- I pellami del Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale contengono una percentuale di carbonio bio-based superiore all’80%.
- Ai materiali di origine biologica si contrappongono quelli sintetici che sono derivati del petrolio.
- Nella scelta di alternative al cuoio, è importante orientarsi su quelle 100% naturali.
I pellami del Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale, che riunisce venti concerie toscane, contengono tutti una percentuale di carbonio bio-based superiore all’80 per cento. La media, in realtà, si attesta intorno al 95 per cento. A rivelarlo è una ricerca presentata il 15 febbraio a Milano e condotta dal chimico Gustavo Adrián Defeo nei laboratori di Ars Tinctoria, che vanta una divisione specializzata in analisi di radiocarbonio su materiali e prodotti chimici industriali.
Le caratteristiche delle fibre sintetiche
Ai materiali di origine biologica si contrappongono chiaramente quelli di origine sintetica, che sono tendenzialmente derivati del petrolio e che, se dispersi nell’ambiente anche attraverso i lavaggi in lavatrice, finiscono per trasformarsi gradualmente in pericolose microplastiche. Pertanto, nella scelta dei tessuti più innovativi che si propongono come alternative al cuoio, è importante orientarsi su quelli 100% vegetali ed evitare invece i capi che, sull’etichetta, riportano sigle come PU o PVC. Quello di Orange Fiber, che viene realizzato a partire dai sottoprodotti dell’industria di trasformazione degli agrumi, è un esempio di tessuto composto interamente da cellulosa naturale.
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I princìpi dell’economia circolare
Scegliere fibre derivanti dagli scarti delle attività produttive significa investire nell’economia circolare. È indubbio che le pelli grezze utilizzate per la concia vegetale – la cui tracciabilità è garantita dal Disciplinare del Consorzio – derivino dalla macellazione di bovini destinati al settore alimentare e che, oltre alle pelli, si possano recuperare altri scarti del processo di lavorazione trasformandoli in fertilizzanti per l’agricoltura. È altrettanto vero però che l’allevamento intensivo, a prescindere dai dubbi che solleva riguardo al benessere animale, ha un forte impatto sull’ambiente, sia in termini di consumo di suolo e risorse idriche, sia in termini di emissioni di metano e ammoniaca.
Un QR-code per inquadrare la sostenibilità dei capi
Detto questo, spetta ad ognuno di noi il compito di riflettere sulla composizione del proprio armadio. Se si ha qualche dubbio, un aiuto può arrivare dai graffiti che, fino al 23 febbraio, riempiranno alcuni marciapiedi della città di Milano, nei pressi di Via Solari e della Stazione Centrale. Scannerizzando l’apposito QR-code, è possibile scoprire il grado di sostenibilità del capo che si sta indossando.
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