E’ tempo di solidarietà per il settore energetico in UE? Su questo si sono interrogati i delegati della due giorni organizzata a Palazzo Edison, Milano, dalla EFELA (European Federation of Energy Law Associations) in collaborazione con AIDEN, Associazione Italiana di Diritto dell’Energia.
Al centro del dibattito, la questione cruciale su come conciliare una rapida transizione energetica con il tema della competitività, dei diversi quadri normativi, del sostegno alla generazione green, dell’integrazione del settore energetico UE verso un nuovo modello di mercato. Senza lasciare indietro nessuno. E non solo a parole.
In un contesto che appare fieramente legato alla sovranità nazionale nella scelta del mix energetico, e con l’avanzare delle scadenze della transizione verde, l’impatto sociale delle scelte energetiche non può essere trascurato. Tanto che c’è stato un chiaro richiamo alla necessità di allentare le norme sugli aiuti di stato e sulla concorrenza.
Ne hanno parlato, nella seconda giornata, esperti europei di diritto dell’energia, accademici internazionali, ma anche autorità regolatorie e aziende, addentrandosi nella spina dorsale della politica energetica europea e dei mercati. Gli ambiti tematici hanno spaziato dalle batterie di accumulo alla decarbonizzazione del settore gas, dall’idrogeno verde alle procedure di permitting per le rinnovabili, dalle comunità energetiche decentralizzate agli strumenti contrattuali per stabilizzare i prezzi, dalla modernizzazione dei sistemi di trasporto alla capacità degli interconnettori, dagli incentivi per l’industria alla protezione dei consumatori finali. Il tutto, ruota attorno a una domanda chiave: come?
Un quadro talmente ampio da non poter essere esaurito nello spazio di qualche ora. Ma la discussione è riuscita restituire l’entità delle sfide che l’UE deve affrontare in uno scenario altamente impegnativo, ormai oltre la crisi energetica e in una cornice di competitività globale che vede il Vecchio Continente in affanno.
Il principio di solidarietà è alla base del messaggio di saluto della seconda giornata: solo attraverso la cooperazione e gli strumenti che la legge ci mette a disposizione che vanno usati in modo costruttivo, possiamo mitigare i problemi e capire la posizione l’uno dell’altro, perché ci sono questioni economiche diverse per ogni Stato membro.
Lo scenario visto dalle Autorità Nazionali di Regolazione
Secondo Kostantinos Tsimaras, professore associato di diritto pubblico presso la European University, la trasmissione dell’energia richiede investimenti sostanziali per le infrastrutture, soprattutto in vista della crescente domanda proveniente dalle rinnovabili. Un regolatore deve affrontare questi problemi e garantire la modernizzazione della rete, la promozione delle smart grid e lo stoccaggio dell’energia elettrica. “Il Regolatore deve garantire che gli investimenti necessari all’infrastruttura siano basati sui costi-benefici e che il suo ammodernamento sia equamente diviso tra tutti gli attori del mercato. Come Autorità Nazionali di Regolazione dobbiamo anche considerare il fabbisogno futuro di energia e pianificarlo”, ha sottolineato nel corso del dibattito.
In questo quadro si inserisce l’intervento di Bernd Rajal, partner di Schoenherr, Austria, sul ruolo dei sistemi di accumulo dell’elettricità (battery storage), nel contesto della decarbonizzazione. I sistemi di accumulo di energia a batteria possono immagazzinare l’energia in eccesso generata nei momenti di picco e rilasciarla nei periodi di bassa produzione o di alta domanda. Questo contribuisce a garantire un approvvigionamento energetico stabile e a ridurre la quantità di energia prelevata dalla rete nelle ore di picco.
“In alcuni Paesi”, sottolinea Rajal, “il quadro normativo è concepito esclusivamente per gli asset che generano o consumano elettricità. Questa specificità esclude i sistemi di accumulo di elettricità, non riconoscendoli come classe di asset separata. Questo è un grosso problema, perché crea barriere normative, e di conseguenza gli sviluppatori di servizi non hanno una guida chiara su come classificare il loro sistema”.
Biometano e il caso dell’Irlanda
In Irlanda, circa il 55% del fabbisogno di elettricità proviene dal gas. Pertanto, c’è un’enorme necessità di decarbonizzare il settore elettrico. Per stimolare l’industria a produrre biometano, il governo Irlandese ha pubblicato una Strategia ad hoc che sta mostrando sviluppi interessanti. L’obiettivo è aumentare il biometano nella rete di circa il 10% entro il 2030. Gas Networks Ireland, l’operatore nazionale del sistema di trasmissione, ha recentemente pubblicato un bando con l‘obiettivo di acquistare il 25% del proprio fabbisogno annuale da biometano, il che dovrebbe avere un forte impatto sul settore.
