Carbon foot print, l’impronta innovativa del vino

Shutterstock 321415136Sempre di più si parla di sostenibilità nell’alimentare. Che questo sia frutto dell’effetto EXPO2015 o dell’impatto economico e sull’ambiente, la strada verso la sostenibilità dell’intera filiera di produzione vede crescere i consensi.

Ma come si calcola il carboon foot print del cibo? E soprattutto c’è un sistema scientifico condiviso per farlo? Ne parliamo con Ing. Michele Milan Dipartimento Ambiente ed eco sostenibilità di Ecamricert srl, laboratorio di analisi e prove che opera nel settore dei servizi per l’industria e per gli Enti pubblici che in occasione della seconda edizione de “I Migliori Vini Italiani – Milano”, ha assegnato il premio per la sostenibilità e l’innovazione ad una azienda vinicola “La Contessa” di Capriano del Colle.

Come funziona lo studio del carboon foot print del vino?

Nel caso specifico viene realizzata la mappatura dei processi che costituiscono la filiera che porta al prodotto: i confini dell’analisi considerano le operazioni eseguite per la produzione del grappolo d’uva e la gestione del semilavorato nella cantina. La metodologia seguita deve essere dinamica per adattarsi alle esigenze del cliente e agli obiettivi dell’azienda. In entrambi i casi il lavoro viene eseguito in conformità a standard tecnici che garantiscono riproducibilità e confronto dei dati ottenuti a livello internazionale (es. PAS 2050, ISO/TS 14067).

Da queste analisi si può poi definire un “modus operandi” per le aziende vinicole con cui standardizzare l’analisi dell’impatto del vino?

In termini di procedimento da seguire il riferimento alle norme internazionali consente di standardizzare il procedimento. Dal punto di vista del risultato ottenuto bisogna distinguere tra la capacità di monitorare la filiera e il valore numerico di carbon foot print che si ottiene. In particolare l’errore può consistere nel basare l’interpretazione dei risultati esclusivamente sul risultato numerico tralasciando l’importanza del monitoraggio e del controllo di tale valore: va infatti specificato come a priori non si possa definire se un prodotto ha un impatto maggiore sull’acqua o su un’altra matrice ambientale fintanto che non è stato definito il sistema con cui eseguire il monitoraggio. La standardizzazione consente di tracciare l’affidabilità del dato integrandolo all’interno di un sistema progettuale che comprenda prove di verifica. Ad esempio una nostra peculiarità come struttura di laboratorio, è realizzare una banca dati analitica con cui stabilire anche uno storico dei dati e valutare quindi l’impatto dei processi sul miglioramento del prodotto e sul suo margine di innovazione.

Quindi il suo consiglio per verificare la propria impronta ecologica?

Il mio consiglio è misurare il proprio impatto ambientale, monitorando con dei parametri obiettivi e confrontabili lo stato completo dei processi dell’azienda. L’attenzione verso l’ambiente prevede un approccio che guarda ad un controllo funzionale all’innovazione.

Mi può descrivere del prodotto vinicolo che avete valutato, secondo quale caratteristica ne avete decretato la sostenibilità?

L’approccio seguito consiste in una verifica sulla capacità di caratterizzare la qualità del prodotto attraverso aspetti di sostenibilità che integrino l’ambito analitico, economico e ambientale che contraddistinguono le fasi di produzione. 

Altra cosa, in questo prodotto avete valutato anche la filiera di distribuzione?

Come premesso nei punti precedenti, i confini sono funzionali all’obiettivo primario. Nel caso specifico la scelta aziendale si è focalizzata su uno studio di filiera allo scopo di evidenziarne gli aspetti virtuosi e pianificare un piano migliorativo dove necessario: in tale ottica si è inserito anche lo studio della filiera distribuitiva. 


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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.