Tre amici seduti davanti a un calice di vino cominciano interrogarsi sul potenziale fotosensibile degli acini dell’uva e in neanche un anno brevettano un pannello fotovoltaico fatto con gli scarti delle mostature. Questo può accadere se i tre amici sono chimici, laureati alla Ca’ Foscari, di cui due lavorano lì e uno per Serena Wines 1881. E’ la storia di Stefano Meneghetti dell’azienda vitivinicola, Aldo Talon e la professoressa Elisa Moretti che Canale Energia ha raggiunto telefonicamente.
“Abbiamo cominciato a chiederci come migliorare dei processi di lavoro dell’azienda e quali fossero eventuali problemi. Da qui ha preso vita l’idea di riusare gli scarti che l’azienda deve smaltire in grande quantità”. Ma non solo la creatività del vino continua a manifestarsi: “le ricerche che stiamo sviluppando per la valorizzazione e il riutilizzo su potenziali applicazioni molto interessanti sono ancora in fase di studio”, non ci può dire troppo di più la professoressa perché alcune implementazioni della ricerca sono ancora da terminare di brevettare, ma qualche informazione in più l’abbiamo ottenuta.
Cellule fotovoltaiche da scarti alimentari, ecco come
La tecnologia si basa sulle celle di Graetezl, un brevetto già noto che realizza celle fotovoltaiche da colorante organico. “I coloranti vengono estratti dai vegetali come frutta e verdura, possibilmente rossi” spiega la prof. Moretti, “l’innovazione del nostro progetto è che partiamo da uno scarto che dovrebbe essere smaltito dall’azienda come rifiuto speciale, quindi un costo anche per l’ambiente, e lo reinseriamo nel sistema produttivo, facendo economia circolare. Questo ci permette di non impiegare una materia prima alimentare fatto che riteniamo eticamente non corretto”.
“I dati che abbiamo ottenuto in termine di potenza sia di potenza generata sia in simulazione solare in laboratorio e anche naturale, sono comparabili con i valori tipici della letteratura internazionale per questo tipo di cella”.
“La cella è costituita da serie di strati uno sopra l’altro con funzioni specifiche, ora dobbiamo riuscire a ottimizzare ognuno di questi singoli strati per ottenere la maggiore potenza di fotocorrente generata” continua la professoressa Elisa Moretti “Stiamo studiando quale sia la durata di produzione energetica di questi materiali. La fase due di questo progetto prevede la prototipazione in fase di laboratorio, uno sky lap di prototipo in vista di una possibile diffusione sul mercato, ottimizzare i parametri costi e performance. Da quando abbiamo iniziato, nell’arco di meno di un anno, siamo riusciti ad avere un risultato sorprendente, ma in linea generale i tempi della ricerca sono più lunghi”.
Prototipazione, l’accordo con l’azienda
Dalla collaborazione tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e Serena Wines 1881 si sta sviluppando un progetto di ricerca per i prossimi tre anni. Serena Wines 1881 ha ora acquisito la piena titolarità del brevetto e, grazie all’accordo di collaborazione sottoscritto, l’invenzione potrà passare alla fase di prototipazione ed eventuale produzione e diffusione sul mercato. L’attività di ricerca continua nei laboratori del Campus Scientifico di Ca’ Foscari, a Mestre, dotati di strumentazione scientifica all’avanguardia per la quale l’ateneo sta investendo 3 milioni di euro nel triennio 2018-2020. L’accordo è stato siglato la scorsa settimana alla presenza di Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, tra il Rettore Michele Bugliesi e il Presidente della azienda di Conegliano, Giorgio Serena.
Intanto, gli studenti del campus della Ca’ Foscari hanno modo di cimentarsi con lo studio dei nanomateriali, specializzazione della professoressa Moretti, e portare alla laurea una tesi applicata, costruendo un piccolo prototipo di cella, così da stabilire se la ricarica da loro progettata ha portato un miglioramento. “Uno degli strati della cella è costruito da un semi conduttore nanostrutturato, quindi nei miei laboratori stiamo cercando di mettere a punto il semiconduttore più adatto, modulando la morfologia fasi cristallini. Si tratta di biossido di titanio”.
Costi e smaltimento delle cellule
Ma come potranno essere usate e poi smaltite queste celle innovative e soprattutto quanto verranno a costare? “Le cellule si attivano anche con luce diffusa ed hanno un costo certamente inferiore del silicio, anche se non sappiamo ancora definire un costo finito. Questo fa si che possano essere utilizzate per esempio su superfici verticali, nei palazzi, e agilmente distribuite su superficie ampie. Inoltre sono attive anche nei giorni nuvolosi”.
Infine lo stesso scarto non deve essere usato immediatamente per mantenere le sue caratteristiche, basta conservarlo senza fargli subire trattamenti termici superiori alla temperatura ambientale.
Per lo smaltimento “stiamo valutando molti parametri, ad esempio la possibilità di riusare la stessa cella ripassando sopra il prodotto magari trattando termicamente, per ripartire con un nuovo strato attivo della cella”.
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