Il suo ciclo pittorico è caratterizzato dalla consapevolezza che la situazione climatica e ambientale sia arrivata ad un punto di urgenza tale che ognuno debba fare la sua parte con ogni mezzo a disposizione.
Per Marco Angelini è l’arte a raccontare “un mondo che corre e consuma senza digerire”, ma non si limita a questo: le sue opere sono composte da elementi che non sono da considerarsi “scarto”, poiché sono ancora a nostra disposizione per gli impieghi più svariati. Canale Energia intervista il pittore.
Le sue opere vengono definite un crogiuolo di sostenibilità, come ad esempio nel caso del ciclo di opere “Solar panel cycle” dove vengono integrate vecchie celle fotovoltaiche su tele dipinte. Quindi, anche attraverso l’arte uno scarto può diventare risorsa?
Il ciclo di opere “Solar panel cycle”, realizzate nel 2018, è caratterizzato dall’uso di pannelli fotovoltaici di scarto. Successivamente, nel 2021, ho realizzato un altro ciclo di opere su polistirene utilizzando celle fotovoltaiche in disuso. Sempre nel 2021 ho realizzato altre opere con celle fotovoltaiche. Avrò l’occasione di mostrare queste ultime a marzo 2022, durante una mia personale a Santiago del Cile, presso la sede dell’Istituto Italiano di Cultura.
La mostra, a cura di Raffaele Gavarro, storico dell’arte e curatore, avrà come titolo “La ricerca della salvezza come impegno”. Come scrive Gavarro nel suo testo critico per la mostra, parole che cito perché mi ritrovo perfettamente, “il mio lavoro è connesso, da una parte alla consapevolezza di essere giunti ad un confine, ad un momento appena precedente la catastrofe, e dall’altra di come proprio la tecnologia possa essere la salvezza; ma non da ultimo di quanto l’arte possa essere la via per raggiungere quella stessa salvezza”.
Quindi sì, uno scarto può decisamente diventare una risorsa. Nella mia ricerca artistica sono partito, ormai tanti anni fa, dall’utilizzo di materiali di recupero per proseguire con sperimentazioni su metalli e plastiche. A volte, i materiali diventano la superficie pittorica sostituendosi alla tela, come nel caso del polistirolo, dell’alluminio o del ferro. Altre volte, sono materiali di riciclo appunto, come chiodi, viti, nastri di registrazione, pellicole fotografiche che imprimo sulle tele.
Perché la scelta di cristallizzare sulla tela gli scarti materiali o i materiali da riciclo come carta, cellophane, chiodi, viti, nastri di registrazione e pellicole fotografiche?
Gli oggetti cristallizzati sulla tela hanno una loro storia, perché nati per l’utilizzo e vissuti da qualcuno, chissà in quale spazio e tempo.
Rifletto a lungo per decidere come sistemarli sulla superficie o quali materiali scegliere, ma il processo di creazione è rapido, anche se spesso avviene in più riprese. Considero il mio processo creativo fisico, oltre che mentale, poiché gli oggetti e i materiali che utilizzo sono destinati nel tempo a trasformarsi. Ad esempio, i metalli che si ossidano, la ruggine che avanza e le colle viniliche che, cambiando colore, individuano nuove possibilità espressive.
Da dove nasce l’attenzione e l’interesse per l’energia e la sostenibilità ambientale? Quali altre sue opere, e attraverso quali materiali, comunicano maggiormente il messaggio della logica del riuso?
Oggi in un mondo che corre e consuma senza digerire, non rimane che il rifiuto. Pongo perciò l’accento sulla necessità di non considerare “scarto” elementi e oggetti che hanno perso soltanto il loro “simulacro di modernità”. Per questo motivo li assemblo nelle opere, ricordando che siamo chiamati a fare “gesti” e, come consumatori, ogni scelta è una presa di posizione. Nelle mie opere gli oggetti scartati dalla società (ma appunto non digeriti) acquisiscono una vita più duratura e una loro dignità estetica.
Cristallizzati nei miei lavori, gli oggetti testimoniano la tecnologia del passato: vecchi telefoni cellulari, carica batterie, lampadine, spine e placche elettriche, schede madri di computer potranno essere visibili per le generazioni future. Ci sono anche palette e rastrelli per bambini, palle da tennis alterate nei colori originari, fili di lana, gocce di cristallo di lampadari anni ’60, utensili da cucina, spugne per lavare i piatti, guarnizioni di caffettiere, vecchie autoradio, orologi e spazzolini. Insomma, un caleidoscopio di oggetti che ci ricordano ambienti familiari e a volte ci fanno sorridere e pensare a un’arte scevra da ogni malessere perché ironica e giocosa.
