Lo scorso 19 maggio, la Commissione europea ha inviato all’Italia un “parere motivato” perché ha adottato, per gestire i rifiuti radioattivi, un programma nazionale “non del tutto conforme” alla Direttiva europea sulle scorie radioattive e sul combustibile nucleare esaurito (Direttiva 2011/70/Euratom).
Come ricordato in una nota dell’esecutivo europeo, tutti gli Stati membri generano rifiuti radioattivi, che derivano non solo dalla produzione di elettricità nelle centrali nucleari, ma anche dall’utilizzo di materiali radioattivi per usi industriali, agricoli, per scopi di ricerca o ancora in ambito medico.
La Direttiva 2011/70/Euratom delinea il quadro all’interno del quale gli Stati devono gestire in modo responsabile e sicuro il combustibile esaurito e i rifiuti radioattivi prodotti all’interno del proprio territorio, dalla produzione fino allo smaltimento. Questo, affinché sia garantito un elevato livello di sicurezza e si eviti di imporre alla società oneri che peserebbero sulle generazioni future.
La Commissione spiega che: “I programmi nazionali presentati da Croazia, Estonia, Italia, Portogallo e Slovenia sono risultati non conformi a determinati requisiti della direttiva. Gli Stati membri interessati dispongono ora di due mesi di tempo per rimediare alle carenze individuate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà decidere di deferire i casi alla Corte di giustizia dell’Ue”.
Lo scorso 19 maggio, la Commissione ha anche inviato all’Italia una lettera di messa in mora per non avere ancora dato esecuzione ad una sentenza della Corte europea di Giustizia risalente a gennaio 2021, nella quale si accertava la mancata trasposizione della direttiva (2013/59/Euratom) sulle norme di sicurezza di base sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti.
Questa direttiva, finalizzata a rafforzare la normativa sulla radioprotezione, sancisce regole a protezione della popolazione dai pericoli derivanti dall’esposizione a radiazioni, inoltre introduce un rafforzamento delle disposizioni in risposta alle emergenze, dopo l’incidente nucleare di Fukushima.
L’obbligo di recepimento sarebbe dovuto avvenire entro il 6 febbraio 2018, ma l’Italia non ha rispettato la scadenza, pertanto la Commissione, lo scorso aprile 2021, ha interrogato il nostro Paese sui provvedimenti presi per adeguarsi alla sentenza della Corte UE. La risposta fornita è stata giudicata inadeguata, dunque l’Italia è stata messa in mora. Il nostro Paese ha altri due mesi per prendere le dovute misure, nel caso in cui non lo facesse, la Corte di Giustizia potrà essere adita una seconda volta dalla Commissione che potrà così chiedere delle sanzioni pecuniarie per l’Italia.
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