La vera sfida posta dai cambiamenti climatici non sarà solo quella di raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 e al 2050, ma di declinare la competitività della filiera agroalimentare lungo le tre assi della sostenibilità: ambientale, economica e sociale.
In tal senso, centrale risulta la strategia comunitaria del Green deal, come evidenziato nel corso dell’evento “Verso Cop 26, il contributo della filiera agroalimentare agli obiettivi di neutralità climatica” promosso ieri 14 settembre da Nomisma con il patrocinio del ministero della Transizione ecologica.
Tra gli obiettivi del Green Deal, ha evidenziato in apertura Silvia Zucconi, responsabile market intelligence di Nomisma, “quello di proporre uno stile alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, elaborando una strategia ad hoc chiamata “From farm to fork”, che consente di declinare cosa la filiera alimentare debba realizzare per sostenere questi obiettivi”.
La strada verso la neutralità climatica è ancora lunga se si guarda allo stato attuale delle cose e agli obiettivi da raggiungere, ha ricordato la Zucconi riprendendo i dati dell’analisi sul tema promossa da Nomisma. La crescita di emissioni globali di CO2 è progressiva, ad oggi pari a 33 miliardi di tonnellate, è cresciuta del +50% rispetto al ’90. L’ambiente è stato irreversibilmente deteriorato, come dimostra anche l’Overshoot day. L’agricoltura pesa per il 12%.
Inoltre, diverse previsioni temono l’impossibilità di contenere al di sotto di 1,5° C l’aumento della temperatura globale, come previsto con l’Accordo di Parigi.
La strategia “From farm to fork”
La strategia “From farm to fork” lavora su quattro grandi direttrici: la riduzione degli sprechi alimentari, la produzione alimentare sostenibile, la distribuzione e il consumatore, centrale in quanto burattinaio delle scelte strategiche delle imprese.
I rifiuti da packaging
La produzione di rifiuti in generale cresce e le emissioni fanno altrettanto, con +10%. Se ci si concentra sui rifiuti da confezionamento, la media europea a 28 ci dice che sono 175 i kg pro-capite di rifiuti prodotti ogni anno derivanti da packaging, una quantità enorme. In Italia, si raggiungono 211 kg pro-capite, con un +27% dal 2009.
La quota di rifiuti da confezionamento avviati a riciclo è pari al 66%, poco sopra la media europea. Questa tipologia di scarti arriva per il 40% da carta e cartone, per il 20% da plastica e un ulteriore 20% da vetro.
Altro elemento di rischio nell’attuale transizione è quello delle materie prime. La domanda mondiale è infatti in fortissima crescita. Questo crea un sensibile incremento della quotazione internazionale delle materie prime. Aumento che potrebbe avere un forte impatto sul nostro Paese.
Focus su Italia e sostenibilità
Guardando all’Italia, le fonti rinnovabili hanno visto una crescita del 18% sul totale, anche se si è ridotta negli ultimi 4 anni. Meglio, tra gli altri, la Spagna.
La capacità di riciclo del Paese ammonta al 68%. Positivo anche il trend degli occupati nella produzione di beni e servizi sostenibili: l’Italia è terza dopo Germania e Francia. Altro elemento distintivo positivamente è la mobilità che si elettrifica sempre di più: la quota di auto elettriche e ibride è in crescita del 21%. Siamo prossimi alla Germania, capolista con il 25%.
Cosa sta facendo l’Italia in tema di sostenibilità?
L’Italia sta investendo molto sul fronte della sostenibilità, lo testimonia il Pnrr che ha destinato 69 miliardi al tema. Le imprese stanno investendo in prodotti e tecnologie green, consce del fatto che investire in sostenibilità significa essere più competitivi, con un fatturato medio superiore al 10% rispetto a chi non investe.
Focus sul consumatore italiano
Per quanto concerne l’attenzione degli italiani sull’aspetto ambientale: l’87% è convinto che la situazione del nostro pianeta sia grave. Il riscaldamento globale e climatico preoccupa il 64% degli italiani, 7 su 10 sono convinti di poter fare qualcosa per migliorare l’ambiente.
Emerge un paradosso: pur sapendo di dover agire nel concreto, il 54% degli italiani non è disposto a pagare nulla o quasi in più per un prodotto sostenibile. Il 46% è disposto a pagare solo il 2% in più e il 55% non è disponibile a pagare nulla o quasi di più per una confezione sostenibile.
La sostenibilità ambientale a tavola
Il 58% degli italiani afferma di fare scelte sostenibili quando acquista prodotti alimentari e bevande. Un prodotto si può definire sostenibile quando lo è la sua produzione (per il 33%), il suo packaging (per il 33%), la sua origine e filiera per il 21%. Solo il 9% dà importanza alla responsabilità etica e sociale.
Il carrello green, nel 2020, è arrivato a 10 miliardi di euro, con un balzo del +8% rispetto al 2019.
Strumenti per valutare la sostenibilità
La Zucconi ha poi illustrato quali sono gli strumenti che il consumatore può adottare per valutare la sostenibilità dei prodotti alimentari che acquista.
Il 50% dei consumatori vuole sapere in maniera semplice quali sono le caratteristiche del prodotto e del metodo di produzione. Il 35% vorrebbe sapere di più sul packaging. Uno su tre afferma di non avere informazioni sufficienti e il 58% vorrebbe avere più informazioni sulla sostenibilità dei prodotti. Ben l’82% degli italiani vorrebbe trovare informazioni sulla sostenibilità in etichetta e il 50% vorrebbe trovare informazioni sulla sostenibilità nel punto vendita.
I criteri sostenibili
Per sapere quali sono i criteri che orientano la scelta del prodotto da acquistare, la sostenibilità è diventata il 3° pilastro per l’acquisto del consumatore. Il punto vendita viene scelto per convenienza e comodità, ma anche sulla base del forte impegno dell’insegna. Una quota significativa di italiani dismette un brand se non c’è comunanza rispetto ai valori che esprime. Il 57% ha acquistato un prodotto di una marca diversa dal solito perché non aveva un pack sostenibile.
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