Albert Einstein diceva: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Oggi le api sono impazzite, vittime degli effetti del cambiamento climatico, come molti altri animali (si pensi all’immagine orso polare restio ad abbandonare la sua zattera di ghiaccio). Le diffuse gelate primaverili seguite dal caldo e dalla siccità, nonché dagli incendi che stanno devastando ettari di vegetazione, hanno provocato il dimezzamento della produzione del miele Made in Italy.
Sempre più miele importato da Ungheria e Cina
A lanciare l’allarme è la Coldiretti che parla di “uno dei risultati peggiori della storia dell’apicoltura moderna da almeno 35 anni”. Le campagne italiane sono la dimora di 1,2 milioni di alveari e ospitano 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionisti. Nei primi quattro mesi del 2017 l’importazione di miele ha raggiunto le 7.000 tonnellate (elaborazione Coldiretti su dati Istat) e, con il crollo dei raccolti nazionali, il trend è destinato a crescere: sui nostri scaffali 2 barattoli su 3 saranno stranieri e, per la maggior parte, proverranno da Ungheria e Cina, paese noto per la poca attenzione alla sicurezza alimentare e all’ammissione di coltivazioni OGM. Il fatturato stimato è di 150 milioni di euro, ma potrebbero raggiungere i 2 mld di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni. Potrebbe perchè ad essere minato è l’intero ciclo vitale delle api: non solo la produzione di miele, ma anche l’impollinazione delle piante.
Leggere con attenzione l’etichetta del miele
Il consiglio di Coldiretti è quello di leggere bene l’etichetta del vasetto acquistato: se il miele è interamente raccolto sul territorio nazionale le confezioni devono riportare la parola Italia. Quando proviene da più paesi comunitari deve esserci l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”, altrimenti “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
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