Pfas, Greenpeace: “Acqua contaminata nelle case degli italiani”

Presentati i dati dell'indagine Acque senza veleni: “Stop alle politiche attive dell'inazione”

Non esiste regione italiana non intaccata da inquinamento da Pfas. I cosiddetti “inquinanti eterni”, associati a gravi rischi per la salute, sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia, nell’ambito dell’indagine indipendente Acque senza veleni: “Milioni di persone, nel nostro Paese, hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni Pfas classificati come cancerogeni, la cui presenza è considerata inaccettabile in molte nazioni”. L’organizzazione ambientalista, che tra settembre e ottobre scorsi, ha raccolto campioni in 235 città di tutte le regioni e le province autonome italiane, ha presentato il 22 gennaio a Roma, presso la Stampa estera, la prima mappa della contaminazione di queste sostanze chimiche altamente pericolose nelle acque potabili.

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Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, presenta in conferenza stampa i dati dell’indagine.

“Stop alle politiche attive dell’inazione”. Per Greenpeace Italia, “il Governo è assolutamente assente rispetto a questo tema” ha dichiarato Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento, aggiungendo: “È inaccettabile che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai Pfas, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro Governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente”.

Acqua: il cancerogeno Pfoa nel 47% dei campioni

Dall’analisi dei 260 campioni, le molecole più diffuse sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno Pfoa (nel 47% dei campioni), seguito dal composto Tfa (40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti i campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno Pfos (22% del totale).

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Dallo screening risultano almeno tre campioni positivi per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni. Livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio, in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche a Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa, già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria.

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Inquinamento da Pfas: “Nei Comuni italiani erogata acqua non sicura”

Come riferisce Greenpeace Italia, a partire dall’inizio del 2026 entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi: “I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche (ad esempio quelle diffuse dall’Efsa) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana”. Per tale motivo, numerose nazioni europee (tra cui Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi.

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In base alle evidenze scaturite dal report, “in tanti Comuni italiani è stata erogata acqua non considerata sicura per la salute, rispetto ad altre nazioni” ha commentato Giuseppe Ungherese. Dalla mappatura, emerge che il 22% dei campioni risulterebbe oltre i parametri fissati negli Stati Uniti e il 41% oltre quelli fissati in Danimarca.

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“Vietare l’uso di tutti i Pfas”: le proposte di Greenpeace Italia

Nell’ambito dell’analisi indipendente, Greenpeace Italia ha inoltre verificato la presenza nelle acque potabili italiane del Tfa, di cui non ci sono dati pubblici. Si tratta di “una sostanza persistente e indistruttibile, ancora oggetto di approfondimenti scientifici che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione” ha spiegato Giuseppe Ungherese. Con riferimento al Tfa, il comune di Castellazzo Bormida (in provincia di Alessandria) ha mostrato i valori più elevati (539,4 nanogrammi per litro), seguito da Ferrara in Emilia-Romagna (375,5 nanogrammi per litro) e, tornando in Piemonte, Novara (372,6 nanogrammi per litro). Concentrazioni molto alte si registrano anche ad Alghero, Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato e Nuoro. Più in generale, le regioni in cui la contaminazione da Tfa risulta essere più diffusa sono: Sardegna (77% dei campioni positivi), Trentino Alto Adige (75%) e Piemonte (69%).

Le proposte dell’associazione ambientalista sono:

  • varare un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas in Italia;
  • rivedere al ribasso i valori limite sulla presenza di contaminanti nelle acque potabili, allineando tali riferimenti normativi alle più recenti evidenze scientifiche;
  • garantire a tutta la popolazione l’accesso ad acqua potabile priva di Pfas;
  • fissare per le industrie un valore limite allo scarico di tali sostanze in ogni matrice (acqua, aria, suoli) oltre a limiti restrittivi nei depuratori civili, industriali e nei fanghi;
  • supportare i comparti produttivi nazionali in un piano di riconversione industriale che faccia a meno dei Pfas.

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Freelance nel campo della comunicazione, dell’editoria e videomaker, si occupa di temi legati all’innovazione sostenibile, alla tutela ambientale e alla green economy. Ha collaborato e collabora, a vario titolo, con organizzazioni, emittenti televisive, web–magazine, case editrici e riviste. È autore di saggi e pubblicazioni.