Il lock down dovuto al Covid-19 ha aiutato a migliorarci nel limitare lo spreco alimentare, ma c’è ancora molta strada da fare. Secondo i dati del rapporto ‘Il caso Italia’ del Waste watcher international observatory, lungo tutto lo stivale nel 2020 si è sprecato l’11,78% di cibo in meno rispetto all’anno precedente. L’osservatorio indica tra i cibi che finiscono più facilmente nella spazzatura in Italia: frutta fresca, verdura, cipolle, aglio e tuberi, insalate, pane.
L’Italia migliora nel complesso ma resta indietro secondo i dati di spreco alimentare degli altri paesi europei. Secondo l’indice realizzato da fondazione Barilla in collaborazione con The economist intelligence unit, il Food sustainability index (Fsu), segnala ancora uno spreco di circa 65kg di cibo. Un dato più alto della media europea che si aggira, secondo il Fsi a 58kg.
La mappa dello spreco delle famiglie italiane
I motivi dello spreco sono diversi come emerge dall’indagine di Waste watcher. Alla domanda perché la mia famiglia spreca? Il 46% dichiara “Me ne dimentico e scade/si deteriora”; il 42% dice “frutta e verdura conservate in frigo e portandole a casa vanno a male”; secondo il 31% “i cibi venduti sono già vecchi”; per il 29% il problema è che che “acquisto troppo”; per il 28% la tematica è “calcolo male le cose che servono”.
Lo spreco alimentare in Italia cambia in base alla geolocalizzazione e purtroppo sono le famiglie del sud che si rivelano essere le “più sprecone”. Secondo il report le famiglie che sprecano di più sono al sud (+15%), appartengono al ceto popolare (+9%), hanno i figli conviventi (+15%) e vivono nei Comuni piccoli (+15%). Insomma sono coloro che avrebbero più bisogno di limitare gli sprechi. secondo l’analisi della fondazione Barilla si tratta di sprechi che hanno anche un “peso” economico: vano buttati circa 10 miliardi di euro in cibo non consumato. Equivalente a quasi 260 euro l’anno per famiglia a settimana.
Migliorano le performance di spreco alimentare della filiera industriale italiana
Il nostro Paese è più performante invece dal punto di vista industriale. “Le perdite alimentari stimate al livello di produzione corrispondono al 2% del totale del cibo prodotto. Un buon risultato se messo a confronto con i paesi europei, dove la media è pari a circa il 3%” si legge nel tweet della fondazione Barilla.
Un “contributo fondamentale” quello che possono svolgere le imprese agricole come sottolinea in una nota Confagricoltura che ricorda come il paese si dotato di un Piano nazionale contro gli sprechi alimentari. “L’agricoltura non spreca cibo, anzi, da sempre applica i principi dell’economia circolare, cercando di recuperare attraverso il riutilizzo degli scarti agricoli” spiega in una nota il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. “Il lavoro da fare è ancora lungo e va accompagnato da un cambiamento di abitudini e costumi, su cui anche Confagricoltura sta contribuendo, e di cui si iniziano a intravedere i primi segnali”.
Il packaging una risposta per limitare lo spreco alimentare
Non solo alimenti, anche il packaging è centrale nella gestione e riduzione e riduzione degli sprechi. Tema sempre più attuale se si considera lo sviluppo del food delivery che in quest’anno di pandemia ha accelerato processi già in evoluzione, in relazione proprio alla progettazione e innovazione degli imballaggi a base cellulosica.
La spesa degli italiani è composta per grande parte di prodotti confezionati, dalla frutta ai salumi, dalla carne al caffè, dall’olio al vino. Nonostante ciò il nostro Paese tiene alta la percentuale del riciclo degli imballaggi circa 7 imballaggi su 10 (68,3%) al pari dei tedeschi, meglio dei francesi e sopra la media UE. È quanto emerge da una analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) sugli ultimi dati Eurostat. “Se si guarda oltre confine” – spiega in una nota Uecoop – “in Germania si ricicla il 68,5% degli imballaggi, in Francia il 65,7%, in Austria il 65,5% mentre la Spagna con il 68,8% fa appena un po’ meglio dell’Italia, mentre il record europeo spetta al Belgio con l’85,3%“.
“Secondo la ricerca che abbiamo condotto con Sant’Anna, l’81% dei consumatori italiani è disposto a pagare di più un prodotto se questo è imballato in un packaging sostenibile, contro una media europea del 77% e, sempre la stessa ricerca, individua come l’utilizzo di materiali riciclati e la sua riciclabilità finale sia la caratteristica principale di un imballaggio sostenibile” afferma Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco.
Un elemento che accomuna i consumatori di tutto il mondo secondo gli ultimi dati Waste watcher e che può contribuire ulteriormente a ridurre gli sprechi.
Rispetto i materiali il 72% dei consumatori europei dichiara di preferire in assoluto carta e cartone per la loro sostenibilità e per la facilità di riciclo.
Infine il packaging ridotto è considerata una delle soluzioni suggerite dagli cittadini per ridurre lo spreco alimentare 75%. Mentre il 91% dei cittadini sostiene che la soluzione principale per ridurre lo spreco sia “puntare sull’istruzione“; per l’89% è utile “Far conoscere ai cittadini i danni per l’ambiente; l’88% ritiene che bisogna “far conoscere ai cittadini l’ impatto negativo sull’economia”; e l’84% punta il dito su “migliorare le etichette sulle modalità di consumo“; infine il 57% ritiene che sia utile “far pagare le tasse in base allo spreco”.
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