Se non si interviene con misure drastiche per ridurre l’impatto ambientale della nostra filiera alimentare, i danni potrebbero aumentare di una percentuale compresa tra il 50 e il 90% entro il 2050. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature che ha come autore principale Marco Springmann, ricercatore dell’Università di Oxford, nel Regno Unito.
Dalla produzione alimentare il 25% delle emissioni di gas serra
“La produzione alimentare è responsabile di circa un quarto di tutte le emissioni di gas serra ed è quindi uno dei principali motori del cambiamento climatico” – spiega Springmann sul sito sciencepost.fr che a sua volta cita Newsweek – l’agricoltura occupa oltre un terzo della superficie terrestre e ha comportato una riduzione della copertura forestale e una perdita di biodiversità. L’agricoltura utilizza anche più dei due terzi di tutte le risorse di acqua dolce e l’eccessiva applicazione di fertilizzanti in alcune zone ha portato alla creazione di zone morte negli oceani”.
La proposta dei ricercatori
Secondo i ricercatori per far fronte a una situazione di questo tipo è opportuno mettere in atto una serie di misure mirate. La prima consiste nella scelta di diete vegane che richiedono l’impiego di molta meno acqua rispetto alla gestione degli allevamenti. Solo con questa misura si dimezzerebbero le emissioni di gas serra dell’intera industria alimentare. La seconda invece è la promozione di tecniche agricole che arricchiscano i terreni e allo stesso tempo limitino l’estrazione di acqua e l’uso di fertilizzanti. La terza è la sensibilizzazione sul tema degli sprechi alimentari su scala globale. La quarta è infine la messa in atto di strategie educative e di marketing volte e promuovere questo tipo di alimentazione e di pratica agricola.
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