Il 2022 per il settore alimentare e, in particolare degli allevamenti e delle carni suine, sarà un anno a dir poco difficoltoso, sia a causa della guerra in Ucraina che della peste suina africana che ha colpito anche il nostro Paese. Ma, a parte questi aspetti contingenti, qual è lo stato di salute del settore delle carni e dei salumi, comparto strategico da otto miliardi di euro, che si trova a dover rispondere alla sfida nel lungo periodo della sostenibilità.
Il tema è stato approfondito durante la Conferenza stampa tenutasi oggi 22 giugno a Roma, presso la Casina Valadier di Villa Borghese e in modalità online, da Assica – Associazione industriali delle carni e dei salumi, che ha preceduto l’Assemblea annuale dell’Associazione.
Positivi export, ricavi e consumi, ma i costi sono lievitati
Il presidente di Assica Ruggero Lenti ha illustrato i dati del 2021, complessivamente molto positivi per quanto riguarda l’export, i ricavi e i consumi, mentre è stato molto negativo per quanto riguarda i costi.
Il comparto vale otto miliardi circa, nel 2021 è cresciuto del 7% a volume e del 6% a valore. L’export è cresciuto addirittura del 15%, raggiungendo la cifra record di 1 miliardo e 800mila euro di esportazioni per il comparto.
“I salumi, dichiara Lenti, hanno dimostrato di resistere alla pandemia e la ripresa dell’Horeca (Hotellerie-restaurant-café) ha fatto sì che i consumi crescessero e quindi sul verso dei ricavi il quadro è positivo. Dal punto di vista invece dei costi, abbiamo assistito ad un aumento di quelli relativi a tutti i fattori produttivi, prima di tutto l’energia e tutti i materiali di confezionamento, mancavano infatti plastica e cartone, poi nello stesso periodo c’è stato un incremento dei cereali e dei costi dei mangimi e quindi della carne. Questo già prima della guerra e ovviamente, dopo quest’ultima la situazione è peggiorata”.
Nel secondo semestre del 2021, Assica ha incontrato moltissime difficoltà nell’adeguare le proprie quotazioni, soprattutto a causa della resistenza della Grande distribuzione.
“La nostra richiesta per risollevare il settore, conclude Lenti, dopo essere riusciti in parte ad adeguare le nostre quotazioni, è dunque che il Mipaaf (Ministero delle politiche agricole) istituisca un tavolo di filiera che vada dagli allevatori fino alla Grande distribuzione. Noi facciamo parte di una filiera che deve parlarsi affinché il prodotto abbia una qualità elevata e a prezzi accessibili a tutti, per questo tutti gli attori devono sacrificarsi un pò, ma sacrificarsi tutti”.
Il virus della peste suina africana
Per l’export, il 2021 è stato un anno positivo, ma ora il problema della peste suina africana si palesa all’orizzonte.
Davide Calderone, direttore di Assica, ha spiegato che la peste suina africana è una malattia esclusivamente veterinaria, che si trasmette solo da animale ad animale ed è un virus conosciuto da anni che non ha implicazioni per l’uomo.
“Ma certamente, rimane un virus letale per la zootecnia, a causa del quale si prevede l’abbattimento degli animali. Il virus, difficile da eradicare perché ha una grande resistenza ambientale, non deve ovviamente entrare nella catena alimentare. Nell’ultimo caso, è partita dai cinghiali ed ha colpito solo i suini selvatici”.
“Questo virus, continua Calderone, ha creato seri problemi a livello di commercio internazionale, perché i nostri partner commerciali chiedono all’Italia di essere un Paese indenne, in caso contrario ci chiudono i mercati da un giorno all’altro, come hanno fatto Giappone, Cina, Taiwan e Messico; un danno da 20 milioni di euro al mese di mancate esportazioni. Nei primi tre mesi del 2022, in Cina abbiamo perso otto milioni di euro, dato oggettivo misurato sul dato attuale”.
Pertanto, Calderone sulle strategie messe o da mettere sul campo conclude: “Oggettivamente, è un’emergenza perché ci sono tre zone di focolaio, anche se circoscritte nel nostro Paese, ma se dovesse espandersi sarebbe un grosso problema, non solo per l’esportazione, ma anche per la produzione vera e propria. È necessario anche un contenimento della popolazione dei selvatici, che sono pericolosi per l’agricoltura e le persone. Questo virus è particolare poiché provoca una risposta immunitaria molto bassa, ecco perché tutti i vaccini sono falliti, quindi finanziare la ricerca è molto importante”.
La difficile via verso la sostenibilità della filiera
Monica Malavasi, direttore dell’Istituto valorizzazione salumi italiani ha illustrato il lavoro svolto da Assica insieme a Nativa, società che aiuta le aziende a compiere un percorso di evoluzione in merito al proprio modello di business e profilo di sostenibilità. Il lavoro dopo tre anni è stato pubblicato, proprio nell’intento di aiutare le imprese ad essere sempre più sostenibili e mostrare le loro best practices già in uso o da implementare.
