La perdita di servizi ecosistemici ci costa ogni anno il 6% del PIL

Uno studio di Quantis e BCG evidenzia la necessità di includere la tutela della biodiversità nelle strategie di investimento relative ai settori dell’energia e delle infrastrutture

La perdita di servizi ecosistemici costa all’economia mondiale più di cinquemila miliardi di dollari all’anno, circa il 6 per cento del PIL globale.

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Foto di Holly Landkammer su Unsplash

“Molte aziende dipendono da servizi ecosistemici offerti gratuitamente dalla natura, come la regolazione idrogeologica e la protezione da eventi climatici. Adottare una visione più ampia su impatti e dipendenze dalla natura, investendo nel ripristino degli ecosistemi, significa poter ottenere un ritorno economico e garantire la resilienza del business”. A spiegarlo è Fabio Alberto Favorido, Associate Director, Nature and Climate & Sustainability di BCG che, insieme a Quantis, ha realizzato un report sul tema, dal titolo Harmonizing Infrastructural Progress with Nature.

Gli investimenti necessari per il raggiungimento della neutralità climatica

Il settore infrastrutturale, insieme a quello energetico, è responsabile di circa il 35 per cento delle pressioni sulla biodiversità. Sarà quindi necessario, secondo gli autori del report, includere la tutela degli ecosistemi nelle strategie di progettazione e di investimento che caratterizzeranno gli anni a venire.

Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030, serviranno molte risorse: gli investimenti annuali nel settore dell’energia, secondo l’IEA, passeranno dal 2,5 al 4,5 per cento del PIL globale. Questo comporterà un aumento esponenziale della produzione elettrica, da 500 a 160mila miliardi di dollari, nonché un raddoppio degli investimenti nelle infrastrutture. In particolare, le reti elettriche vedranno un incremento dai 320 miliardi di dollari attuali a 740 miliardi.

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Fonte: BCG, Quantis

Il caso Snam

Quello di Snam, che ha abbracciato la metodologia Science-Based Target Network per stabilire i suoi obiettivi di sostenibilità, rappresenta un esempio virtuoso, secondo gli analisti di Quantis e BCG. L’obiettivo dell’azienda, che gestisce più di 33mila chilometri di gasdotti in Italia, è di arrivare entro il 2027 a generare un impatto positivo su natura e biodiversità in ogni cantiere rispetto alla situazione trovata ex ante.

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“È nostro dovere guardare con attenzione all’ambiente nel suo complesso e, per esempio, rafforzare quanto già intrapreso per tutelare la natura e la biodiversità, al fine non solo di ridurre al minimo e azzerare la nostra impronta, ma far sì che il nostro passaggio sul territorio possa anche generare ritorni e benefici positivi per l’ambiente e le persone”, commenta Matteo Tanteri, Director Sustainability & Social Impact di Snam.

Nel concreto, questo si traduce in cinque princìpi:

  1. Non limitarsi a rispettare le leggi dettate dalle normative ambientali, ma mantenere una visione della sostenibilità nel suo insieme.
  2. Utilizzare un metodo scientifico per valutare l’impatto ambientale delle attività produttive e identificare strategie di mitigazione efficaci.
  3. Comprendere l’ambiente naturale in cui l’azienda si inserisce per valutare i livelli di rischio e individuare azioni concrete da attuare in ottica sostenibile.
  4. Esaminare non solo le operazioni dirette, ma anche i processi upstream e downstream che possono influenzare l’ambiente naturale in cui si opera.
  5. Applicare un approccio sistemico, anziché focalizzarsi soltanto su alcuni aspetti della sostenibilità ambientale.

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