La fauna selvatica è diminuita del 73%. La COP16 è l’ultima occasione per invertire la rotta

L'allarme del WWF e il commento di Alessandro Leonardi, Co-Founder & Managing Director di Etifor, che sarà presente alla conferenza

In soli cinquant’anni, dal 1970 al 2020, la dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici è diminuita del 73 per cento. Il calo più significativo si è verificato negli ecosistemi di acqua dolce (-85%), seguiti da quelli terrestri (-69%) e marini (-56%). È quanto emerge dal Living Planet Report (LPR) 2024 del WWF, i cui allarmanti risultati sono stati pubblicati il 10 ottobre.

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Foto di Ray Hennessy su Unsplash

Le cause del declino della biodiversità globale

L’analisi, effettuata sulla base del Living Planet Index (LPI) elaborato dalla Società Zoologica di Londra, ha coinvolto quasi 35mila popolazioni di 5.495 specie di vertebrati. Fra le cause del declino della biodiversità globale, il WWF ha identificato:

  • la perdita e il degrado degli habitat, causati principalmente dai nostri sistemi alimentari;
  • lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali;
  • la diffusione di specie invasive e di patologie;
  • i cambiamenti climatici.

Il rischio di raggiungere un “tipping point”

“Il sistema Terra è in pericolo, e noi con lui. Il Living Planet Report ci avverte che le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti”, commenta Alessandra Prampolini, direttrice generale del WWF Italia. Il rischio è infatti che gli ecosistemi raggiungano un “tipping point”, ovvero vengano spinti oltre una soglia critica, andando incontro a un cambiamento sostanziale e potenzialmente irreversibile.

“Questi dati drammatici ci dicono con chiarezza che l’azione di governi, aziende e società civile è stata insufficiente e inefficace. Si è legiferato molto, si è fatta molta comunicazione sulla sostenibilità, ma nel frattempo sotto i nostri occhi si è manifestata una catastrofe della biodiversità. Dobbiamo impegnarci per chiedere ad aziende e governi un’azione decisa e forte, tipica delle situazioni emergenziali; non possiamo più ritardare, dobbiamo evitare ogni ulteriore perdita di biodiversità e ripristinare gli ecosistemi degradati, allineandoci agli obiettivi del Global Biodiversity Framework e della Legge sul Ripristino della Natura, dichiara Alessandro Leonardi, Co-Founder & Managing Director di Etifor.

Le opportunità legate alla COP16 sulla biodiversità

La sedicesima Conferenza delle Parti (COP16) sulla biodiversità, che si svolgerà in Colombia dal 21 ottobre al 1 novembre 2024, sarà un’occasione importantissima per trasformare gli impegni presi in azioni concrete. Vi prenderà parte anche una delegazione italiana guidata da Etifor, co-fondatrice dell’Italian Business @ Biodiversity Working Group, che porterà le tematiche e i risultati del gruppo di lavoro fino ai tavoli di discussione internazionali.

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“Le principali ambizioni di questa COP sono: tradurre il Global Biodiversity Framework in azioni concrete che tocchino tutti gli ambiti (politica, società civile, mondo economico) per raggiungere gli obiettivi previsti; mobilitare risorse e rafforzare gli strumenti operativi come i Piani nazionali, anche nell’ottica di individuare soluzioni utili a monitorare i progressi compiuti; ampliare l’accesso ai meccanismi di benefit-sharing. L’Art. 15 del Protocollo di Nagoya prevede la condivisione dei benefici economici derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche, ma il Protocollo è stato firmato solo da 140 paesi: alla COP16 ci si aspetta di allargarlo a più firmatari e consolidare i meccanismi di condivisione dei benefici economici derivanti dal DSI (Digital Sequence Information on Genetic Resources)”, spiega Alessandro Leonardi.

“La delegazione del B@B Working Group sarà presente con cinque rappresentanti di Etifor e due di Regione Lombardia e altre aziende italiane. La nostra attenzione sarà focalizzata sui temi di interfaccia tra biodiversità, economia e finanza. Organizzeremo un evento dedicato alle tematiche Nature Positive insieme a un ampio network internazionale e presenteremo il primo Rapporto Business e Biodiversità in Italia. Interverremo anche in altri dieci eventi, portando i nostri contributi e in particolare le buone pratiche di aziende Italiane che stanno implementando approcci Nature Positive”, prosegue Leonardi.

 

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Le speranze per il futuro

Fortunatamente, accanto agli esempi virtuosi, ci sono anche delle buone notizie: tra il 2010 e il 2016, la sottopopolazione di gorilla di montagna è aumentata di circa il 3 per cento annuo all’interno del massiccio del Virunga, nell’Africa orientale. Si è assistito, inoltre, a un ritorno delle popolazioni di bisonte europeo in Europa centrale.

“Questi dati, seppur molto localizzati, ci insegnano che un cambio di rotta è possibile, aiutando specie e habitat a rigenerarsi, e diminuendo gli impatti e le pressioni antropiche”, conclude Leonardi.

“Le decisioni e le azioni intraprese nei prossimi cinque anni saranno cruciali per il futuro della vita sulla Terra. Abbiamo nelle nostre mani il potere – e l’opportunità – di cambiare la rotta. Se agiamo ora, possiamo rigenerare il nostro Pianeta vivente”, aggiunge Kirsten Schuijt, direttrice generale del WWF Internazionale.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.