“Vogliamo aiutare le aziende a prendere consapevolezza del fatto che a volte basta poco per essere sostenibili e quindi è una sorta di manuale per le aziende che raccoglie le best practices da adottare. Inoltre, vogliamo mostrare che il nostro settore si sta muovendo per essere sempre più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche economico e sociale. Dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, le aziende si sono concentrate su cinque, con l’aiuto di Nativa, rispettivamente sul numero sette, otto, nove, dodici e tredici, ovvero: energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso, industria e innovazione, modelli di consumo e produzione responsabili e le azioni per il clima”.
Assica e Nativa hanno individuato le buone pratiche in ogni area, come ad esempio, nella riutilizzazione degli scarti di lavorazione per creare energia, quale il biogas; oppure alcune aziende utilizzano contratti di energia pulita, oppure ancora nella supply chain vengono monitorate le emissioni dei fornitori.
Un aspetto molto importante è quello della formazione in seguito al fatto che le aziende si devono strutturare per attuare un nuovo modello di impresa.
“Noi siamo molto legati ai territori, afferma Malavasi, sono aziende che traggono origine dal territorio e sono spesso familiari, quindi la sostenibilità sociale è un altro aspetto fondamentale per le nostre aziende. Inoltre, ci confrontiamo con tutta la filiera perché è un percorso che deve coinvolgere tutti, ma anche le istituzioni devono aiutare e supportare le aziende”.
Rimane il fatto che il percorso verso la sostenibilità comporta degli impegni anche da un punto di vista di cambiamento culturale, ma alle istituzioni bisognerà chiedere come adeguare i progetti del Pnrr all’interno di questa attività. Il settore è abbastanza frammentato al suo interno, quindi bisognerà trovare un modo per legare e tenere unita questa rete e affinchè i soldi del Pnrr arrivino alle aziende del comparto.
Il primo progetto europeo di Assica: “Trust your taste, choose european quality”
Il progetto triennale (2021-2024) “Trust your taste, choose european quality”, svolto in collaborazione con il Belgio e promosso da Assica, intende migliorare il grado di conoscenza dei prodotti agricoli UE, attraverso la promozione della cultura produttiva che sta dietro la carne suina e i salumi, valorizzando gli alti standard europei e la grande tradizione storica che contraddistingue questo comparto.
Il bilancio del primo anno di progetto è estremamente positivo: “In questo anno abbiamo svolto tante attività finanziate dall’UE, stiamo cercando di utilizzare questi Fondi europei per la sostenibilità e, tra le iniziative, tante vertono sulla formazione e diversi workshop. Un’altra iniziativa fondamentale è quella di informare il consumatore nelle salumerie e nelle macellerie di tutta Italia per far conoscere, ad esempio, i valori nutrizionali dei prodotti, di cui ben 43 sono di origine protetta. Stiamo anche realizzando come Assica una video Academy per la formazione di banconisti e salumieri, è un video corso di nove lezioni con informazioni sul Dop, sui valori nutrizionali e sulla sostenibilità. È il primo progetto europeo che Assica svolge direttamente, la nostra mission si allarga dunque anche all’ obiettivo della sostenibilità”.
I diversi step per raggiungere la sostenibilità
Il settore gode spesso di una “brutta fama” in termini di sostenibilità a tutto tondo, invece ha la volontà di dimostrare che sta attuando delle pratiche sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Certamente, soprattutto per le aziende più piccole, può essere difficoltoso affrontare il percorso da soli, ecco quindi che società come Nativa sono indispensabili per strutturarlo attraverso diversi step.
Samira Tasso di Evolution flow leader in Nativa ha esposto le diverse fasi del programma svolto dalla aziende per modificare il proprio modello di business e profilo di sostenibilità.
“Siamo partiti nel 2020 creando un linguaggio comune, cercando di comprendere il linguaggio del nostro tempo. Infatti, il primo passo per iniziare un percorso insieme è stata l’acquisizione di consapevolezza sui temi della sostenibilità. Successivamente, il secondo step è stato quello di misurare la governance e le politiche, per fare ciò abbiamo scelto uno standard internazionale per la misura degli impatti, strutturato sulla base dell’area geografica e della dimensione dell’azienda. È stato molto utile comparare i risultati della misura. Infine, il terzo step è stato passare dalla sfida agli strumenti concreti dopo esserci misurati, dandoci degli impegni comuni, ad esempio sui rifiuti e sulla supply chain, in modo da restituire al territorio più di quanto si preleva in termini di risorse”.
Fare questo percorso da soli per un’azienda può essere molto complicato, ma Samira Tasso ha raccontato di come le aziende abbiamo invece mostrato una generosa apertura, in quanto hanno compreso che fare rete e avere obiettivi comuni è fondamentale. Altrettanto importante è che le aziende questi obiettivi li diffondano e condividano all’interno di tutto il sistema.
“Questo settore spesso è considerato poco sostenibile. Abbiamo visto un’ampia partecipazione e apertura da parte delle aziende, su alcuni aspetti il settore magari è indietro, ad esempio sulle emissioni, ma prontamente si sono messe a disposizione per migliorare. Allo stesso tempo, alcune sono molto avanti sul recupero degli scarti di lavorazione. Per quanto riguarda la sfida a livello di decarbonizzazione, non si può risolvere nel giro di poco tempo e di singola azienda, ma di sistema e nel lungo periodo, nonostante ci siano delle azioni che si possono mettere in campo anche nel breve periodo”.
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