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Decarbonizzare entro il 2050 è l’imperativo, ma bisogna farlo secondo una tabella di marcia ben precisa, soprattutto nei settori energivori come acciaio, chimica, ceramica, carta, vetro, cemento e fonderie. 

Questi settori dovranno svilupparsi in modo sostenibile, come emerso dallo studio “Strategia per la decarbonizzazione dei settori Hard to abate”  presentato l’8 luglio, al presidente di Confindustria Carlo Bonomi e redatto da Interconnector energy Italia, Federbeton, Federacciai, Assocarta, Confindustria Ceramica, Federchimica, Assofond e Assovetro in collaborazione con Boston consulting group. 

Le possibili soluzioni per la decarbonizzazione 

Ciò che emerge dallo studio è che nei settori “Hard to abate”, la decarbonizzazione può essere attuata solamente attraverso un portafoglio diversificato di soluzioni. 

Per ridurre le emissioni dirette previste fino al 40% entro il 2030, bisogna mettere in campo elementi complementari, quali: efficienza energetica, combustibili low carbon, economia circolare, cattura della CO2, green fuels (idrogeno e biometano) ed elettrificazione. Queste ultime tre leve, sono considerate le più innovative e, in quanto tali, quelle che consentono di conseguire gli obiettivi nel lungo periodo. Da sole potrebbero ridurre le emissioni del 70/80% nei settori suddetti, invece, economia circolare, combustibili low carbon ed efficientamento energetico potrebbero contribuire alla riduzione per un ulteriore 15-20%.  

Ovviamente, le leve alternative per essere implementate necessitano ancora di un processo di ricerca e sviluppo da qui ai prossimi 10 anni, dato che la loro maturità e sostenibilità economica non è stata ancora raggiunta. 

Gli investimenti necessari

Se gli investimenti fossero gestiti in Italia, questo percorso di transizione impatterebbe positivamente sul Pil per circa 10 miliardi fino al 2030 e sosterrebbe 150 mila posti di lavoro. 

L’analisi ha individuato delle aree strategiche fondamentali per il successo del piano di transizione al 2030, valutando in circa 15 miliardi di euro l’ammontare del costo totale necessario alla realizzazione del piano e ipotizzando 13 capitoli di evoluzione regolamentare con lo scopo di creare  le condizioni più adatte alla messa a punto delle leve individuate.

Per ciò che concerne la parte economica, lo studio prevede la predisposizione di un piano di fondi strutturato a cui andranno abbinati, oltre ai meccanismi di sostegno previsti come ad esempio i certificati verdi o i Tee, strumenti di accesso all’energia verde competitiva. 

I cambiamenti normativi da attuare 

I cambiamenti normativi ipotizzati nello studio hanno la finalità di: facilitare l’implementazione delle leve di decarbonizzazione tradizionali come i combustibili a basso contenuto di carbonio, l’economia circolare e l’efficientamento energetico, definire una regolamentazione dedicata all’idrogeno e alla cattura della CO2, supportare l’economia green sostenendo l’acquisto di prodotti decarbonizzati presso la pubblica amministrazione, le aziende e i clienti privati.

I settori energivori sono il cuore dell’economia italiana e della nostrana industria manifatturiera, generando 350.000 posti di lavoro diretti, che arrivano a 700 mila se si considera l’indotto. Già oggi, dopo 20 anni passati a migliorare la propria impronta carbonica, costituiscono un esempio internazionale in termini di circolarità ed efficienza energetica. 

Antonio Gozzi, presidente di Interconnector energy Italia e rappresentante dei settori “Hard to abatedichiara: “Il successo di questo percorso dipende da un approccio di sistema, in cui tutti gli attori della supply chain devono essere coinvolti per identificare soluzioni infrastrutturali e distrettuali che garantiscano accesso alle leve di decarbonizzazione alle migliaia di impianti emissivi sparsi per il territorio nazionale” .

“L’industria Hard to abate”, afferma Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, a cui è stato anticipato nei giorni scorsi lo studio in un incontro al Mise, “ha presentato una serie di risoluzioni verticali che afferrano il grande tema della transizione ecologica: passare da un punto A, la situazione iniziale, a un punto B, l’approdo al quale siamo tutti chiamati ad arrivare. Ha trovato il governo coeso nell’ascoltarli e nel lavorare insieme per questa grande trasformazione economica, sociale, ecologica”.

“C’è il nostro impegno per coordinarci come governo per arrivare a produzioni che siano ambientalmente sostenibili”, sostiene Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico,l’impatto delle decisioni europee in Italia sono diverse, più impegnative rispetto a quelle di altri paesi e quindi il nostro sforzo deve essere superiore. Naturalmente non solo non ci scoraggiamo ma siamo tutti allineati per metterci al lavoro”.


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