’altro, i ricercatori del Politecnico cercano di trasmettere un segnale di speranza. “L’innovazione è una leva per rispondere ai problemi di sviluppo sostenibile nel settore agroalimentare. Sono 7.337 le startup nate tra il 2017 e il 2021 che operano in questo settore: di queste, il 34 per cento, pari a 2.527 startup, è orientato alla sostenibilità”, ha spiegato Paola Garrone, professoressa di Business and Industrial Economics e responsabile scientifico dell’Osservatorio.
Le soluzioni sviluppate dalle #startup #agrifood mirano innanzitutto a ottimizzare l’utilizzo delle risorse (SDG 12 target 12.2, 30%); inoltre, promuovono la tutela degli ecosistemi terresti e d’acqua dolce (SDG 15 target 15.1, 21%) #OFS22 #Agenda2030 pic.twitter.com/oaWXYXCBpq
— Osservatori Digital (@Osserv_Digital) September 28, 2022
Anche gli attori del sistema alimentare urbano si stanno attivando. Le municipalità hanno creato delle reti cittadine e nuove strutture di governance volte a contrastare l’insicurezza alimentare e lo spreco di cibo. “Abbiamo preso in esame 39 iniziative a livello internazionale, di cui 29 in Italia. E abbiamo riscontrato quattro modelli ricorrenti di distribuzione del cibo a fini sociali: recupero delle eccedenze alimentari tramite donazione; spesa sospesa; trasformazione delle eccedenze in altro prodotto o in pasto cucinato; supermercato sociale”, ha chiarito Giulia Bartezzaghi, direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability.
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Come funzionano gli Hub di quartiere contro lo spreco alimentare a Milano
Un esempio arriva proprio dalla città di Milano ed è rappresentato dagli Hub di quartiere contro lo spreco alimentare, che mettono in pratica molteplici modelli. Sono degli spazi pubblici adibiti allo stoccaggio e alla distribuzione degli alimenti recuperati dalle Onlus del territorio. Il primo è stato inaugurato tra il 2018 e il 2019 nel Municipio 9. Il Politecnico ha poi costruito un modello logistico replicabile in altri quartieri della città, permettendo l’apertura di nuovi hub, gestiti dal Banco Alimentare della Lombardia. “L’obiettivo è arrivare ad averne almeno uno in ogni Municipio”, ha detto Elisa Porreca, dell’Ufficio Food Policy del Comune di Milano. Porreca ha ribadito come l’Expo del 2015 abbia rappresentato un punto di svolta per il capoluogo lombardo, da allora sempre più attento a garantire a tutti i suoi abitanti l’accesso al cibo sano.
Il Programma QuBì – la ricetta contro la povertà infantile – ha aderito al progetto, favorendo le connessioni con le reti del territorio che già sosteneva. Il modello degli Hub di quartiere consente di agire su tutte le tipologie di cibo raccolto: cibo fresco, cucinato e secco, frutta e verdura, pane. L’utilizzo di un furgoncino provvisto di cella frigorifera, fornito dall’operatore logistico Number1 Logistics Group, consente di recuperare su base giornaliera le eccedenze dai supermercati e di stoccarle negli hub per la ridistribuzione alle Onlus. A questo si aggiunge un altro veicolo adibito al recupero delle eccedenze dalle mense aziendali, distribuite direttamente alle realtà non profit.
Bisogna prestare attenzione anche alla catena del freddo
Particolare attenzione, se si vogliono ridurre gli sprechi, va posta sulla catena del freddo. Per questo, i ricercatori hanno indagato le possibili cause di “rottura” delle filiere a temperatura controllata e le misure attuabili per prevenire lo spreco di prodotti freschi. Le criticità su cui intervenire sono “le complessità nella gestione della filiera, specialmente se geograficamente estesa; il malfunzionamento delle attrezzature; le difficoltà organizzative; i fattori esogeni non controllabili dall’azienda o dalla filiera (per esempio l’incremento delle temperature per eventi climatici estremi o eventuali scioperi dei trasporti)”.
Lo ha spiegato Claudia Colicchia, professoressa di Logistics Management, che ha però delineato anche delle potenziali soluzioni: monitoraggio dei parametri critici; accorciamento della supply chain; estensione della shelf life; allineamento di domanda e offerta; vendita di prodotti a prezzi scontati su mercati secondari; upcycling (trasformazione del prodotto in un altro che abbia una più lunga vita residuale, recupero per consumo animale, impiego in ambito energetico).
Il 2030 è vicino, ma arrivare a garantire la sicurezza alimentare sul Pianeta è possibile, puntando sull’innovazione diffusa, sulle collaborazioni cross-settoriali e sulla condivisione di dati affidabili e precisi. Per riuscirci, serve che le politiche pubbliche creino l’infrastruttura necessaria.
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