Gli stabilimenti della Itelyum Regeneration a Ceccano nella provincia di Frosinone, hanno ospitato l’inaugurazione di un impianto pilota per il riciclo di terre rare. Si tratta di materie critiche contenute nei magneti permanenti estratti da apparecchiature elettroniche come hard disk o da motori elettrici a fine vita.
Il progetto di Itelyum, leader nella valorizzazione dei rifiuti industriali, ha attirato anche l’attenzione di Legambiente, che ha scelto questa occasione per la ventesima tappa della sua campagna nazionale “I Cantieri della Transizione Ecologica”, un viaggio itinerante lungo tutta la Penisola.
Ma andiamo per ordine. Il progetto sperimentale rientra nell’iniziativa europea New-RE. Sembra quasi un palindromo che capovolge la parola inglese “Renew”. E forse non siamo troppo lontani, visto che comunque di rinnovo si parla. In realtà New-RE (Rare Earths) ha l’obiettivo di ridurre la quantità di terre rare importate, migliorando la gestione del fine vita dei magneti permanenti, che contengono alcuni carbonati di Terre Rare come neodimio, praseodimio e disprosio. Il progetto, supportato da EIT RawMaterials, si articola nel programma di un consorzio coordinato da Erion e formato da altri sette partner, ognuno con un ambito di applicazione specifico.
La visione, però, va oltre il progetto pilota e guarda al successivo scale-up industriale della fase sperimentale. Le tecnologie dell’impianto New-RE, infatti, saranno impiegate a livello industriale nell’ambito di un altro importante progetto chiamato INSPIREE, già presentato a Roma il 10 luglio scorso e finanziato da CINEA all’interno del programma LIFE. INSPIREE, sarà il primo impianto in Europa per la produzione di ossidi e carbonati di terre rare da riciclo chimico di magneti permanenti esausti.
Cosa prevede il progetto New-RE di Ceccano
Tramite un processo idrometallurgico sviluppato dall’Università degli Studi dell’Aquila, l’impianto di Ceccano tratterà i magneti permanenti ottenuti tramite il disassemblaggio di motori elettrici e di rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE).
Qui entra in gioco il ruolo degli altri partner, in primis quello di Erion WEEE, che coordina la raccolta dei RAEE; Glob Eco fornisce componenti provenienti dal disassemblaggio di motori elettrici; Tree si occupa di rifiuti elettronici derivati dai suoi impianti di trattamento; OSAI e KU Leuven realizzano una linea tecnologica per lo smontaggio automatizzato degli hard disk.
Il processo idrometallurgico dell’Università dell’Aquila prevede una lisciviazione a basso impatto ambientale delle Terre Rare, attraverso soluzioni acide organiche riutilizzabili fino a cinque volte.
“Questo modo di lavorare viene da lontano. Nasce più di 60 anni fa con un’idea: trasformare i rifiuti in risorse. Per avere la visione bisogna anche avere una storia che ti dia la forza di scommettere sulle idee, una storia in cui hai fatto l’economia circolare quando l’economia circolare non esisteva. E alcuni anni fa, un nostro importante ingegnere chimico ha iniziato a lavorare con l’Università dell’Aquila attorno a questa idea di recuperare le Terre Rare, quando di Terre Rare non parlava nessuno”, ha dichiarato durante l’incontro Marco Codognola, amministratore delegato di Itelyum.
Le sfide sulle materie critiche del progetto Itelyum
I volumi di RAEE necessari saranno garantiti dalla collaborazione con Erion WEEE, il sistema multi-consortile no profit che gestisce differenti tipologie di rifiuti. Composto da 1600 soci, gestisce ogni anno circa 250 mila tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici.
Il progetto pilota New-RE prevede che nello stabilimento di Ceccano siano trattate oltre 20 tonnellate all’anno di magneti, da cui recuperare circa 5 tonnellate di composti di Terre Rare.
Ma quando il piano di industrializzazione sarà a regime, si potrebbero trattare fino a 2.000 tonnellate l’anno, da cui recuperare oltre 500 tonnellate di composti di Terre Rare. Considerando che la produzione europea di magneti permanenti annua è di 1.600 tonnellate, l’Italia sarebbe già in grado di sviluppare una filiera del riciclo di questi materiali all’interno dei confini europei, riducendo così la dipendenza dalle importazioni extra-UE, soprattutto da Russia e Cina.
Tutto bene, ma?
Le incognite sui volumi di rifiuti elettrici ed elettronici necessari al riciclo potrebbero interessare proprio la fase di industrializzazione su ampia scala. Ad oggi, il sistema di gestione dei rifiuti non è particolarmente stringente sulla raccolta di questa tipologia specifica di e-waste. Anzi, presenta falle significative, impedendo di intercettare almeno la metà dei rifiuti elettrici ed elettronici in circolazione.
Il sistema ufficiale dei RAEE gestisce circa 400 mila tonnellate di rifiuti elettrici all’anno ma ne potrebbe gestire il doppio. Le altre scompaiono in un buco nero. “Un buco nero fatto di molti rivoli”, per dirla con Giorgio Arienti, direttore generale di Erion, il quale ha lamentato di come ci siano “molti soggetti interessati a mettere le mani sulle materie prime più facili da estrarre dai RAEE, con trattamenti ambientali al di sotto degli standard e sottraendo i RAEE alla filiera del corretto riciclo. Bisogna fare in modo di intercettare queste 400 mila tonnellate mancanti per poter fare economia circolare”.
Il Critical Raw Material Act
Come è noto, a maggio 2024 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Critical Raw Material Act, con l’intento di contribuire a una sostanziale autonomia nell’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche ritenute cruciali per la transizione verde e digitale.
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Il testo individua 34 materie prime critiche e 17 materie prime strategiche (tra cui rientrano gli elementi delle Terre Rare per magneti permanenti), e stabilisce tre parametri di riferimento per il consumo annuale di queste materie entro il 2030: il 10% dovrà essere estratto localmente, il 40% dovrà essere lavorato in UE e il 25% dovrà essere riciclato.
Il 30 luglio 2024, l’Italia ha attuato il Regolamento UE convertendo in legge il DL 25 giugno 2024, n. 84, recante “disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”.
Per quanto i tre parametri siano un riferimento per i consumi annuali da raggiungere entro il 2030, è significativo che la percentuale relativa al riciclo sia più del doppio di quella estrattiva. Il potenziale del riciclo potrebbe rappresentare, di per sé, una vera e propria miniera da sfruttare appieno.
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