Dal punto di vista dei cambiamenti climatici, davanti a noi ci sono delle sfide enormi, ma le azioni che si possono mettere in campo sono molteplici ed ogni settore deve fare la sua parte. Come emerge dall’ultimo rapporto intitolato “Climate Change 2022: mitigation of climate change” del Panel scientifico sui cambiamenti climatici dell’Onu – Ipcc, presentato in data odierna al webinar organizzato dalla Fondazione Cmcc – Centro euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, che ospita il Focal Point Ipcc per l’Italia. 

Il rapporto

Il terzo volume (WGIII) del Sesto rapporto di valutazione dell’lpcc sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, si focalizza su tutte quelle azioni volte a limitare o prevenire le emissioni di gas serra nell’atmosfera, dove per la prima volta viene incluso un capitolo dedicato all’innovazione e al progresso tecnologico per la decarbonizzazione.

Nel rapporto si evidenzia come le emissioni di gas serra siano aumentate significativamente dal 2010 al 2019: in quest’anno sono arrivate ad essere superiori del 54% rispetto al 1990. La pandemia ha contribuito a ridurre le emissioni di CO2 nella prima metà del 2020, ma poi sono inevitabilmente risalite entro la fine dell’anno con la ripresa dell’economia.

Gli scenari più tragici prevedono aumenti di 5 gradi fino alla fine del secolo, ma grazie alle leve tecnologiche a disposizione, si potrà migliorare e stabilizzare il clima rimanendo entro 1,5°C. 

Come afferma Massimo Tavoni, Rff-Cmcc European Institute on economics and the environment, Politecnico di Milano, autore del report Ipcc: “C’è tanto da fare e va fatto velocemente, perché le emissioni sono continuati a salire. Al 2030 bisognerà ridurle del 43% rispetto ai livelli del 2019, quindi occorre uno sforzo immediato che riguarda la riduzione della CO2 e, del metano di quasi un terzo, ovvero del 34% nello tesso periodo”.

L’importanza di riallocare gli investimenti verso le rinnovabili

investimenti
fonte Ipcc

Il net zero si potrà raggiungere in diversi modi, ma bisognerà intervenire nei diversi settori soprattutto attraverso la tecnologia e gli investimenti. Proprio su questo fronte, il rapporto riscontra una carenza e riporta il divario che cambia a seconda del tipo di settore e di Paese, come ad esempio in quelli che si stanno industrializzando. Comunque, il rapporto evidenzia che le disponibilità di capitale ci sono a livello di investimenti e dunque la sfida di chiudere il gap riguarda più i Paesi in via di sviluppo, anche se, nei Paesi sviluppati vanno riallocati dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili.

I settori su cui intervenire per dimezzare le emissioni al 2030

Esistono soluzioni diverse per arrivare ad una economia a zero emissioni e diversi sono ovviamente i settori su cui intervenire, tra di essi vi sono:

  • il settore dell’energia che deve spingere verso una transizione profonda passando ad un sistema ad energia pulita, riducendo i combustibili fossili, elettrificando la maggior parte degli edifici, della mobilità e dei trasporti; il rapporto contempla anche i biocombustibili e l’idrogeno;
  • i trasporti, il rapporto si concentra sulle tecnologie a basse emissioni come i veicoli elettrici e la tecnologia delle batterie, nonché sul settore marittimo e aereo;
  • gli edifici: qui si può raggiungere lo zero netto entro il 2050, esistono già esempi di edifici che garantiscono zero emissioni;
  • l’industria: importanti le sfide da raccogliere nel riutilizzare, riciclare e minimizzare gli sprechi, questi metodi non sono ancora utilizzati appieno e, nel rapporto, si parla dell’importanza di impiegare materiali a basse emissioni;
  • città e aree urbane qui si evidenzia l’importanza dell’elettrificazione e di utilizzare tutte le opzioni per la cattura della CO2.
  • i servizi: questo è il primo rapporto che si focalizza anche sui servizi, si discutono opzioni come l’utilizzo della bicicletta, la riduzione dell’utilizzo dell’aereo e la capacità di adeguare abitazioni ed edifici. Importanti anche i cambiamenti comportamentali e le infrastrutture. Entro il 2050, una combinazione di politiche efficaci, migliori infrastrutture e tecnologie che favoriscono un cambiamento comportamentale ha il potenziale per permettere una riduzione delle emissioni di gas serra tra il 40 e il 70%;
  • l’agricoltura e altri usi del suolo possono avere un ruolo nell’immagazzinare CO2.

La riduzione dei costi delle tecnologie per produrre le rinnovabili

fotovolatico eolico IPCC CMCC

Nel rapporto, si rileva come i costi delle tecnologie per produrre energia pulita da fonti rinnovabili sono diminuiti a partire dal 2010, soprattutto delle tecnologie fotovoltaiche ed eoliche, che oramai costano quanto le tecnologie fossili. Rispetto all’ultimo rapporto del 2010, il mercato delle rinnovabili e del trasporto elettrico è cambiato significativamente, permettendo di avere tecnologie pronte ad essere diffuse a livello commerciale.

