Economia circolare e distillerie, un binomio vincente che ogni anno consente la lavorazione di tonnellate di materie prime agricole, come cereali, frutta, vino e vinacce, trasformati in numerosi altri prodotti. Basti pensare che solo le cantine vinicole conferiscono alle distillerie un milione di tonnellate di sottoprodotti.
Distillerie, industria sana e sostenibile
Il settore punta molto sulla sostenibilità promuovendo la scelta di materie prime agricole, la valorizzazione dei residui, le produzioni diversificate, l’energia elettrica da fonti rinnovabili, il biogas, il bioetanolo e il biometano. “E’ questo il concetto di economia circolare – ha spiegato in una nota Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – che si cala perfettamente nello scenario produttivo delle nostre imprese virtuose”.
“Si tratta in realtà di un settore complesso – ha sottolineato Emaldi – che genera un’economia ecologicamente e socialmente sostenibile: tutto ciò che entra in distilleria viene trasformato in molti prodotti di uso quotidiano”.
Se analizziamo nello specifico i numeri legati all’ambito energia emerge come – attraverso la combustione e la digestione dei residui della distillazione – le distillerie arrivino a produrre quasi 300.000 Mwh all’anno di energia elettrica
Bioetanolo e acido tartarico
Tra le novità del comparto troviamo il bioetanolo, biocarburante avanzato di origine vegetale, la cui matrice sono sottoprodotti e colture agricole dedicate, quindi non utilizzabili in alimentazione, umana o animale. “Proprio perché riteniamo che questo biocarburante possa aprire grandi possibilità al settore – ha spiegato il presidente Emaldi – abbiamo creato una nuova sezione di AssoDistil dedicata al bioetanolo”. Secondo dati di AssoDistil la capacità produttiva delle aziende italiane per il bioetanolo è pari a 215mila tonnellate l’anno.
Per quanto riguarda invece l’acido tartarico, come si legge nella nota di Assodistil, l’associazione sottolinea come quello naturale “Made in Italy” si trovi a contrastare l’invasione del concorrente prodotto in Cina, derivato dal benzene o dal butano. “Occorre modificare la normativa a livello UE – ha messo in guardia Antonio Emaldi – differenziando la denominazione del nostro additivo. L’export di acido tartarico sintetico cinese ha raggiunto un volume pari all’intera produzione europea di quello naturale”.
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