Impronta di carbonio e industria alimentare, l’efficienza si fa mangiando

BarattoloL’impronta di carbonio è una delle misure tipiche dell’industria contemporanea occidentale. Un elemento con cui ci dobbiamo confrontare alla luce delle sfide poste dagli obiettivi europei e mondiali di abbattimento della CO2.

E’ forse anche una delle sfide più democratiche, perché riguarda davvero tutti i processi produttivi da quelli considerati naturalmente più energivori, come le acciaierie o le cartarie, all’industria naturalmente più a contatto con l’ambiente, come la filiera agricola. Ne sa qualcosa la vitivinicola che, su iniziativa del Ministero dell’Ambiente ha iniziato a seguire un processo di valutazione dell’impatto della propria produzione. Ma non solo, il tema ha anche un riscontro di marketing notevole.

Per questo su Canale Energia stiamo seguendo la filiera alimentare e la sua commistione sempre più frequente con la valutazione dell’impatto sull’ambiente con la rubrica volutamente ribattezzata “carbon fooDprint”. Su questo numero del mensile apriamo con una testimonianza dell’iniziativa del Ministero dell’Ambiente e con una breve introduzione alle modalità di misura dell’impronta di carbonio, rispettivamente con il coordinatore Pieter Ravaglia dell’Unità assistenza tecnica Sogesid S.p.A. presso il Ministero dell’Ambiente e Piergiorgio Moretti, Carbon Footprint e LCA Responsible DNV Business Assurance Italia/Business.

 

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.