Aisling O’Donoghue, senior associate dello studio legale A&L Goodbody, sostiene: “Come altri Paesi in Europa, abbiamo un obiettivo molto lodevole e ambizioso: l’80% di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Ma come raggiungerlo? E come fanno governo e politici a sostenere un ambiente che permetta alle aziende di realizzare davvero questa ambizione?”.
È qui che si inquadra la domanda sul come molte normative europee possano applicarsi al contesto delle decisioni aziendali. “C’è un’attività interessante“, continua O’Donoghue, “ma quello che manca in Irlanda è uno specifico programma di sostegno per l’off-take. Al momento, la maggior parte di questo programma è guidato dalle iniziative delle singole aziende”.
Uno standard europeo per i contratti PPAs?
Parlando di comunità energetiche e decentralizzazione della produzione, anche in vista di contrastare la povertà energetica, i PPA (Power Purchase Agreements) si dimostrano uno strumento vitale per la stabilità dei prezzi.
“Il nuovo European Market Design (EMD) mira a rendere il mercato dell’energia dell’UE più resiliente, la bolletta di clienti e imprese più indipendente dai prezzi a breve termine. Tra gli strumenti contemplati dalla riforma EMD, ci sono i PPA, indicati dalla riforma come strumento a lungo termine per la stabilità dei prezzi, sia per fornitori che per clienti. I PPA sono contratti a lungo termine per la fornitura di energia da fonti rinnovabili”, spiega Federico Piccaluga del gruppo Duferco.
Se in passato, con la crisi energetica, questi contratti hanno dimostrato la loro efficacia per stabilizzare i prezzi in tempi di estrema volatilità, c’è chi si chiede se al cambiare dello scenario, il fissare prezzi a lungo termine non possa invece rivelarsi un’arma a doppio taglio, specie rispetto al rischio principale: variabilità dei volumi. Tra le sfide di una decentralizzazione accentuata, per esempio, potrebbe anche esserci la difficoltà per i Regolatori di gestire il sistema e la raccolta dati, specie in luoghi con forti differenziazioni geografiche, come in Grecia, con oltre 3000 isole.
Sulla fattibilità di creare contratti quadro per i PPA, si avanzano dubbi, in particolare circa la difficoltà di coinvolgere gli investitori in un mercato europeo dei PPA ancora molto frammentato. L‘ACER (European Union Agency for the Cooperation of Energy Regulators) dovrà valutare la standardizzazione dei PPA, come requisito contenuto nella nuova riforma, tramite un gruppo di esperti che dovrebbe rilasciare il parere entro l’autunno.
Eppure, trader e associazioni sono riluttanti a adottare contratti quadro per i PPA. Preferiscono avere un elenco con i requisiti principali. «La standardizzazione non è il modo giusto di procedere per contratti così complessi», conclude Piccaluga.
La risposta è sì
Dunque, è tempo di solidarietà per il settore dell’energia? “La risposta, a mio avviso, è chiaramente sì. Il principio della solidarietà energetica è sancito dall’articolo 194 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione”, così Filippo Donati, professore di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze, dichiara nella sua nota a chiusura della terza tavola rotonda.
Non tralascia di ricordare il rapporto di Mario Draghi, le debolezze strutturali dei mercati energetici e il fatto che l’Europa è a un punto di svolta: frammentarietà del mercato, differenze di prezzo non solo tra Europa, Stati Uniti e Cina, ma anche tra gli stessi Stati membri. Oggi la transizione verso le energie rinnovabili rimane incoerente in tutta l’UE, con alcune nazioni in forte ritardo rispetto ad altre.
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Donati continua la sua nota elencando tre ordini di ostacoli per l’UE. Il primo ostacolo è di natura politica: gli Stati membri continuano a difendere ferocemente la propria sovranità energetica, con alcuni più avanzati nello sviluppo delle energie rinnovabili ed altri ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili. Il secondo ostacolo è geopolitico: il mercato energetico non è plasmato solo da dinamiche interne, ma anche da forze esterne. Il terzo ostacolo è di natura economica: sono necessari massicci investimenti in infrastrutture, progetti rinnovabili e innovazione.
“La solidarietà nel settore energetico non è solo un’aspirazione. È una necessità urgente in un mondo che si trova ad affrontare sfide senza precedenti. Il bisogno di un’azione collettiva non è mai stato così grande”.
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