Dopo la pandemia, un aspetto che cambierà sicuramente è quello della mobilità. Questa dovrà essere a livello locale e nazionale sempre più sostenibile ed intermodale, magari utilizzando come paradigma gli atenei universitari. Questi infatti, attraverso le linee guida dettate dalla “Agenda nazionale per la mobilità sostenibile, l’accessibilità e il diritto allo studio”, potranno essere rilanciati attraverso una mobilità attiva e condivisa. Alla base delle azioni strategiche indicate dall’Agenda, le indicazioni pervenute dalla “Seconda indagine nazionale sulla mobilità casa-lavoro nelle università italiane” per comprendere le scelte di spostamento verso e da, le sedi universitarie italiane, durante e dopo la pandemia.
La visione del mondo accademico sulla mobilità sostenibile
Sul tema, la rettrice dell’università Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni, ha aperto la presentazione dell’Agenda, ieri 7 giugno, durante il Convegno nazionale del Gdl (Gruppo di lavoro) mobilità della Rus, Rete delle università per lo sviluppo sostenibile, affermando: “La mobilità sostenibile è un tema molto caro a questa università, dato che pure Bicocca era collegata male, ora invece abbiamo la metro, il treno e l’aspetto culturale della mobilità sostenibile nel suo complesso è migliorato. In Bicocca, la mobilità dolce viene incentivata, anche perché l’Italia è indietro rispetto ai casi virtuosi europei. Quest’ultima e i mezzi pubblici devono essere obiettivo della transizione ecologica. Sarà importante inserire anche dei corsi per i nostri studenti su questi temi e sulle modalità per costruire una mobilità sostenibile. Infine, è necessaria una policy che coordini a livello centrale queste scelte”.
La professoressa Patrizia Lombardi, presidente della Rus, dichiara: “Il tema della mobilità è fondamentale per la sostenibilità dei territori, questo è uno studio importante perché indagando lo spostamento della popolazione universitaria, possiamo capire cosa sta cambiando e aiutare nella governance i nostri atenei, che incidono nella pianificazione delle politiche urbane, tema particolarmente importante oggi. L’80% delle risposte pervenute sono degli studenti, che con le loro abitudini di spostamento dicono molto sul tema del diritto alla mobilità, allo studio e alla formazione, nonché sulla qualità dello spostamento, dato che perdono del tempo prezioso per spostarsi e lo sottraggono allo studio. La condivisone dovrebbe diventare uno stile di vita, mi preme sottolineare che il tema è trasversale e può essere messo insieme al tema dell’educazione e della sostenibilità”.
La visione del mondo politico
Il ministro dell’università e della ricerca, Maria Cristina Messa sostiene: ”La rete Rus è nata perché le università costituiscono il modello dei nostri aspetti sociali e della mobilità, oltre che della formazione. E’ molto importante essere “mobili” perché questo dà originalità di pensiero e amplia la nostra esposizione al mondo. Io credo che bisognerebbe agire sullo strumento mobilità piuttosto che sulla creazione di piccoli poli universitari suddivisi in micro unità sparse. E’ chiaro che la visione è quella di una università come luogo fisico, perché permette degli scambi più immediati”.
Il ministro Messa ha parlato del fatto che l’università va aiutata affinché sia accessibile a tutti, il Recovery cerca di dare una piccola spinta a riassestare il sistema, investendo 1 miliardo di euro in residenze per studenti e 500 milioni per l’aumento delle borse di studio. Sono tante anche le iniziative da mettere in campo grazie ai fondi nazionali, per includere sempre di più e facilitare la frequentazione del luogo fisico.
“Un altro tema fondamentale è quello del tempo, continua il ministro, gli studenti spesso devono percorrere 3 ore in una giornata. I tempi sono dettati dalla nostra società e in questo la qualità della mobilità deve essere presente. La Dad è stata fondamentale ed ora può diventare uno strumento complementare, non esclusivo, mantenere la centralità del luogo è molto importante. Abbiamo già utilizzato dei fondi per informatizzare le università, che saranno destinati ad aiutare gli studenti in maniera trasversale a ricominciare in presenza. Sulla mobilità sostenibile, centrale è l’aspetto formativo oltre che informativo, e quello della tecnologia che la può rivoluzionare”.
Il ministro delle infrastrutture e mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, afferma: “L’indagine svolta fa capire quanto sia cambiata la realtà e quanto cambierà. Il monitoraggio svolto andrà ripetuto, perché il cambiamento che avverrà sarà il combinato disposto del mutamento dell’offerta e della domanda. La comunità universitaria è molto più che seguire dei corsi, dunque il modo con cui la didattica sarà organizzata in futuro farà la differenza”.
