Il 2 febbraio del 1971, nella città iraniana di Ramsar, accadde qualcosa di molto importante: fu firmata la Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, con l’obiettivo di proteggere gli habitat di una molteplicità di specie, a partire dagli uccelli acquatici. Ecco perché oggi si celebra la Giornata mondiale delle zone umide (World Wetlands Day).
Cosa sono le zone umide
La Convenzione di Ramsar definisce questi ecosistemi come “le paludi, gli acquitrini, le torbiere e gli specchi d’acqua – siano essi naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante oppure corrente, dolce, salmastra o salata – e comprende anche quelle fasce marine costiere la cui profondità, in condizioni di bassa marea, non superi i 6 metri”. La zona umida più estesa sul territorio italiano è quella delle Valli di Comacchio in Emilia-Romagna.
Quali sono le specie tipiche delle wetlands
Le zone umide sono frequentate da uccelli limicoli, anatre selvatiche, fenicotteri, spatole; specie abituate a migrare verso sud in autunno per trascorrere l’inverno in luoghi più caldi.
Con il termine “limicolo” si vogliono identificare tutti quegli uccelli che trascorrono molto tempo, sia alla ricerca del cibo, sia per nidificare, in ambienti fangosi, rivieraschi, con ampie zone in cui sia possibile cercare cibo nell’acqua bassa o nel fondale fangoso. Questi animali, ad esclusione di alcune specie, non sono legati alla presenza di acque dolci o salate, ma sono adattati a entrambe. Sono molto numerose le varietà presenti in Italia, oltre 60, di cui almeno 35 avvistabili nella Salina di Comacchio, per lo più facenti parte dell’ordine dei Charadriiformes. Tra i più facilmente osservabili nella Salina di Comacchio ci sono il cavaliere d’Italia, la beccaccia di mare, l’avocetta, il piovanello (di passo) e la pettegola.
Negli ultimi anni, tuttavia, i periodi di permanenza nei singoli Paesi e le rotte migratorie di molti esemplari hanno subito delle variazioni, probabilmente a causa dei cambiamenti climatici: a ricordarlo è il WWF, sottolineando come specie che prima utilizzavano la nostra penisola come ponte di sosta, nel loro viaggio verso l’Africa centrale, tendano invece a restare. Un esempio è quello del cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus).
Perché tutelare le zone umide
Il WWF sta portando avanti diverse attività per proteggere gli uccelli acquatici e le zone umide: più dell’80 per cento di questi preziosi habitat è scomparso, a livello globale, dal 1700. E la biodiversità di questi ambienti si sta estinguendo al ritmo del 4 per cento ogni dieci anni contro l’1 per cento degli ambienti marini e terrestri. La salinizzazione eccessiva di alcune lagune, inoltre, riduce la presenza di specie più sensibili a questo fattore, come le folaghe.
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Invertire questa tendenza è fondamentale, considerando la molteplicità di servizi ecosistemici che le zone umide garantiscono: depurazione delle acque, stoccaggio di carbonio, fornitura di risorse naturali, protezione dalle inondazioni. Ricordiamoci che gli investimenti nella tutela della natura sono fra i meno rischiosi, e i più profittevoli.
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