Con il progetto Advagromed, gli insetti entrano nella dieta delle galline

L’Università di Torino sfrutterà gli scarti agricoli per allevare insetti con cui alimentare le galline, oltre che produrre fertilizzante naturale.

  • Advagromed è un progetto dell’Università di Torino, dell’ISPA e di un gruppo di istituti esteri che intende promuovere la circolarità in ambito agricolo.
  • L’obiettivo è introdurre larve di insetti nella dieta animale.
Advagromed
Il processo di economia circolare alla base di Advagromed © UniTo

La cosiddetta “rivoluzione verde”, ovvero il passaggio all’agricoltura intensiva dopo la Seconda guerra mondiale, non ha saputo sradicare il problema della fame nel mondo. Al contrario, ha contribuito all’inquinamento del suolo e dell’atmosfera, provocando danni per la salute dell’uomo e del Pianeta. È quanto sostiene la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Per questo, è necessario passare all’agroecologia, un metodo basato sull’eliminazione progressiva dei fertilizzanti sintetici, sulla riduzione degli sprechi, sulla ridistribuzione di praterie naturali e sulla tutela della biodiversità.

È proprio in questa direzione che si muove il progetto Advagromed, condotto dall’Università di Torino e dall’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (ISPA-CNR) in collaborazione con enti di altri cinque stati. L’obiettivo dei ricercatori è impiegare gli scarti agricoli come substrato di allevamento per due specie di insetti, la mosca soldato (Hermetia illucens) e la camola della farina (Tenebrio molitor). Le larve, ricche di nutrienti, rappresentano un ottimo ingrediente per i mangimi e verranno introdotte nelle diete di specifiche razze avicole.

Le specie coinvolte nel piano triennale di Advagromed

“Abbiamo scelto due delle specie che hanno le maggiori possibilità di entrare realmente a far parte della dieta animale. Anche la mosca domestica poteva essere idonea, ma abbiamo deciso di indirizzarci verso la mosca soldato e la camola della farina che avevamo già studiato”, spiega la professoressa Laura Gasco, docente di Zoocolture presso il dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’UniTo.

Tutte le specie avicole selezionate sono autoctone dei territori dove si svolgeranno le ricerche. “A Torino lavoreremo con la bianca e la bionda, mentre in Spagna lavoreranno con la pita pinta; in entrambi i casi per la produzione di uova. In Marocco lavoreranno con la beldi e in Grecia con una razza locale di tacchini”, prosegue Gasco. Infine, il substrato digerito dalle larve, ricco di azoto, fosforo e potassio, verrà utilizzato come fertilizzante naturale, permettendo così di ridurre l’utilizzo di concimi chimici.

Advagromed
Il Centro AgroZootecnico Tetto Frati di Carmagnola © UniTo

Agroecologia e green jobs

“Ci poniamo in un contesto di agroecologia. L’obiettivo è cercare di diminuire il più possibile gli input esterni, a partire dall’importazione di materie prime (come la soia) che hanno elevati costi ambientali ed economici che pesano sui piccoli agricoltori. Noi andiamo a produrre delle materie prime localmente, cioè le larve di insetto che sono ricche di grassi, proteine, vitamine, minerali. Questo consente ai piccoli agricoltori di avviare una modesta produzione di larve andando a recuperare gli scarti organici delle colture. La filiera è molto corta e senza sprechi”, aggiunge la professoressa Gasco.

Il progetto, finanziato dal programma Prima del Ministero dell’Università e della Ricerca, ha una durata triennale, dal settembre 2022 al settembre 2025. Da un lato, contribuirà a creare nuovi posti di lavoro in ambito ambientale, i cosiddetti green jobs. Dall’altro, permetterà di aumentare la resilienza dei sistemi agricoli di fronte ai cambiamenti climatici. “Prima di tutto, le specie autoctone sono solitamente più resistenti ai mutamenti ambientali rispetto agli ibridi commerciali che vengono impiegati negli allevamenti intensivi. Anche le colture sono locali e non andiamo a introdurre insetti alloctoni. Sono animali che si nutrono di scarti, che comportano basse emissioni di gas serra, ridotti consumi di acqua e suolo”, conclude l’esperta.

Gli insetti nella dieta degli esseri umani

Nel 2021 la Commissione europea ha approvato il consumo alimentare umano delle camole della farina, le stesse che verranno allevate al Centro AgroZootecnico Tetto Frati di Carmagnola (Torino). Secondo Laura Gasco, l’introduzione diretta degli insetti nella dieta umana avrebbe diversi vantaggi, essendo fonte di nutrienti di elevato valore. Consentirebbe di produrre proteine nobili, ricche di aminoacidi essenziali, andando a recuperare scarti che non vengono meglio valorizzati. L’inclusione di farine e derivati degli insetti all’interno di prodotti lavorati, come cracker e biscotti, ne può facilitare il consumo.

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Dato che, secondo la Fao, il fabbisogno nutrizionale stimato è in crescita del 70 per cento al 2050, l’ascesa sul mercato di alimenti proteici a basso impatto ambientale dev’essere accolta con entusiasmo. Non dimentichiamoci poi che rinunciare alla carne, o quantomeno ridurne il consumo prediligendo proteine vegetali, è una delle scelte più importanti che possiamo compiere per alleggerire la nostra impronta sull’ambiente.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.