Apporre una guida alimentare sugli imballaggi offre una bussola al consumatore per orientarsi tra etichette ingannevoli, immagini accattivanti che inducono a sovrastimare le porzioni da assumere e notizie sull’obesità. Ed è la risposta alla maggiore attenzione dei consumatori all’apporto calorico di ciò che acquistano, anche alla luce di una crescente frequenza di disturbi legati alla cattiva alimentazione.
Tra obblighi normativi e sperimentazione delle aziende
Come sottolinea l’Asia Pulp & Paper Group, il settore degli imballaggi avrà un peso sempre maggiore a livello globale: la stima dell’esperto in ricerche di mercato Smithers Pira, commissionata dal gruppo, parla di 40 mld di dollari di fatturato nel mondo per il solo comparto ristorazione e 2.040 mld di confezioni entro la fine del 2017.
Se da un lato ci sono norme che impongono trasparenza e chiarezza verso il consumatore – ad esempio, quella entrata in vigore in UE sulle nuove regole obbligatorie per l’etichettatura del cibo pre-confezionato – dall’altro le imprese fanno innovazione precorrendo i tempi. E diventano ambasciatori verso altri brand, ad esempio, adottando ingredienti considerati meno dannosi per la salute o vendendo confezioni in grado di resistere alle alte temperature senza il rischio di reazioni chimiche dannose.
L’attenzione alla fidelizzazione e all’abbattimento dei costi
Occorre, però, valicare due ostacoli per garantire il successo del binomio packing-attenzione alla salute e alimentazione: da un lato, il prezzo è un fattore critico per il branding dei prodotti alimentari e si potrebbe mantenere le dimensioni del packaging inserendo consigli alimentari e suggerimenti per rassicurare i consumatori. Dall’altro, per non perdere i clienti più affezionati ma attirare una nuova fetta di mercato, le aziende potrebbero ampliare la propria offerta con prodotti considerati più sani.
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