Non tutte le associazioni ambientaliste sono a favore del ministero della Transizione energetica. Alcuni dubbi sul superministero lo esprimono in un comunicato congiunto delle associazioni ambientaliste Amici della Terra, Enpa, Italia nostra, Lipu, Mountain wilderness, Federazione proNatura.
I dubbi sul superministero
“Non è affatto chiaro come si intende che questa operazione avvenga. Se ad esempio prevedrà più funzioni per il ministero dell’Ambiente o invece implicherà la fusione del ministero dell’Ambiente con quello dello Sviluppo economico, con il rischio di schiacciamento delle tematiche ambientali e comunque di lunga impasse dovuta alle complicatissime pratiche amministrative da svolgere”, dichiarano le associazioni in un comunicato stampa congiunto.
Un’incertezza che può inficiare l’allocazione delle risorse del Recovery plan e una valutazione dei programmi secondo le associazioni firmatarie.
Le urgenze ambientali espresse dalle associazioni
“La transizione ecologica è il grande impegno dell’Italia e dell’Europa dei prossimi decenni. Non si può commettere l’errore di impostarla male. Al presidente Draghi segnaliamo nuovamente che le urgenze ambientali sono molteplici, dal restauro degli habitat degradati al mare, dalla tutela del paesaggio alla montagna, all’agricoltura e ad un uso dei suoli compatibile, alle politiche di benessere animale. È fondamentale considerarle tutte e porle in primo piano nell’agenda, in modo che facciano da sostanza del programma di transizione ecologica e che vengano prima di ogni operazione di immagine o speculativa e, anche per questo, a rischio di fallimento” conclude la nota.
Le richieste degli Amici della Terra
Il giorno prima in una lettera aperta a Draghi la presidente degli Amici della terra, Monica Tommasi ha avanzato le proprie proposte per il programma del nuovo Governo nell’applicazione del principio “primalefficienza”.
“Per l’Italia, le azioni necessarie per lo sviluppo della mobilità sostenibile sono: il sostegno alle infrastrutture della mobilità elettrica sia individuale che collettiva; la crescita della filiera del Gnl per il trasporto stradale pesante e quello marittimo; la maggiore diffusione del gas naturale (Gnc) e del Gpl nel trasporto leggero. Queste azioni sono sinergiche, anche in chiave di sviluppo dell’economia circolare, con quelle di utilizzo del biometano nei mezzi a Gnc e Gnl, e con la diffusione del ruolo delle rinnovabili tramite i biocombustibili provenienti dal recupero di scarti organici. In chiave di necessaria riformulazione del Recovery Plan, è indispensabile superare la grave mancanza di una politica di sostegno alla conversione ambientale della flotta navale italiana, investendo sulle opzioni tecnologiche disponibili come quelle offerte dalla filiera del Gnl e BioGnl“.
Rispetto le fonti rinnovabili “è necessario superare l’atteggiamento di chi pensa di risolvere tutto con le rinnovabili elettriche intermittenti (eolico e fotovoltaico) assunte a simbolo unico della decarbonizzazione. La priorità va data invece alle rinnovabili termiche, partendo dal fatto che i consumi termici sono quasi la metà dei consumi di energia. Perciò è centrale il ruolo della produzione di energia rinnovabile dalle pompe di calore“.
Per le rinnovabili elettriche, “l’obiettivo di penetrazione dovrebbe essere conseguito tenendo conto dell’aumento dei consumi elettrici legati alla diffusione degli usi efficienti del vettore elettrico. L’obiettivo si può raggiungere dispiegando il potenziale di sviluppo delle tecnologie che hanno raggiunto la grid parity o la piena competitività in virtù delle incentivazioni passate. Discorso diverso per i piccoli impianti di fotovoltaico per autoconsumo (famiglie e imprese): il loro sviluppo può essere compatibile con il territorio e con il paesaggio e dovrebbero essere incentivati. Stesso discorso per gli impianti di biomassa o geotermici cogenerativi a servizio di unità produttive o reti di teleriscaldamento, che possono trovare anch’essi significative sinergie con i programmi di efficientamento energetico”.
Opportuno privilegiare gli interventi di repowering degli impianti idroelettrici e geotermici: “bisogna puntare su un programma di manutenzione degli invasi idroelettrici esistenti, che può ampliare significativamente l’attuale capacità di accumulo”.
Che rimarca come: “Sarebbe un errore privilegiare la crescita delle rinnovabili elettriche puntando su una falsa riforma, quella delle cosiddette semplificazioni dei procedimenti autorizzativi, solo per superare le problematiche di impatto paesaggistico. Il tema sta diventando una questione politica di carattere nazionale che richiede una risposta di sistema per il Paese. La sostenibilità ambientale non può essere ridotta a visione distorta degli obiettivi di decarbonizzazione, ma deve difendere e valorizzare il patrimonio paesaggistico italiano, risorsa indispensabile (e non sacrificabile) per qualsiasi scenario di futuro sostenibile del nostro Paese”.
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