La scienza, da ormai diversi anni, influenza una parte della mia creazione artistica. Penso che un artista lavori nella stessa direzione di un ricercatore scientifico: indaga, esplora, contamina. La forza creativa dell’Uomo è, del resto, la prima energia a disposizione. L’artista, come lo scienziato, diviene colui che è in grado di rispondere all’esigenza di evoluzione e mutamento. L’artista, prestando la sua arte alla scienza e prendendo da essa, fa in modo che possano costruirsi nuovi paradigmi.
Cosa le preme che arrivi a chi osserva le sue creazioni? Forse una nuova consapevolezza sul mondo che ci circonda e i suoi mutamenti climatici?
Con le mie opere non voglio innescare una dialettica o direzionare lo spettatore. Ritengo che l’opera d’arte debba fare da specchio all’anima, creando quel meccanismo di proiezione che consente di liberare ciò che è dentro.
Credo con forza che l’arte possa svolgere un decisivo ruolo sociale: quello di donare visibilità alle cose, generare attenzione e creare così nuove possibilità di condivisione, comunicazione e interrogazione.
Da dove ricava i diversi materiali utilizzati? Sono questi ad ispirarla di volta in volta oppure è l’idea a guidarla verso ciò che le occorre per costruire le sue opere?
È l’idea a guidarmi verso ciò che mi occorre per costruire le opere.
Ad esempio, la creazione di questo ciclo di lavori sui pannelli solari è nato da lunghe conversazioni con l’ing. Andrea Girelli, business development manager del Gruppo Inveco, che nel business delle energie rinnovabili guida la progettazione e la realizzazione di impianti fotovoltaici e che mi ha donato alcuni pannelli fotovoltaici in disuso. Successivamente, e grazie a lui, sono entrato in contatto con Jinko Solar che mi ha spedito le celle fotovoltaiche in donazione.
Come riesce a rendere le sue opere maggiormente divulgative? Ho letto di una sua peculiare strategia di esposizione.
Credo molto nella collaborazione finalizzata a creare sinergie tra Arte e Impresa. L’idea è quella di esporre le opere in luoghi differenti per diversificare il pubblico dell’arte: quindi eventi fieristici all’interno degli stand d’impresa (arte in azienda, collezionismo d’impresa) oltre che in gallerie o musei (l’azienda incontra il mondo dell’arte). L’obiettivo è far in modo che attraverso l’arte si parli di energia e sostenibilità ambientale e sollecitare il mecenatismo (collezionismo) d’impresa.
L’arte può essere un megafono per l’economia circolare? Può aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica e a diffondere la conoscenza sul tema?
Un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua eco-sostenibilità può rappresentare il futuro per il Pianeta.
Se il ministero dello Sviluppo economico può favorire una riconversione produttiva per un migliore utilizzo delle risorse (un modello di economia dunque che mantiene il più a lungo possibile il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse e che riduce al minimo la produzione di rifiuti), l’arte può sicuramente aiutare a diffondere consapevolezza.
Com’è cambiato il mondo dell’arte e come è stato capace di assorbire i principi della sostenibilità?
Per rispondere alla prima parte della domanda, vorrei citare una parte di testo del libro “L’arte senza l’arte” di Gavarro: “L’arte di oggi da una parte vive la vita del tempo in cui è, ma dall’altra si sposta anche fuori da quel proprio sé che non corrisponde più allo stesso tempo nel quale siamo. Questa incertezza o difficoltà corrisponde soprattutto alle incertezze e difficoltà nelle quali tutti noi siamo nell’apparente banalità della vita quotidiana”.
Sempre più artisti lavorano nel campo dell’arte sostenibile.
Il concetto di arte sostenibile può essere in relazione alle questioni ambientali che affrontano o criticano alcuni artisti nelle loro opere d’arte o in relazione ai materiali principalmente riciclati di cui sono fatti i loro lavori.
A mio avviso, l’arte sostenibile è l’arte in armonia con i principi chiave della sostenibilità, che includono ecologia, giustizia sociale, non violenza e democrazia di base.
Una panoramica di alcune sue opere si può visualizzare al seguente link.
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