Fiumi arancioni in Alaska a causa del cambiamento climatico

Lo strano fenomeno uccide i pesci e mette in pericolo la salute umana

Circa 80 fiumi della Brooks Range, una catena montuosa dell’Alaska, hanno assunto un preoccupante color arancione, paragonato dagli esperti a “succo d’arancia lattiginoso”. Non è la prima volta che accade: lo stesso fenomeno è stato documentato anche nel 2018.

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Kobuk Valley National Park, Alaska

Allora come oggi, il responsabile è sempre lo stesso: il cambiamento climatico. Le acque un tempo cristalline di alcuni corsi d’acqua, come l’Akillik, nel parco nazionale di Kobuk Valley si sono tinte di un colore ferroso, e alcune specie di pesci sono scomparse. Tutto questo è riportato in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature.

Dopo la comparsa delle prime chiazze arancioni nel 2018, i ricercatori del National Park Service e della UC Davis, in collaborazione con i colleghi dello US Geological Survey e dell’Environment and Natural Resources Institute, hanno effettuato i primi rilevamenti.

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Mappa delle chiazze arancioni osservate lungo la catena montuosa Brooks Range

Dalle analisi di laboratorio condotte nel 2022 è emerso un pH medio estremamente acido dei fiumi colpiti dal fenomeno. È stata inoltre rilevata la presenza di metalli inquinanti come rame, nichel, ferro e piombo. Il riscaldamento globale ha infatti indotto un’accelerazione dello scioglimento del permafrost, il cosiddetto ghiaccio perenne. La sua fusione ha liberato i minerali metallici intrappolati al suo interno da millenni, esponendoli a contatto con l’acqua e l’ossigeno dell’aria. È dunque la presenza di questi metalli ad aver reso color arancio i fiumi dell’Alaska. Ma il problema è più grande di quanto non si possa immaginare.

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Il fiume Kutuk in Alaska

Non si tratta solo di una questione estetica. Oltre ad un abbassamento del pH naturale dei fiumi, il processo ha causato una torbidità più elevata delle acque. La presenza di metalli è inoltre dannosa per la biodiversità che li popola e gli scienziati hanno già rilevato “un drastico calo delle diversità dei macroinvertebrati e dei pesci”. I fiumi contaminati sono infatti risultati tossici per alcune specie, e le acque torbide ostacolano la migrazione dei pesci verso le aree di deposizione delle uova. Un ulteriore problema riguarda le comunità rurali che utilizzano l’acqua contaminata.

Uno degli obiettivi della ricerca, infatti, è proprio quello di garantire un’informazione adeguata ai locali, su un fenomeno che potrebbe avere un forte impatto sulla salute. Del resto, lo scioglimento dei ghiacci è una delle conseguenze più evidenti del cambiamento climatico, e secondo gli scienziati, la zona artica sta subendo gli effetti del riscaldamento globale due o tre volte più rapidamente del resto del Pianeta.

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