“L’agroecologia può conciliare la produttività con il rispetto delle risorse naturali. L’IFAD crede fermamente in questo approccio: abbiamo già realizzato tantissimi progetti che hanno dimostrato di avere benefici a tutti i livelli: economico, ambientale e sociale”. È con queste parole che Alvaro Lario, presidente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), ha introdotto l’evento di presentazione della strategia 2024-2030 dell’Agroecology Coalition, il 27 giugno a Roma.
Cos’è l’Agroecology Coalition
“Nel 2021, il Summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari ha portato all’attenzione della comunità internazionale la necessità di rivoluzionare i nostri modi di produrre e consumare, e ora siamo felici di presentare questa strategia”, ha dichiarato Madeleine Kaufmann, co-direttrice dell’Agroecology Coalition.
L’agroecologia è “un approccio integrato che applica simultaneamente concetti e principi ecologici e sociali alla progettazione e gestione dei sistemi alimentari e agricoli” che “mira a ottimizzare le interazioni tra piante, animali, uomo e ambiente tenendo conto degli aspetti sociali che devono essere affrontati per un sistema alimentare sostenibile ed equo” (FAO).
La coalizione, nata proprio in occasione del Summit, vanta ora più di trecento membri e si basa sui tredici principi elaborati dal panel di esperti sulla sicurezza alimentare dell’ONU, allineati al decalogo della FAO, come ha ricordato il vicedirettore generale dell’organizzazione, Maurizio Martina.
Quali sono gli obiettivi al 2030
La nuova strategia della coalizione si basa su cinque obiettivi strategici, come ha svelato il coordinatore Oliver Oliveros:
- facilitare lo sviluppo e lo scambio di conoscenze;
- incoraggiare maggiori investimenti nell’agroecologia;
- sostenere politiche mirate e amplificarne la portata;
- appoggiare e promuovere la creazione di mercati dedicati;
- supportare, coinvolgere e potenziare i membri.
Un approccio olistico
Per una rivoluzione degli attuali sistemi alimentari, “servono approcci olistici e sistemici che contribuiscano al raggiungimento di una molteplicità di obiettivi. L’approccio agroecologico è fra questi”, ha commentato Corinna Hawkes, direttrice dell’Agrifood Systems Division della FAO.
“L’agroecologia è una soluzione win-win e sappiamo che garantisce un buon ritorno sugli investimenti. La sfida è rendere le pratiche scalabili, investendo nelle risorse umane e aumentando l’accessibilità del mercato”, ha aggiunto Jo Puri, vicepresidente associata dell’IFAD.
Il ruolo dei governi e delle scuole
Le scuole potrebbero dare un importante contributo alla diffusione di buone pratiche, come ha suggerito Carmen Burbano, direttrice della School Meals Coalition del World Food Programme. “Giocano un ruolo significativo nella creazione della domanda e nella promozione di un’alimentazione sana e sostenibile. I governi stanno investendo nella valorizzazione delle filiere locali, dei piccoli produttori e anche dell’agricoltura biologica; quindi, ci sono grandi opportunità da questo punto di vista”.
“C’è bisogno di direzionare gli investimenti nella maniera corretta e creare le giuste sinergie: non è sempre facile creare un collegamento fra il Ministero dell’Educazione e quello dell’Agricoltura. E bisogna guardare ai bisogni di ogni singolo Paese, che possono essere molto diversi fra loro”, ha spiegato Burbano.
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“Bisogna investire ulteriormente nella ricerca – noi per esempio stiamo sviluppando un framework per misurare in modo uniforme gli impatti dei sistemi agroalimentari; serve il contributo dei governi e anche quello del settore privato. E bisogna replicare i casi virtuosi adattandoli al contesto”, ha aggiunto Juan-Lucas Restrepo, direttore generale dell’Alleanza Bioversity & CIAT.
Le responsabilità dei consumatori
Un esempio virtuoso è quello del Group of Friends of Agroecology, Paesi che, negli anni, hanno sostenuto finanziariamente e politicamente i progetti della FAO, supportandosi a vicenda e cercando di coinvolgere altre nazioni. Molti di questi “amici dell’agroecologia”, fra cui l’Italia, sono riusciti a compiere grandi progressi a livello nazionale.
Nel nostro Paese ha però fatto scalpore la recente notizia della morte di Satnam Singh, bracciante indiano rimasto coinvolto in un grave incidente mentre raccoglieva meloni lavorando in nero alla periferia di Latina, lasciato morire dal suo datore d lavoro che l’ha abbandonato fuori casa senza un braccio. Una tragedia che ha riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sul fenomeno del caporalato, dimostrando ancora una volta l’insostenibilità del nostro modello produttivo.
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“A giocare un ruolo sono anche i consumatori”, come ha ricordato Annette Schneegans, membro della delegazione europea a Roma. L’inflazione ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie, ma risparmiare su quello che mettiamo nel piatto è difficilmente una buona idea. Abbiamo l’opportunità di mettere in tavola, ogni giorno, il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, e vale la pena farlo: altrimenti, a pagarne il prezzo sarà qualcun altro, o saremo comunque noi quando ci troveremo a fare i conti con i danni della crisi climatica.
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