Fondamentale il tema della flessibilità, in quanto si dovrà essere in grado di cambiare le politiche di trasporto locale e i comportamenti dell’intero sistema socio-economico, adeguando l’offerta alla domanda ed influenzando quest’ultima. Nel decreto “Sostegni 2”, sono state mobilitate delle risorse per cui nelle città con oltre 50 mila abitanti, ci saranno dei mobility manager, che aiuteranno a decongestionare le città. Anche nel Pnrr sono stati previsti 600 milioni di euro per la mobilità dolce, di cui 200 milioni destinati alla creazione di ciclovie urbane e 400 milioni per quelle turistiche. Inoltre, con un altro decreto, sono stati stanziati oltre 4 milioni di euro per un progetto sperimentale in alcuni comuni, che prevede la realizzazione di piste ciclabili per collegare le stazioni ferroviarie ai poli universitari. Il ministro sostiene fermamente che si debba favorire la mobilità attiva costruendo piste ciclabili che colleghino le stazioni alle università, e il ministero sta lavorando con le università per fare questo passaggio.
Continua il ministro: “Se noi distribuissimo lo smart working su tutta la settimana lavorativa alleggerendo i mezzi pubblici, renderemmo più felici le persone, perché è considerato tempo perso e faticoso. Dobbiamo offrire trasporti migliori e meno intasati nelle ore di punta. Le amministrazioni locali devono orientare la domanda, migliorando i servizi, aumentando la frequenza e creando incentivi per muoversi in orari non di punta per chi non lavora e non studia”.
Dai dati Aci, solo 1 giovane su 8 sogna una automobile propria, questo è un cambiamento epocale rispetto al passato. “Invito la rete a mettere in correlazione questi dati per capire cosa sta succedendo nel mondo giovanile”, continua. Per ciò che concerne l’educazione alla mobilità attiva, si può e si deve fare molto: ad esempio, prevedere dei corsi per evitare gli incidenti aumentati in seguito all’utilizzo dei monopattini, insegnando l’utilizzo corretto di questi strumenti.
Il ministro Giovannini conclude facendo un parallelismo tra gli spazi di co-working disseminati nelle città, evitando così di andare tutti nello stesso luogo e incentivando l’utilizzo della mobilità attiva, con gli spazi di co-studying che si potrebbero creare tra atenei della stessa città o regione, prevedendo delle sperimentazioni in tal senso, dato che le università sono luoghi di innovazione.
Ha concluso questa sessione, il presidente della Crui, Ferruccio Resta, dichiarando: “Le evoluzioni tecnologiche sono nulle rispetto a come è cambiata la sensibilità dei giovani sul tema della mobilità, il che riflette un cambiamento culturale. Pnrr e Recovery hanno nella mobilità l’asset più importante: pensiamo alle infrastrutture sensorizzate che gestiscono il traffico e la sicurezza, che non significa solo ferro, ma anche piste ciclabili, infrastruttura concreta a tutti gli effetti. Aggiungo che la dimensione normativa deve crescere a fianco di quella tecnologica e la prima non deve subire queste evoluzioni. La vera sfida è trovare un equilibrio tra formazione in presenza e mobilità e sono sicuro che troveremo soluzioni creative ed efficaci”.
L’indagine nazionale sulla mobilità casa-lavoro nelle università italiane
Il Gruppo di lavoro sulla mobilità della Rus ha delineato le linee guida con l’obiettivo di rilanciare negli atenei italiani una mobilità multimodale, connessa, condivisa, elettrica e attiva, sulla base dei risultati ottenuti dalla “Seconda indagine nazionale sulla mobilità casa-lavoro nelle università italiane”.
Questa è la seconda indagine, svolta a luglio 2020, dopo la prima del 2016, realizzata attraverso un questionario somministrato a tutto il personale universitario di 51 atenei, con la finalità di comprendere come e cosa scelgono per gli spostamenti da e verso le università.
Gli scenari di rilevazione sono stati 3, uno pre-covid e due successivi al covid: uno più ottimistico che suppone che il virus sia stato debellato, ed uno più pessimistico, dove il virus è ancora pericoloso.
Sono state quindi valutate le intenzioni di spostamento della comunità universitaria: nello scenario pessimistico, più di un terzo vuole spostarsi in modo diverso rispetto a prima, ma sempre in base a ciò che si ha a disposizione come mezzo. Nello scenario ottimistico ovviamente, questa propensione rimane bassa al 18,3%. Sarebbero leggermente più propensi al cambiamento gli studenti maschi e gli abitanti delle grandi città insieme al personale più giovane.
