Gli attuali sistemi alimentari sono poco sostenibili. Si stima che abbiano costi sanitari pari a undicimila miliardi di dollari l’anno, dovuti a patologie come il diabete, l’ipertensione, l’obesità (che riguarda 770 milioni di persone) o la malnutrizione (che ne affligge 735 milioni). I costi ambientali ammontano invece a tremila miliardi di dollari l’anno: il nostro modo di produrre il cibo è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra – e lo sarà pure nel 2050, senza un’inversione di rotta – e della perdita di oltre sei milioni di ettari di foreste ogni anno.
Le previsioni al 2050
Una simile quantità di emissioni contribuirà senza dubbio all’aumento delle temperature medie globali che, sulla base delle politiche attuali, potrebbe raggiungere i 2,7 gradi Celsius entro la fine del secolo (rispetto ai livelli preindustriali). L’insicurezza alimentare riguarderà ancora 640 milioni di persone, fra cui 121 milioni di bambini, specialmente in India, nel Sudest asiatico e nell’Africa sub-sahariana. Diete ricche di sale, zuccheri, grassi e cibi ultraprocessati porterà il numero di pazienti affetti da obesità a crescere del 70 per cento, fino a raggiungere 1,5 miliardi (pari al 15 per cento della popolazione).
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Il Global Policy Report a cura della Food System Economics Commission
Sono le cifre a cui sono giunti i ricercatori della Food System Economics Commission (FSEC), fondata da Gunhild Stordalen (EAT), Jeremy Oppenheim (Food and Land Use Coalition, FOLU) e Johan Rockström (Potsdam Institute for Climate Impact Research, PIK). Il loro Global Policy Report, di recente pubblicazione, è il primo studio a offrire una panoramica così esaustiva dei benefici che deriverebbero dalla transizione a sistemi alimentari più sostenibili. A previsioni tanto funeste si contrappongono, infatti, percorsi decisamente più luminosi.
The most ambitious study of food system economics ever produced.
💳 The current costs
💰 The potential benefits
🎯 The policy solutions we need
Read the report 👇https://t.co/qGmA64PixG#FixFoodEconomics@EATforum @PIK_Climate @FOLUCoalition pic.twitter.com/72KnN8v7Gg— The Food System Economics Commission (@FSECommission) January 29, 2024
La trasformazione dei sistemi alimentari
Una profonda trasformazione dei sistemi alimentari (Food System Transformation, FST) porterebbe a benefici economici del valore di 5-10mila miliardi di dollari annui. Con una minore insicurezza alimentare, afferma il rapporto, la denutrizione potrebbe essere sradicata entro il 2050, con 174 milioni di morti premature in meno e 400 milioni di lavoratori agricoli in grado di guadagnare un reddito sufficiente. La trasformazione proposta aiuterebbe, insieme alla transizione energetica, a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali e a ridurre la perdita di biodiversità, assicurando la tutela di 1,4 miliardi di ettari di terreni.
Le strategie da attuare
Quali sono, però, i passi da compiere per garantire il raggiungimento di tutti questi obiettivi? Lo studio propone lo spostamento dei sussidi e degli incentivi fiscali dalle monocolture – che fanno affidamento su fertilizzanti, pesticidi e deforestazione – ai piccoli proprietari terrieri che potrebbero trasformare le loro aziende agricole in serbatoi di carbonio, grazie ai corridoi ecologici per la fauna selvatica e gli insetti impollinatori. Accanto alla diffusione di tecnologie utili a migliorare l’efficienza e ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi, sarà fondamentale modificare le nostre abitudini alimentari.
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Il rapporto si concentra soprattutto sulla necessità di ridurre il consumo di bevande zuccherate e cibi ultraprocessati per aumentare quello di alimenti prodotti su scala locale, rispettando i principi dell’economia circolare, ma evidenzia anche come “l’aumento globale del consumo di carne” risulti “incompatibile” sia con gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi sul clima sia con quelli previsti dalla Convenzione di Kunming-Montréal sulla biodiversità.
I costi da sostenere
“Il futuro dell’umanità è nelle mani del sistema alimentare”, ha dichiarato Johan Rockström, dell’Istituto di Potsdam, al quotidiano britannico Guardian. “Questa analisi fornisce una prima stima delle opportunità economiche derivanti, a livello regionale e globale, dalla trasformazione dei sistemi alimentari. Sebbene non sia facile, una simile trasformazione è accessibile su scala internazionale, mentre l’accumulo di costi futuri legati all’inazione rappresenta un rischio economico considerevole”, ha aggiunto il professor Steven Lord, dell’Università di Oxford.
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I costi previsti per la “Food System Transformation” ammontano infatti allo 0,2 – 0,4 per cento del PIL globale all’anno. La vera sfida da superare sarà il fatto che parte di questi costi si tradurrà in un aumento dei prezzi dei beni alimentari. Una situazione che dovrà essere gestita con destrezza politica e sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione, secondo Rockström.
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