Il contenuto idrico della neve (Snow Water Equivalent, SWE) accumulatasi sui ghiacciai lombardi nell’inverno e nella primavera 2023-2024 è risultato notevolmente superiore alla media, raggiungendo un valore compreso fra i 1.975 e i 4.201 kg/m². È quanto emerge dalle analisi effettuate da ARPA Lombardia, in collaborazione con ENEL Green Power, pubblicate a luglio.
È il dato migliore degli ultimi dieci anni, si legge sul sito dell’ARPA, frutto dall’innevamento nettamente superiore alla media che ha interessato le montagne lombarde nei mesi primaverili: la densità e la compattezza del manto nevoso gli hanno permesso di resistere ai primi caldi estivi.
I ghiacciai e i rischi connessi a un’estate calda
Tuttavia, “il buon accumulo nevoso misurato alla fine della stagione primaverile, per quanto utile alla ricarica delle falde idriche, di per sé non basta a dire che l’anno idrologico 2023-2024 sia un anno sicuramente positivo dal punto di vista della conservazione degli apparati glaciali lombardi”.
A spiegarlo è Marco Bongio, ingegnere ambientale originario della Valtellina, PhD student del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale – sezione Scienze e Ingegneria dell’acqua del Politecnico di Milano, intervistato dalla redazione di Canale Energia.
Perché? “Il bilancio di massa di un ghiacciaio può essere estremamente semplificato come la differenza fra l’accumulo invernale e primaverile e l’ablazione tardo-primaverile ed estiva. Estati particolarmente siccitose, calde e assolate, come le ultime due, possono tranquillamente fondere ingenti quantitativi di neve, rendendo totalmente vano il buon accumulo invernale”, chiarisce Bongio.
Le analisi dell’ARPA
I campionamenti dell’ARPA, effettuati a quote comprese tra 2.877 e 3.645 metri, hanno riguardato:
- i ghiacciai del Vioz e Dosegù nel Sottogruppo Cevedale-San Matteo;
- il ghiacciaio dei Vitelli nel Sottogruppo Ortles-Cristallo;
- i ghiacciai dell’Adamello e del Pisgana nel Gruppo dell’Adamello;
- i ghiacciai di Fellaria Orientale e dello Scalino nel Gruppo del Bernina;
- i ghiacciai di Alpe Sud e di Savoretta nel Gruppo Sobretta-Gavia.
I valori massimi di innevamento sono stati misurati nella zona del Bernina, con quaranta metri di neve cumulata rispetto ai diciassette del 2023 e ai dieci del 2016. I valori minimi sono stati invece registrati in Alta Valtellina, con venti metri di neve sui ghiacciai del Vioz e Dosegù.
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— ARPA Lombardia (@arpalombardia) July 2, 2024
L’impatto delle polveri sahariane
“Il manto nevoso, oltre a costituire la principale fonte di alimentazione per la formazione del nuovo ghiaccio, ne favorisce la conservazione, essendo una superficie fortemente riflettente nei confronti della radiazione solare incidente”, prosegue l’ingegnere Bongio. “Tuttavia, gli strati di polveri sahariane che si sono depositate al suo interno, di colore scuro, ne riducono la riflettività e ne accelerano fortemente la fusione”.
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La necessità di attendere l’autunno
Detto questo, “al manto nevoso, per passare da una densità di neve fresca di 100 kg/mc a valori di circa 850 kg/mc tipici del ghiaccio, occorrono circa quattro anni alle nostre latitudini. Da questo processo si capisce perché un buon accumulo stagionale non è sufficiente ad avere un bilancio di massa positivo per il ghiacciaio. Perché un singolo anno idrologico possa essere considerato positivo dal punto di vista glaciologico, occorre che il bilancio di massa esteso e mediato sull’intera superficie glaciale sia positivo. Visivamente e grossolanamente questo si può valutare alla fine della stagione di ablazione (primi di ottobre)”, continua Bongio.
I dati del Servizio glaciologico lombardo
Aspetteremo sicuramente l’autunno per avere nuove informazioni. Tuttavia, i numeri raccolti dal Servizio glaciologico lombardo parlano chiaro: dal 1991 a oggi, la Regione ha perso 45 chilometri quadrati di ghiaccio (il 38 per cento) e 124 ghiacciai, che si sono estinti. Si parla di una perdita di 1,6 chilometri quadrati l’anno, pari all’estensione di 220 campi da calcio.
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“I ghiacciai lombardi posti a quote inferiori ai 3.500 metri sono destinati a scomparire nei prossimi trenta/quarant’anni. Inoltre, si prevede un ulteriore aumento delle temperature a causa della crescente concentrazione di gas serra in atmosfera. Il destino dei nostri ghiacciai è in buona parte segnato: il loro ‘sacrificio’ sarà però vano se d’ora in poi la nostra generazione non agirà concretamente per invertire la rotta verso uno stile di vita sostenibile, tornando a vivere secondo i ritmi della natura e non di quelli frenetici imposti dall’Antropocene”, conclude Bongio. Non dobbiamo, quindi, abbassare la guardia, ma prepararci a lottare con ancora più fervore.
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