La modalità prevalente rimane il trasporto pubblico, al 60,8% per gli studenti; per il personale tecnico amministrativo, il mezzo preferito rimane l’auto e la moto con il 52,3%, a cui seguono i docenti e ricercatori con il 47,2%.
La mobilità attiva si difende con gli studenti che ne fanno uso al 19,5% e i docenti-ricercatori al 18,8%, quindi gli studenti sono comunque i più virtuosi.
L’utilizzo della bicicletta che vede una leggera preponderanza del personale docente dipende dalle distanze da ricoprire.
Ad incidere è la dimensione della città e dell’ateneo: il trasporto pubblico è preponderante nelle città e negli atenei di grandi dimensioni. Nello scenario pessimistico, il ritorno ad un maggiore utilizzo dell’auto resiste.
Per quanto riguarda le intenzioni di acquisto dei diversi mezzi di trasporto, la bicicletta si attesta al 5%, il monopattino elettrico al 4,5% e l’auto elettrica al 4%.
Leggendo il fenomeno dal punto di vista della sostenibilità, questa va di pari passo con la multimodalità, per la quale bisogna creare le migliori condizioni affinché si sviluppi. Il 53% delle persone si sposta già in modo multimodale, facendo un giusto mix tra bici, treno o metro.
Rispetto alla prima indagine del 2016, si riscontra comunque nelle diverse aree del Paese un aumento delle quote della modalità pienamente sostenibile attraverso la combinazione tra sharing, mobilità attiva e mezzi pubblici, mentre sono diminuite le quote del “moderatamente sostenibile”.
La professoressa Elena Maggi dell’università dell’Insubria e la professoressa Eleonora Perotto, mobility manager del politecnico di Milano, hanno illustrato le propensioni al cambiamento delle abitudini di spostamento della popolazione universitaria ai tempi del Covid.
Ebbene, dallo studio emerge che, chi sceglieva la bici e la modalità pedonale prima del Covid-19, rimane su questa scelta, sia nello scenario 1 ottimista, che nel secondo più pessimista.
Il 41,3% degli intervistati ha dichiarato che è disposto a passare alla mobilità attiva per recarsi all’università, anche in abbinamento con altri mezzi per distanze maggiori ai 30 minuti. Una maggiore propensione si ha nelle regioni del nord, in seguito al fatto che qui c’è una maggiore offerta di mobilità intermodale e piste ciclabili. Incide anche l’età delle persone, i giovani maschi studenti-ricercatori e lavoratori fuori sede, sono più disposti ad utilizzare la mobilità attiva.
I fattori incentivanti al cambiamento nella mobilità
I fattori incentivanti al cambiamento per la mobilità pedonale, sono: la qualità del percorso in termini di sicurezza, traffico, pulizia e disponibilità di marciapiedi. Ad esempio, il percorso verde è il più gettonato dagli studenti fuori sede.
I fattori che incentiverebbero ad un maggior utilizzo della mobilità ciclabile, sono: parcheggi sicuri all’interno dell’università, un percorso sicuro rispetto al traffico e la bicicletta trasportabile su autobus o treno.
L’incentivo economico ha un peso maggiore per i più giovani e gli studenti fuori sede, per i quali incide il capitale di mobilità, ma c’è un’elevata intenzione di acquisto per il futuro.
Il Maas (Mobility as a service) è un servizio che permette di avere un unico abbonamento a forfait combinato per utilizzare più mezzi di trasporto (sharing, taxi e mezzi pubblici) gestendolo tramite app o tesserino universitario. L’81% sarebbe interessato a questo tipo di servizio, mentre il 18% evidenzia un sistema di mobilità carente nei piccoli centri ed atenei. Aumenta l’interesse per chi vive in centri più grandi in seguito alla maggiore offerta disponibile.
Il car pooling, ovvero il servizio che permette di condividere uno spostamento in automobile con altre persone, trova il 29% delle persone ben disposte al suo utilizzo nell’immediato, mentre nel prossimo futuro, questa percentuale sale al 50%, e in uno scenario post covid la propensione sale all’85%. Gli studenti uomini sono quelli più interessati trasversalmente al car pooling rispetto ai lavoratori, e i fattori che spingerebbero maggiormente al suo utilizzo sono: un servizio organizzato all’università, un incentivo economico e la disponibilità di parcheggi riservati.
