Quali sono le città più smart del mondo

È online la quinta edizione dell’IMD Smart City Index

Zurigo (Svizzera), Oslo (Norvegia) e Canberra (Australia) sono le tre città più smart del mondo, stando all’IMD Smart City Index (SCI) 2024, pubblicato a luglio dall’IMD World Competitiveness Center.

La top 20

La novità più importante di questa quinta edizione consiste nell’ingresso di Taipei nella top 20, dove risulta particolarmente evidente l’assenza di località nordamericane, penalizzate da arretramenti negli ambiti delle infrastrutture e della sicurezza.

Smart city

Sono molte le città statunitensi che hanno perso posizioni in classifica, fra cui Washington DC, Denver e Los Angeles (-12, -12 e -11 rispettivamente), ma anche San Francisco (-9), New York (-7) e Chicago (-4). Le città canadesi sembrano seguire la stessa tendenza, con Ottawa che scende di tre posizioni e Montréal di nove. Al contrario, la qualità complessiva della vita ha svolto un ruolo positivo in un numero crescente di località europee.

La classifica completa include tre città italiane

Sono 142 le città prese in esame, fra cui le italiane Bologna, Milano e Roma. Scopriamo le loro caratteristiche, insieme a quelle di Zurigo, Oslo e Canberra.

Digitalizzazione e inclusione, le sfide per le smart city

Il futuro delle metropoli sarà sempre più digitale, secondo gli autori dell’indice. La rapida diffusione dell’intelligenza artificiale nei servizi comunali (gestione del traffico, sorveglianza, monitoraggio dei consumi energetici) ha suscitato “nuove speranze e nuove preoccupazioni”, sostengono.

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“Fiducia e governance” saranno ingredienti chiave per le città di domani. Per renderle verdi, digitali e inclusive sarà necessario puntare sull’istruzione e sullo scambio di conoscenze. “Non lasciare indietro nessuno resterà un motto per chi vuole essere – o restare – ai vertici della classifica SCI. Prestare particolare attenzione alle fasce più vulnerabili (anziani, persone con disabilità, gruppi emarginati, ma anche piccole imprese e startup) richiederà degli approcci strategici e, possibilmente, una ridefinizione dei divari digitali”, concludono i ricercatori.

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