L’Europa è il continente che si è scaldato più velocemente negli ultimi trent’anni

Tra il 1991 e il 2021, le temperature in Europa sono salite mediamente di circa 0,5 gradi centigradi per decennio. Ne parliamo con Carlo Buontempo di Copernicus.

  • Escludendo l’Artide, il continente europeo e una parte del Medio Oriente sono le regioni che, nell’ultimo trentennio, si sono scaldate più rapidamente.
  • Lo rivela un rapporto realizzato dall’Organizzazione meteorologica mondiale e dal Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus.
Europa e cambiamenti climatici
Il fiume Adige, in Veneto, quest’estate © ANBI

Negli ultimi trent’anni, le temperature in Europa sono aumentate più del doppio rispetto alla media globale. Tra il 1991 e il 2021, infatti, sono salite al ritmo di circa 0,5 gradi centigradi per decennio. A svelarlo è l’ultimo rapporto sullo stato del clima nel continente, pubblicato il due novembre dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) e realizzato congiuntamente con il Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus dell’Unione europea.

Perché le temperature in Europa stanno salendo in maniera così drammatica

“L’Europa e una parte del Medio Oriente, nell’ultimo trentennio, si sono scaldate più velocemente delle altre regioni prese in considerazione dall’OMM. L’unica eccezione è l’Artico, che non è coinvolto in queste rilevazioni, ma si sta scaldando più velocemente del resto del Pianeta. Volendo andare a cercare delle motivazioni di carattere fisico, ci sono delle possibili spiegazioni: quello europeo è un continente grande e molto variegato a livello climatico, per cui i driver di questo riscaldamento possono essere diversi”, spiega il dott. Carlo Buontempo, direttore del Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus. “Viene da pensare che la perdita del ghiaccio polare nella parte europea dell’Artico possa aver giocato un ruolo, così come la riduzione del manto nevoso e dei ghiacciai. Anche l’umidità del terreno è diminuita nel continente, limitando l’effetto mitigante dell’evaporazione”.

Quali sono le conseguenze degli eventi meteorologici estremi

I numeri parlano chiaro. Dal 1997 al 2021, i ghiacciai alpini hanno perso trenta metri di spessore. Preoccupa in modo particolare la calotta glaciale della Groenlandia che, nell’estate del 2021, ha visto piovere per la prima volta nel suo punto più alto. L’anno scorso, gli eventi meteorologici estremi – dalle tempeste alle inondazioni, dalle ondate di calore alla siccità, fino agli incendi – hanno causato centinaia di vittime e provocato danni economici superiori a cinquanta miliardi di dollari. L’inquinamento atmosferico gioca un altro ruolo importante: si stima che circa 138mila morti premature all’anno potrebbero essere evitate grazie alla riduzione delle emissioni di carbonio, con un risparmio potenziale di 244-564 miliardi di dollari.

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In che modo i Paesi europei stanno contrastando i cambiamenti climatici

Per far fronte a questa situazione, le nazioni europee stanno investendo delle risorse nelle politiche di adattamento e mitigazione. “Dal rapporto emergono due segnali. Il primo è che l’Europa, nonostante rappresenti una regione avanzata, ricca e ben organizzata, è comunque vulnerabile di fronte ai cambiamenti climatici. L’altro è che c’è dell’impegno da parte delle istituzioni; pensiamo al Green Deal, alla Climate Law: la legislazione europea è abbastanza all’avanguardia rispetto ad altre. E stiamo progredendo nella riduzione delle emissioni di carbonio in modo abbastanza spedito. Non è il momento di fermarsi, ovviamente, ma di accelerare. Anche per quanto riguarda l’adattamento, l’Europa sta facendo molto, anche perché ha una tradizione abbastanza radicata di servizi meteorologici nazionali e regionali che forniscono diverse opzioni di monitoraggio e allerte precoci che possono aiutare moltissimo a prevenire i danni provocati dagli eventi estremi”, prosegue il dott. Buontempo.

Europa e temperature
L’Unione europea sta investendo in politiche di adattamento e mitigazione © Pixabay

 

Qual è il ruolo di Copernicus e della scienza

La frequenza e l’intensità delle ondate di calore, comprese quelle marine, sono aumentate negli ultimi decenni e si prevede che continueranno a farlo, indipendentemente dal livello delle emissioni di gas serra. È importante, quindi, che i Paesi europei e quelli di tutto il mondo continuino a cooperare per proteggere i propri cittadini. Copernicus fornisce alla comunità internazionale dati precisi e strumenti di monitoraggio avanzati: l’obiettivo del rapporto è quello di rendere le informazioni scientifiche accessibili, per metterle a disposizione dei decisori politici. Molti dei quali si incontreranno alla Cop 27, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che avrà luogo in Egitto dal 6 al 18 novembre.

Cosa dobbiamo aspettarci dalla Cop 27

“Sarà una Cop difficile, perché comunque avviene in un momento complicato a livello geopolitico. È difficile sperare che verranno fissati nuovi obiettivi, ma ci aspettiamo almeno che vengano riconfermati quelli stabiliti a Glasgow e Parigi”, avverte Carlo Buontempo. “Un segnale positivo che stiamo vedendo è che i dati da satellite, ma più in generale i dati relativi alle osservazioni del clima, stanno diventando sempre più importanti”.

“Due settimane fa abbiamo presentato il piano di implementazione del GCOS, il Sistema globale di osservazione del clima, che sottolinea una serie di priorità. Fra queste, c’è la necessità di avere dati sufficienti per monitorare cicli come quello dell’acqua e dell’energia nella loro interezza, e di continuare a investire nelle strutture di osservazione, perché ormai è diventata un vero e proprio asset per tutti i settori produttivi, a partire da quello finanziario”, conclude Buontempo. Insomma, l’intera società necessita costantemente di dati aggiornati e di qualità: la scienza si sta impegnando a fornirli, ma è fondamentale farne buon uso.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.