Inchiesta sui PFAS, Greenpeace: “La Regione Lombardia non ha mai risposto alle nostre istanze di accesso agli atti”

Per questo, l’organizzazione ha presentato un’istanza di riesame al responsabile regionale per la prevenzione e la trasparenza.

Regione Lombardia PFAS Greenpeace
La sede di Regione Lombardia © Pixabay

Il 18 maggio, Greenpeace Italia aveva svelato la presenza di sostanze chimiche poli- e perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque destinate al consumo umano in Lombardia. L’analisi dell’organizzazione si era basata esclusivamente sui dati ottenuti dagli enti pubblici (gestori e ATS) tramite istanza di accesso agli atti (FOIA).

A distanza di quasi tre settimane, il 6 giugno, Greenpeace ha pubblicato sul proprio sito un approfondimento volto a fare ulteriore chiarezza riguardo alle indagini, viste le reazioni che hanno suscitato. Nelle scorse ore, inoltre, ha presentato al responsabile per la prevenzione e la trasparenza della Regione Lombardia un’istanza di riesame in merito alle richieste di accesso agli atti cui la Regione non ha mai dato riscontro.

“I cittadini hanno diritto alla trasparenza”

“La Regione Lombardia, insieme a pochi altri gestori, non ha mai risposto alle nostre istanze di accesso agli atti riguardo la presenza di PFAS nelle acque potabili, violando le normative vigenti. Se la Regione ritiene che sia tutto sotto controllo, perché non fa un’operazione di trasparenza, così come da anni avviene in Veneto per garantire a tutta la cittadinanza l’accesso alle informazioni?”. È la domanda di Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

Importante, secondo l’ong, vietare i PFAS a livello nazionale

L’organizzazione chiede al governo, al parlamento e ai ministeri competenti di assumersi le proprie responsabilità e varare in tempi brevi un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS in Italia, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica delle aree contaminate e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento.

Leggi anche: Svelata la presenza di PFAS nelle acque potabili lombarde

Da un attento riesame di tutti i dati consegnati dalle ATS e dai gestori emerge che 262 campioni (circa il 6,5 per cento di quelli analizzati) possono essere considerati con ragionevole certezza assimilabili alle acque di rubinetto, destinate quindi al consumo umano. La presenza di PFAS varia da un minimo di 5 a un massimo di 1.146 nanogrammi per litro.


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