Gli sprechi alimentari causano fino al 10% delle emissioni di gas a effetto serra. Consumando risorse preziose come acqua e suolo, concorrono alla crisi climatica. Ridurli quindi significa agire contro tutto questo. La cosa positiva è che almeno in parte è qualcosa che si può fare a cominciare dalle abitudini di tutti noi. Iniziando a guardare in modo diverso nel nostro frigorifero. D’altronde per chi non fosse interessato a grandi obiettivi ricordiamo che sprecare cibo significa anche nell’immediato uno spreco di denaro proprio.
Non è un caso che lo spreco alimentare, di cui oggi 29 settembre ricorre la giornata dedicata, rientra tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile della Agenda 2030 dell’Onu. Più precisamente il 12: “garantire modelli di consumo e di produzione sostenibili“.
Guardare al frigorifero con più consapevolezza
Ecco alcuni suggerimenti per evitare gli sprechi alimentari:
- fare una spesa basata sulle reali esigenze di consumo;
- controllare sempre le date di scadenza e di conseguenza utilizzare gli alimenti prima di doverli buttare;
- controllare la temperatura del frigorifero così da non mandare a male nulla;
- avere in primo piano i prodotti prossimi alla scadenza;
- riutilizzare quel che avanza dai pasti, magari componendo ricette nuove;
- non servire porzioni eccessive, il cui scarto durante i pasti andrebbe poi sprecato;
- conservare il cibo in modo corretto magari anche congelando o usando macchine per il sottovuoto.
Il perché della doppia etichettatura UE
Per contenere questo problema l’Unione Europea sta provando ad agire su diversi fronti. Guardando quindi a diffondere una migliore cultura del consumare bene, ma anche con strumenti come l’etichettatura con doppia scadenza.
Questa funzione permette di evidenziare al consumatore la data di scadenza commerciale che specifica “fino a quando il cibo può essere venduto” differenziandola dalla data di “scadenza per il consumo“. Cioè specificando fino a quando può essere consumato un prodotto perché ancora commestibile.
Un’indagine di Altroconsumo in Italia difatti ha messo in evidenza come ad oggi solo il 37% dei consumatori e delle consumatrici conosce davvero la differenza tra le due diciture ‘da consumare entro…’ come indicatore di sicurezza (la scadenza, ndr), e ‘da consumarsi preferibilmente entro…’.
Un errore per cui si buttano circa 9 milioni di tonnellate di alimenti ancora commestibili all’anno. Si tratta di circa il 10% di tutto lo spreco alimentare generato dai Paesi dell’UE.
In quest’ottica non mancano anche le iniziative come programmi di ridistribuzione degli alimenti non consumati ai cittadini meno abbienti. Un esempio è il Banco alimentare. Questa iniziativa ha permesso di recuperare in Italia nel 2022 più di 110.000 tonnellate di cibo, aiutando oltre 1.750.000 persone.
Gli sprechi alimentare nella filiera agroalimentare
Secondo un report della Fondazione Barilla gli sprechi alimentari nella filiera di produzione agroalimentare vanno attenzionati. Difatti, si legge nel report, ci sono due tipologie di sprechi che differiscono tra Paesi sviluppati e non.
In parte sono dovuti alla assenza di tecnologie nei Paesi in via di sviluppo. Accade che i campi vengano abbandonati perché non ha piovuto e non si hanno le tecnologie per irrigare. Oppure si hanno problemi di conservazione dei cibi. Pertanto, parte del raccolto viene sprecato lungo la filiera di distribuzione.
E in parte la causa è di determinate regole economiche che, semplificando il concetto: fanno sia “più conveniente” avere meno prodotto. Oppure si evita di raccogliere e dedicare alla filiera animale quei cibi che non rispondono ai canoni estetici della grande distribuzione (questo, ovviamente, accade di più nei Paesi industrializzati).
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