Le leve della tecnologia e dell’innovazione 

tecnologia e innovazione

Elena Verdolini, Rff-Cmcc European Institute on economics and the environment, Università di Brescia, autrice del report Ipcc, afferma: “Le due leve che abbiamo attualmente per decarbonizzare e mitigare i cambiamenti climatici sono le tecnologie e l’innovazione che giocano un ruolo fondamentale, pertanto dobbiamo spingere la ricerca e le nuove tecnologie per aiutarci a decarbonizzare. A questo fine, sono quindi necessarie politiche favorevoli all’innovazione e alla ricerca. Inoltre, bisogna lavorare sui processi decisionali, superare le potenziali barriere che ostacolano le tecnologie, queste ci sono, ma vanno ancora portate su larga scala. La seconda leva è quella della politica, delle regole e degli strumenti economici: occorre impostare standard tecnologici e promuoverli attraverso le politiche; ci sono dei costi-opportunità che sono stati gestiti in maniera ottimale attraverso l’utilizzo di politiche combinate. Dunque, il rapporto dimostra che c’è stato un decennio di azione per promuovere la mitigazione dei cambiamenti climatici, seppur con differenze nel mondo. Il messaggio del report è: ci sono le tecnologie, abbiamo sperimentato le politiche, il tempo per agire è adesso”.

Il ruolo degli edifici 

Gli edifici sono tra i settori inevitabilmente analizzati nel rapporto, in quanto legati ad ogni aspetto della nostra vita. Le loro emissioni sono dirette ed indirette e sono aumentate del 55% dal 1990 al 2019, a causa dell’aumento di richiesta di superficie. 

L’efficienza energetica, come illustrato da Paolo Bertoldi della Commissione Europea DG Jrc, ha compensato in parte questi aumenti di emissioni in seguito alla superficie pro-capite aumentata.

“Le soluzioni per mitigare le emissioni negli edifici ci sono, basta implementarle, afferma. Ora, gli edifici grazie ai regolamenti e alle ristrutturazioni devono essere più efficienti per poter essere a zero emissioni. Il loro costo si è ridotto negli anni divenendo accettabile, l’attenzione si deve rivolgere ai materiali che dovranno essere sempre più sostenibili e derivare dalla demolizione di edifici o da edifici in legno. Secondo il rapporto, al 2050 si possono ridurre le emissioni del 60%, ma solo imprimendo un’accelerazione perché ora il tasso di rinnovo degli edifici è all’1%. Non ci si deve focalizzare sul superfluo, si possono ridurre gli spazi o creare spazi condivisi, riducendone la domanda. Inoltre, le fonti rinnovabili saranno sempre più integrate al loro interno”. 

La necessità di creare una multigovernance

Conclude Bertoldi: “A livello regolamentare ci siamo, ma bisogna creare competenze tecnologiche e una giusta governance per offrire maggiori competenze e potere decisionale alle città e alle regioni, creando così una multi-governance. Infine, bisogna creare strumenti di supporto sia attraverso i finanziamenti pubblici che attraverso quelli privati nella prospettiva di creare benessere per tutti”.

L’uso del suolo negli scenari di mitigazione

Agricoltura, foreste e altri usi del suolo possono contribuire a ridurre le emissioni di gas serra su larga scala e a rimuovere e immagazzinare CO2, non solo, possono anche fornire materie prime per permettere la mitigazione all’interno di altri settori come ad esempio l’energia, l’industria o l’edilizia.

Il potenziale di mitigazione del settore viene stimato in un 20-30% nel 2050 nel percorso verso 1,5°C, mentre il suo potenziale economico di mitigazione è stimato tra 8-14 GtCO2-eq anno-1 tra il 2020 e il 2050.

La maggior parte delle opzioni di mitigazione del settore sono attualmente disponibili e possono avere un impatto positivo sulla biodiversità, la qualità dell’aria, la produttività del suolo e il benessere umano. Il potenziale delle attività rimane elevato, ad esempio in agricoltura i benefici possono derivare dalla gestione del carbonio nel suolo di terreni coltivati, agroforestry e gestione del bestiame, non si esclude nemmeno la Beccs, bioenergia con cattura e sequestro della CO2 attraverso la Ccs.

Nonostante l’alta potenzialità di mitigazione legata ad una gestione sostenibile del territorio che massimizzi i benefici di mitigazione, adattamento, biodiversità e contrato al degrado del suolo, permangono delle barriere quali: l’assenza di un supporto istituzionale e finanziario e una governance debole. Tra i rischi invece: Beccs e rimboschimenti su larga scala potrebbero creare dei problemi per quanto riguarda la sicurezza alimentare. 

Concludendo, il rapporto mette in luce la necessità di uno sforzo collettivo che dipende più dalla dalla volontà di voler mitigare i cambiamenti climatici, che dall’assenza di strumenti per attuarla, ma bisogna accelerare ed è solo tagliando le emissioni in tutti i settori che si può raggiungere l’obiettivo di rimanere entro 1,5°C. 


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Professionista delle Relazioni Esterne, Comunicazione e Ufficio Stampa, si occupa di energia e sostenibilità con un occhio di riguardo alla moda sostenibile e ai progetti energetici di cooperazione allo sviluppo. Possiede una solida conoscenza del mondo consumerista a tutto tondo, del quale si è occupata negli ultimi anni.