I trentenni e la crisi climatica

Preoccupazioni e speranze di una generazione che sta vivendo gli anni più caldi della storia

Ho recentemente compiuto trent’anni. Quando ne avevo venti, ero convinta che nel giro di un decennio avrei raggiunto chissà quali traguardi, forse pensando ai sogni già realizzati a quell’età dai miei genitori. Tutto sommato posso dire di esserci riuscita, considerando l’affetto che ricevo dalle persone che mi circondano e il fatto di essere diventata una giornalista, come mio nonno materno.

Sono felice di occuparmi di tematiche ambientali perché sento, nel mio piccolo, di dare un contributo alla transizione ecologica. Ho deciso di scrivere questo articolo perché maggio, il mio mese di nascita, sarà probabilmente il dodicesimo mese più caldo di seguito. Lo dico perché aprile 2024, l’aprile più mite di sempre a livello internazionale, è stato l’undicesimo. È quanto evidenzia il Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus (C3S).

trentenni e crisi climatica
Anomalia della temperatura superficiale dell’aria per il mese di aprile 2024 rispetto alla media di aprile per il periodo compreso tra il 1991 e il 2020. Fonte dei dati: ERA5. Credit: Copernicus Climate Change Service/ECMWF.

La temperatura media globale degli ultimi dodici mesi è stata la più alta mai registrata, e ha superato di 1,61 °C la media preindustriale (1850-1900). Questo significa che il limite stabilito dall’Accordo di Parigi sul clima (1,5 gradi di riscaldamento globale) è già stato oltrepassato. E il 2024 rischia di battere il record del 2023 come anno più caldo della storia.

Senza essere catastrofisti, ho deciso di raccogliere le testimonianze di altre persone che hanno più o meno la mia età – la maggior parte delle quali provenienti dalla Valtellina, come me – per capire quali sono le loro preoccupazioni e le loro speranze per il futuro, e se i cambiamenti climatici stanno influenzando anche il loro lavoro e le loro scelte quotidiane.

 

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Lorena Zugnoni, proprietaria del salone “L’eterna bellezza” di Morbegno (SO), classe 1994

“Cosa significa compiere trent’anni nel bel mezzo della crisi climatica? Significa che ogni tanto ti fermi a pensare e ti chiedi qual è il tuo ruolo da formica nel mondo. Ti chiedi cosa puoi fare. E la risposta che io negli anni mi sono data è stata quella di cercare, nel mio piccolo, di sensibilizzare le persone. Ho un’attività da sette anni. Mi occupo di bellezza e di prodotti bio organici e della cura dei capelli. Fin da quando ho aperto il mio salone, ho cercato di dare nuove abitudini ai miei clienti, fra cui quella di riportarci in salone il loro barattolo di shampoo, una volta terminato il prodotto, per ricaricarlo, così da non immettere nel sistema dell’altra plastica”.

“Un altro importante gesto che ho scelto di compiere, mettendomi in proprio, è stato appunto quello di scegliere dei prodotti bio organici, che contenessero delle materie prime provenienti dal nostro territorio e che lo rispettassero il più possibile. Inevitabilmente, la crisi climatica ha impattato anche sul nostro lavoro, perché non esistono più le stagioni: le persone, a livello di salute cutanea, non hanno più un ritmo regolare. Una volta, studiavamo sui libri che i capelli cadevano in autunno e in primavera. Adesso, con questi sbalzi climatici, il nostro corpo non capisce più quali sono le stagioni e ci troviamo con  anomalie e problematiche cutanee che non si erano mai viste prima”.

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“Tutto questo inevitabilmente mi porta a riflettere che oggi ho solo trent’anni e mi auguro di avere di fronte a me ancora tanti anni in cui vivere su un Pianeta pulito e sano. E mi chiedo ogni giorno cosa posso fare per far sì di non rovinare e di non togliere nulla a chi verrà dopo di me”.

Martina Comparelli, attivista Fridays for Future di Milano, specializzata in cambiamento climatico all’Università di Yale, classe 1993

Come ci si sente a compiere gli anni nella crisi climatica? “In ansia, perché vedo il tempo che scorre. Da una parte, dovrei occuparmi della mia vita: trovare un lavoro fisso, comprarmi una casa… Dall’altra, la maggior parte delle mie energie, soprattutto mentali, va ancora nell’attivismo e nella lotta contro la crisi climatica. Oltre all’ansia, c’è anche un po’ di vergogna e senso di colpa, perché il mondo mi dice che alla mia età dovrei aver raggiunto degli obiettivi, dovrei per esempio avere una famiglia. Io personalmente non credo di volere dei figli o delle figlie in questo ambiente politico e con la crisi climatica che sta andando così male”.

“Sicuramente, c’è anche un aspetto generazionale. Avendo compiuto trentun anni, sono verso la fine della generazione Millennial: c’è chi è già ‘sistemato/a’ e chi, invece, si trova a fare i conti con la crisi dell’abitare, con l’inflazione, i contratti precari, gli stipendi bassissimi e quindi ha difficoltà a diventare 100 per cento adulto/a. E poi ci troviamo a fare i conti con le conseguenze della crisi climatica, argomento a cui mi sto dedicando perché lo sento tanto anche a livello emotivo, anche per un senso di giustizia che mi rende difficile concentrarmi su altro, però chiaramente ho anche altri bisogni a cui pensare”.

“Mi sembra che la generazione Z, invece, soprattutto chi è ancora studente, segua con più facilità queste tematiche, ovvero la crisi climatica e la giustizia sociale, forse perché hanno più coscienza di come questi problemi li colpiscano personalmente. Ho molte speranze nella generazione Z, che sembra avere un’idea più chiara e più energie di quelle che ormai abbiamo noi Millennial”.

