- Il report The Packing Order 2022, pubblicato da World Animal Protection in collaborazione con Animal Equality, rivela che la maggior parte dei marchi internazionali di fast-food non rispetta gli impegni presi in termini di benessere dei polli.
- La carne servita in questi ristoranti proviene soprattutto da animali che vivono in ambienti affollati e insalubri.
- In Italia, le aziende meno virtuose sono Burger King, McDonald’s e Starbucks.
“Cervello di gallina” è un’espressione che molti considerano un insulto, ma che si discosta molto dalla realtà. I galli e le galline, infatti, sono animali estremamente sensibili, affettuosi e intelligenti. Sanno contare, sono in grado di riconoscersi tra di loro e comunicano attraverso un vero e proprio linguaggio. Eppure, in molti casi non viene loro garantita la salvaguardia che ogni essere vivente meriterebbe. Ogni anno, “miliardi di polli subiscono inutili sofferenze da parte di aziende di fast-food che si rifiutano di prendere sul serio il loro benessere nella catena di approvvigionamento”, avverte l’organizzazione Animal Equality, che ha contribuito alla pubblicazione del report The Pecking Order 2022 di World Animal Protection.
Lo studio, pubblicato annualmente a partire dal 2019, monitora i progressi delle catene di fast-food nell’ambito della tutela dei polli utilizzati per i loro prodotti. Le aziende ricevono una valutazione sulla base di due pilastri fondamentali: l’adesione ai principi dello European Chicken Commitment e il reale rispetto degli stessi.
In Italia le aziende che fanno peggio sono Burger King, McDonald’s e Starbucks
Quest’anno, l’89 per cento delle aziende ha ottenuto un punteggio di livello sei, cioè molto basso. La maggior parte della carne servita in questi ristoranti proviene da polli che vivono in ambienti affollati e insalubri e che non sempre sono in salute. Domino’s Australia, Subway Canada, Starbucks USA e Subway USA hanno ottenuto i punteggi più alti a livello globale. In Italia le catene che fanno peggio sono Burger King, McDonald’s e Starbucks.
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“I grandi marchi hanno il potere di ridurre le sofferenze di miliardi di polli e, dopo quattro anni di valutazioni, è scioccante che continuino a ignorare i pareri scientifici e l’opinione dei consumatori su questo tema”, ha dichiarato Alice Trombetta, direttrice esecutiva di Animal Equality Italia. L’organizzazione ribadisce che le aziende sono tenute a utilizzare razze a lento accrescimento, assicurarsi che i polli abbiano lo spazio necessario per esprimere appieno i propri comportamenti naturali negli allevamenti e che siano macellati con metodi adeguati.
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