Geotermia il “petrolio bianco” italiano che fatica a emergere

Lo studio a cura di The European House Ambrosetti

Avere il “petrolio bianco” sotto i piedi e non riuscire a dargli il valore che merita. Questa la storia della geotermia. Fonte rinnovabile e adesso anche a emissione zero, che può dare un contributo importante alla transizione energetica. Una fonte di cui l’Italia è ricca, prima in Europa, ma che non riesce a decollare. I perchè sono diversi e da ricercare sia nel costo iniziale, nelle difficoltà autorizzative e non ultimo nella accettazione locale.

Eppure secondo uno studio a cura di The European House Ambrosetti la geotermia permetterebbe di raggiungere più agevolmente gli obiettivi della transizione energetica. Valorizzando anche solo un 2% del suo potenziale nei primi 5 km di profondità genererebbe 2900 TWh.

teha impatto geotermia 2%

Il tutto con un impatto ambientale quasi nullo. Senza emissione di fumi nell’ambiente grazie alle nuove tecnologie che reimmettono i vapori nel sottosuolo e con uno scarsissimo uso di materie prime critiche. Tema centrale a livello europeo sia per la loro scarsità sia per la dipendenza da paesi terzi. Il tutto con un’occupazione di suolo più bassa rispetto a impianti eolici e fotovoltaici e con una continuità di produzione giorno notte.

Cosa manca allora? Il tema, come spesso accade, è anche di natura economica. Un nodo che ci si aspetta sia sciolto dal FER X. Auspicabile un ritorno di investimento maggiore almeno per i primi anni di esercizio, in quanto la tecnologia con reimmissione di fumi è anche molto più costosa da realizzare. Intanto nella bozza del PNIEC non viene citato un obiettivo per la geotermia a emissioni nulle, mentre la bozza del Decreto FER2
prevede uno sviluppo minimo (solo 60 MW per impianti ad emissioni nulle).

I punti critici per lo sviluppo degli impianti

Nonostante la filiera industriale sia presente nel nostro Paese e ci sia un’importante ricaduta di costi sul territorio, le criticità allo sviluppo degli impianti sono state individuate dallo studio di The European House Ambrosetti (TEHA) nel: costo della tecnologia; il rischio iniziale; la normativa e il lungo decorso del permitting. A queste si somma l’effetto Nimby dovuto ai falsi miti legati alla tecnologia.

Perché la geotermia è guardata con diffidenza

Tra i maggiori temi del no incorrono diverse “false informazioni” sulla tecnologia come: un eccessivo consumo idrico, la non sostenibilità della media e bassa entalpia, timori sulla salita arsenico, una riduzione del valore turistico delle aree interessate e il timore di un rischio sismico, impatto sul paesaggio. Dati non reali ma radicati in una cultura dei falsi miti difficili da sfatare e per cui serve fare molta e corretta informazione a più livelli.

Tutti aspetti su cui bisogna lavorare come sottolinea anche la senatrice Simona Petrucci di FdI presente ai lavori, forte della sua esperienza tra il grossetano e l’area di Pisa in cui l’accettazione sociale di questa tecnologia è stata opposta.

Impatto della filiera industriale sul sistema Paese

Nel 2000 l’Italia era il quarto o Paese al mondo per potenza elettrica installata della tecnologia tradizionale, mentre è oggi l’ottavo. Un’eredità di competenze che fanno sì che le aziende italiane siano leader mondiali nella fornitura di tecnologie per il comparto.

Ad oggi lo studio di TEHA evidenzia come con 1 GW di geotermia genera fino a 8mld euro di valore aggiunto e oltre 6mila nuovi occupati.

 

“Forse non abbiamo avuto ancora abbastanza sensibilizzazione sul valore di questa tecnologia”, suggerisce Roberto Crapelli GZEI, né a livello territoriale né a livello industriale. Difatti lo studio TEHA evidenzia come con 1 Euro investito in questa tecnologia attiva altri 2 Euro nel resto dell’economia. Si tratta di un moltiplicatore economico che è il più alto tra le fonti rinnovabili. Il tutto per un elevato capacity factor della geotermia che garantisce una produzione elettrica superiore a parità di MW installato rispetto alle altre fonti di generazione elettrica.

Cosa sta funzionando negli altri paesi

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Quello che non è chiaro all’Italia è invece nettamente evidente a livello europeo.  Il Net Zero Industry Act della Commissione Europea di marzo 2023 identifica la geotermia come una tecnologia strategica per il raggiungimento delle emissioni zero e ne prevede un significativo sviluppo nei prossimi anni. A gennaio 2024 l’Europarlamento in plenaria ha votato una risoluzione per chiedere una strategia europea a sostegno della geotermia e il 96% dei votanti si è espresso a favore. L’“EU Solar Strategy” ha definito che per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 la domanda di energia coperta dalla geotermia debba almeno triplicare.

Per funzionare serve maggiore attenzione alla copertura assicurativa dei rischi di perforazione come accade in Francia. Qui un fondo di garanzia tutela le operazioni di perforazione dei pozzi esplorativi e supporta gli sviluppatori in caso di insuccesso allocando 195 milioni di Euro. Mentre in Spagna nel 2023 è stato lanciato un finanziamento da 120 milioni di Euro per investimenti di pozzi profondi per progetti geotermici prevedendo un rimborso fino all’80% nel caso di assenza della risorsa geotermica. (Nell’executiive summary tutte le specifiche)

L’economia circolare negli impianti geotermici

Una tecnologia rinnovabile sostenibile anche nel fine vita impianti, pregio che non  possiamo dire accumuni tutte le fonti energetiche. Gli impianti geotermici ad emissioni nulle oltre a richiedere poche o nulle materie prime critiche sono riciclabili potenzialmente al 100% in fase di smantellamento dell’impianto.

La stessa realizzazione degli impianti potrebbe essere frutto di una seconda vita grazie al riutilizzo di pozzi petroliferi non più operativi. Stiamo parlando di oltre 5.000 strutture in Italia. Elemento che consentirebbe una riduzione dei costi derivanti delle attività di esplorazione e perforazione e, contestualmente, la velocizzazione del processo di attivazione di progetti geotermici. Un impegno decisamente inferiore a realizzare da zero delle centrali nucleari, eppure la politica non sembra guardare questa opportunità con la dovuta concretezza.


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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.