Marco Bongio, ingegnere ambientale di Morbegno (SO), PhD student del Politecnico di Milano, classe 1990

“Il tema del cambiamento climatico rientra nel mio lavoro quotidiano poiché accelera il ciclo idrologico, specie nelle aree montane, che è il mio settore di ricerca come dottorando del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano. Le Alpi europee, infatti, rappresentano un hotspot climatico, dove l’aumento delle temperature medie annue è doppio rispetto a quanto osservato a livello mondiale. Numerosi sono gli effetti, a partire dalla forte riduzione del volume dei ghiacciai alpini: negli ultimi due anni, si è perso più del 10 per cento del volume dei ghiacciai svizzeri. Lo vediamo anche nella riduzione del rapporto tra la precipitazione nevosa e la precipitazione liquida e nel minor numero di giorni con neve al suolo, specie nelle quote comprese fra i mille e i duemila metri”.

“Assistiamo a un’intensificazione delle precipitazioni di breve durata e forte intensità, con prolungati periodi siccitosi, a causa della permanenza dell’anticiclone africano per settimane, specialmente in estate. La mancanza di riserve idriche stoccate naturalmente sotto forma di neve e di ghiaccio, accoppiata a un forte aumento della temperatura e a condizioni di permanenza prolungata di tempo stabile e soleggiato, minano fortemente la disponibilità idrica, soprattutto nella stagione estiva. Tutto questo ha un impatto sulle attività umane, come l’approvvigionamento idrico a scopo idropotabile, l’agricoltura, l’allevamento e la produzione di energia elettrica”.

Daniela Bulanti, ingegnere ambientale di Talamona (SO), classe 1989

“Avere trent’anni nel mezzo della crisi climatica per me significa essere molto preoccupata e vivere gli eventi estremi di carattere ambientale in maniera difficile, con paura e con timore per il futuro, e con grande preoccupazione per quello che può succedere sia a me e ai miei affetti, sia al resto delle popolazioni del mondo. La crisi climatica impatta molto sul mio lavoro, in maniera positiva purtroppo, perché nello studio di progettazione dove lavoro si progettano elettrodotti ad alta tensione e stazioni elettriche”.

“In Italia, come nel resto d’Europa, in questi ultimi anni si è assistito a una corsa alla green energy, dai parchi eolici a quelli fotovoltaici, con le relative necessità di connessione alla rete elettrica nazionale. Questo ha portato a un grandissimo incremento del lavoro, perché gli investimenti nel settore sono molto elevati. Questo è un aspetto in un certo senso negativo, perché vuol dire che siamo arrivati allo sviluppo verde semplicemente per il fatto che c’è una crisi climatica in corso, che porta a una serie di disastri ambientali e di altre situazioni molto problematiche”.

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Chiara Piatti, impiegata bancaria di Morbegno (SO), classe 1996

“Il tema del cambiamento climatico è un tema a cui penso spesso, in quanto è una delle questioni cruciali e centrali dell’epoca storica in cui viviamo. È una situazione a cui penso con particolare preoccupazione, in quanto gli effetti e le problematiche per il nostro futuro stanno diventando sempre più evidenti. Avere trent’anni nel periodo del cambiamento climatico è una grande responsabilità, perché credo che siamo la generazione che ha il dovere di attuare, insieme alle generazioni future, comportamenti atti a mitigare questa situazione. Non è qualcosa che impatta direttamente sul mio lavoro: nonostante ciò, anche in un lavoro d’ufficio come può essere il mio, c’è tutta una serie di correttivi che possono essere applicati per cercare di mitigare o di essere il meno impattanti possibile a livello ambientale”.

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Melissa Pezzini, apicoltrice di Dervio (LC), classe 1995

“Ho ventinove anni e penso spesso al cambiamento climatico, anche perché colpisce direttamente il mio lavoro. Io e la mia famiglia abbiamo circa centoquaranta alveari: sono un’apicoltrice. È da tempo che abbiamo constatato, soprattutto negli ultimi tre/quattro anni, come la crisi climatica e tutti questi cambiamenti meteorologici repentini stiano mettendo a dura prova il nostro lavoro e, soprattutto, quello delle api. E queste mezze stagioni che non esistono più veramente ci mettono in difficoltà: mettono a dura prova noi, come apicoltori, perché stiamo cercando di capire come aiutare al meglio le api, e mettono a dura prova le api stesse. Quindi, ecco, sicuramente, soprattutto a livello lavorativo, il cambiamento climatico è un tema che sentiamo e che sento tanto”.

Letizia Porta, proprietaria del negozio “Buoni come il pane” di Morbegno (SO), classe 1993

“Sono molto preoccupata perché non ci sono più le stagioni: si passa dal freddo (che non è più quello di una volta) all’essere in maglietta e, quindi, a un caldo incredibile. Non esistono più le mezze stagioni. Questa cosa mi spaventa alquanto, e mi spaventa anche il fatto che, non essendoci più le stagioni, questo influisca anche su frutta e verdura. Ogni anno ormai è a sé. Nel mio piccolo, cerco di fare quanto più possibile per inquinare di meno, compiere quelle piccole azioni quotidiane che potrebbero davvero fare la differenza se tutti dessero il loro contributo. Anche per il mio bimbo, cerco di fare quanto mi è possibile, nel mio piccolo, per salvaguardare il Pianeta. E cerco di ‘non pensarci’, non perché io sia una persona egoista, ma perché mi spaventa molto. Cerco di guardare al presente, oggi e domani, ma non al lungo termine, perché è oggi e domani che facciamo la differenza compiendo dei piccoli gesti ogni giorno. E mi auguro che, come me, li compiano anche gli altri”.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.