Secondo i giudici del Lussemburgo, dal 2010 al 2018, sono stati “sistematicamente e continuativamente oltrepassati i valori limite annuali di biossido di azoto”, causato in primo luogo dal traffico veicolare nelle conurbazioni di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma, Genova e Catania. Questa è la motivazione con cui la Corte di Giustizia UE ha accolto un ricorso della Commissione europea nell’ambito di una procedura di infrazione.
Le motivazioni della Corte
La Corte europea ritiene che, l’Italia non abbia adempiuto agli obblighi di provvedere al contenimento dei valori limite annuali di NO2, sistematicamente e continuativamente oltrepassati:
- a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2018 incluso, negli agglomerati di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma e nel comune di Genova;
- a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2017 incluso, nella zona A – pianura altamente urbanizzata;
- a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2012 e a partire dall’anno 2014 fino all’anno 2018 incluso, nell’agglomerato di Catania;
- a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2012 e a partire dall’anno 2014 fino all’anno 2017 incluso, nelle zone industriali.
Inoltre, a partire dall’11 giugno 2010 non ha adottato le misure necessarie a garantire il rispetto del valore limite annuale di NO2 nelle zone suddette e, in particolare, non ha preso alcun provvedimento affinché i piani relativi alla qualità dell’aria contemplassero delle misure finalizzate a limitare il superamento della soglia limite nel minor tempo possibile.
Secondo la Corte, il superamento del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto, pari a 40 μg/m3, è già sufficiente a considerare l’Italia inadempiente all’obbligo previsto dall’art. 13 della direttiva 2008/50/CE.
Inoltre, il fatto che l’Italia abbia superato i limiti nel tempo, dimostra che le misure adottate sono state inefficaci, violando così l’obbligo di limitare nel tempo il superamento al periodo più breve possibile previsto dall’art. 23 della direttiva 2008/50/CE.
Giustificazioni non accolte
Infine, le giustificazioni addotte dal nostro Paese non sono state ritenute valide dall’organo di giustizia europeo, tra cui: le difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, gli investimenti di grande portata da mettere in opera, la tendenza al ribasso dei valori di diossido di azoto, i tempi di attuazione necessariamente lunghi dei piani adottati.
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