Gli effetti deleteri del cambiamento climatico hanno un impatto negativo anche sulla produzione di vino. Se i prodotti made in Italy hanno registrato negli ultimi 30 anni un aumento del tasso alcolico pari a un grado ora a subire un cambiamento è addirittura la vendemmia che, a causa dell’aumento delle temperature, vedrà un anticipo anche di un mese rispetto alla tradizionale scadenza di settembre. E’ quanto sottolinea un’analisi della Coldiretti in relazione alle previsioni di Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, sul rischio desertificazione della Penisola con la Pianura Padana.
Rare le uve raccolte entro l’11 novembre
“Oggi viene smentito quindi – sottolinea la Coldiretti in una nota – il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina” e perde valore anche l’antico adagio “a San Martino ogni mosto diventa vino” poiché sono diventate estremamente rare le uve non ancora raccolte entro l’11 novembre”.
“Ad esempio nell’ultima vendemmia – spiega l’associazione – l’inizio della raccolta delle uve destinate al prestigioso spumante metodo classico Franciacorta è partita addirittura il 4 agosto scorso a Coccaglio in provincia di Brescia mentre le uve più tardive come l’Aglianico e il Nebbiolo sono state raccolte entro ottobre, in netto anticipo rispetto agli anni ’80 quando per le stesse varietà si arrivava anche a fine novembre.”
Uve più precoci, meno acide e più dolci
“Di fatto il vigneto Italia produce adesso uve più precoci, meno acide e più dolci rispetto al passato, con il caldo che ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite anche a quasi 1.200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop”, conclude l’associazione.
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