Energia, tecnologia e geopolitica sono al centro del quinto MED & Italian Energy Report, frutto della sinergia scientifica tra SRM – centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo – e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino. I risultati sono stati presentati oggi, 6 dicembre, alla stampa e al Parlamento europeo.
“Lo scenario macroeconomico globale è stato sconvolto da eventi di carattere straordinario: la pandemia di Covid-19, la guerra in Ucraina, le tensioni tra Cina e Taiwan, il conflitto in Medio Oriente. L’Europa ha l’occasione di riaffermare la propria leadership sui temi del futuro, a partire da sostenibilità e transizione ecologica”. Queste le parole di Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, che ha sostenuto la realizzazione dello studio.
La dipendenza energetica dell’Europa
Massimo Deandreis, direttore generale SRM, ha illustrato alcuni dati principali. “Europa, Cina e Stati Uniti sono fra i protagonisti del panorama energetico globale: l’Europa è l’area che vanta la percentuale più elevata di fonti rinnovabili nel mix energetico, il 19 per cento; la Cina segue con il 16 per cento e gli USA chiudono all’11 per cento. Preoccupa il fatto che la Cina, nel 2022, abbia fatto registrare un consumo di carbone del 55 per cento”.
Deandreis ha poi spiegato come i PIL di Europa e Cina siano sostanzialmente analoghi, ma il consumo energetico dell’Europa sia pari a un terzo di quello della Cina. L’Italia, nel 2022, ha avuto un consumo di energia complessivo pari a poco più di sei Exajoule, con un PIL di due trilioni di dollari.
L’Europa è l’area mondiale con il maggior grado di dipendenza energetica (55,5 per cento). Il nostro Paese alza la media con il 73,5 per cento, mentre in Francia la percentuale scende al 44,2 per cento grazie al nucleare. La Cina dipende dall’estero solo al 20 per cento, mentre gli Stati Uniti sono totalmente autosufficienti: questo non significa che non ci sia import-export di energia, ma che il totale della produzione e il totale dei consumi sono in equilibrio.
L’andamento delle importazioni di gas
Guardando alla produzione di energia elettrica, l’uso del carbone in Europa è diminuito dal 31 al 16 per cento, fra il 2000 e il 2022. Il consumo di gas è aumentato dal 12 al 20 per cento, mentre quello di fonti rinnovabili è cresciuto dal 15 al 38 per cento. L’Italia consuma soprattutto gas e rinnovabili che, nel 2021, avevano raggiunto una percentuale del 39 per cento, ma sono calate nel 2022 a causa della siccità che ha influito sulla produzione idroelettrica.
Nel 2021, l’Europa importava il 41,1 per cento del gas dalla Russia, percentuale che è scesa fino al 6,3 per cento nei primi nove mesi del 2023. Le importazioni di gas russo in Italia sono diminuite dal 28,4 per cento del 2020 al 2,4 per cento del primo novembre 2023, ma è cresciuto l’import dall’Algeria (dal 12 per cento del 2020 al 22 per cento del 2022, fino al 20,2 per cento del 2023), così come dalla Norvegia e dall’Azerbaigian.
La domanda di materie prime critiche
“Infine, non dobbiamo sottovalutare il fatto che la transizione energetica comporterà un significativo aumento della domanda di materie prime critiche. Basti pensare all’auto elettrica, che necessita di 207 chili di materie prime critiche contro i 33 dell’auto tradizionale. C’è un potenziale di rischio geopolitico, se consideriamo per esempio che i principali produttori di litio, cobalto e terre rare sono solo tre: Cina, Congo, Australia. Questo non significa che si debba porre un freno alla transizione energetica, anzi, significa che bisogna lavorare attentamente per garantirne il successo”, ha commentato Deandreis. Che, in ultima battuta, ha voluto ricordare anche il nuovo ruolo dei porti, hub energetici che stanno diventando sempre più rilevanti, in quanto punti di snodo delle pipelines e centri di stoccaggio e produzione di energia pulita e GNL.
L’avanzata delle rinnovabili e il ruolo del Mediterraneo
A proposito di GNL, Ettore Bompard (direttore scientifico ESL@Energy Center) ha spiegato come, in Europa, le importazioni siano cresciute dagli 81 Gm³/y del 2021 ai 133 Gm³/y del 2022, segnando un incremento del 64 per cento. “Fra i vantaggi del GNL c’è la sua grande flessibilità, ma fra gli svantaggi ci sono i costi elevati. Per questo, sarà importante bilanciare l’acquisto spot con l’individuazione di mercati a lungo termine, in modo da ridurre l’esposizione al rischio di volatilità”, ha spiegato Bompard.
“L’energia, secondo il World Energy Council, deve basarsi su tre pilastri: sostenibilità ambientale, sicurezza energetica e accessibilità. La crisi russo-ucraina ha creato problemi di approvvigionamento e generato un incremento dei prezzi, ribaltando metaforicamente il triangolo e portando la sostenibilità in basso. L’area mediterranea, luogo di approvvigionamento, scambio e transito di commodity energetiche, ha l’opportunità di contribuire in maniera importante a ristabilire l’equilibrio”, ha detto Bompard. A partire dalla capacità rinnovabile: si prevede che la sponda settentrionale del Mediterraneo, che vantava 235 GW nel 2022, possa raggiungere i 482 GW nel 2030. La sponda meridionale, invece, passerà da 12 a 94 GW.
Per centrare gli obiettivi climatici, secondo gli autori dello studio, sarà necessario aumentare la penetrazione delle rinnovabili e gli investimenti nei Paesi a sud del Mediterraneo, tenendo però conto della loro situazione: Algeria e Libia, per esempio, traggono una fetta rilevante del loro PIL dalla vendita di idrocarburi. “Evitare il neocolonialismo energetico e pensare alla transizione come a un insieme di commodity che devono dialogare tra loro, tenendo conto della loro efficienza, è la chiave per il successo”, ha concluso Bompard.
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.