Il park&ride è un sistema di trasporto che vuole incoraggiare i conducenti a lasciare il proprio mezzo fuori città e raggiungere il centro con il servizio pubblico. Il 29%, dato “altro”, comprende chi già fa p&r, il 32% potrebbe valutarlo e anche il 39% solo a patto che si eliminino le tariffe dei parcheggi presso l’università. Gli studenti sono ben disposti al p&r, più dei lavoratori e dei professori, meno interessati.
Tra i fattori che incentivano il p&r: la disponibilità di mezzi pubblici ad alta frequenza e la disponibilità di un servizio per studenti e dipendenti dell’università.
Quindi concludendo, nel complesso c’è una buona propensione al cambiamento della mobilità, pari al 41% per la mobilità attiva, 81% per Maas, 50% per car pooling e il 71% per il park&ride.
Le politiche per la mobilità devono tenere conto di diversi fattori come le caratteristiche degli utenti e il contesto di riferimento. Serve un mix appropriato di interventi, tra cui spicca l’importanza del mobility management e della collaborazione con il territorio.
La geografia del sistema universitario in Italia
Da un’attenta osservazione del territorio, emerge che ha le proprie specificità ed occorrono delle politiche efficaci che risolvano i problemi locali, fondendo in questo modo profilo nazionale e locale.
Dove si trovano gli studenti universitari?
I bacini di mobilità presi in considerazione, riguardano 1 milione di studenti, ciascun bacino è stato costruito in 4 sub-aree, Milano ad esempio è rappresentativa di un bacino regionale che consente all’82% degli studenti di recarvisi con mezzi pubblici. Roma ha tempi di percorrenza molto elevati a causa della congestione del traffico, Napoli ha lo stesso problema di Roma. Torino ha il 50% di studenti fuori sede ma ha delle aree molto compatte e ben collegate. Padova con il 40% di studenti universitari rispetto alla popolazione, ha la quota di mobilità attiva più alta d’Italia. Palermo e Cagliari hanno distanze e tempi medi contenuti con un numero di fuori sede pari al 50%.
Pertanto, per quanto riguarda l’accessibilità all’università, tenendo conto delle specificità locali, occorre ragionare sulle politiche abitative e favorire l’integrazione degli studenti in un miglior contesto.
Si dovrà dare sostegno al trasporto pubblico, soprattutto alle ferrovie per chi abita oltre i 40 km dall’università. C’è una predisposizione a lavorare da casa e c’è la disponibilità a recarsi in facoltà in giornate atipiche come il sabato. Un’altra soluzione per aumentare l’inclusione degli studenti, oltre a quella di incoraggiare la mobilità attiva, è la de-sincronizzazione per evitare una eccessiva concentrazione e favorire spostamenti migliori, ripensando i tempi degli atenei e delle nostre città. In questo le università possono fare da traino.
Le reti europee nel settore della mobilità
Se si volge lo sguardo all’Europa, si può notare come alla luce della pandemia, i diversi Paesi abbiano modificato in modo per lo più virtuoso il proprio sistema della mobilità.
Attraverso il progetto europeo U-Mob Life a cui partecipano 75 università europee, è emersa una fotografia dell’Europa a due velocità: alcuni Paesi si devono riorganizzare, mentre altri sono già ad un buon livello. Obiettivo di questo progetto, è la creazione di un network universitario per facilitare lo scambio e il trasferimento di conoscenze sulle buone norme della mobilità sostenibile tra le università.
Ad esempio, Vienna mette a disposizione gratuitamente una mappa con le connessioni pedonali; Parigi, sponsorizza “la città in 15 minuti”, non per confinare le persone nelle vicinanze, ma per far in modo che si trovino elementi di prima necessità in prossimità; Nizza ha previsto delle piste ciclabili temporanee; Marsiglia è intervenuta promuovendo il telelavoro e orari scaglionati.
La Svezia ha introdotto delle app che confrontano e integrano le diverse soluzioni di mobilità; la Finlandia ha un sistema di incentivi spendibili come bonus in biglietti per la metro e un’app aiuta a muoversi in modo sostenibile, educando a ulteriori comportamenti sostenibili.
La Spagna ha sviluppato una mobilità sicura strutturata su 9 assi ed ha istituito una cicloteca a cui aderiscono 550 città, dove si può trovare una gerarchia dei trasporti sostenibili.
Edimburgo ha messo in campo un maggior numero di risorse destinate alla mobilità attiva, con l’obiettivo di un piano a emissioni zero al 2030. A Nottingham: le aziende con 11 o più posti auto pagano 424 pounds per ogni parcheggio, durante il Covid e lo smart working hanno utilizzato queste cifre comunque versate, per l’acquisto di autobus elettrici, che ad oggi costituiscono la più grande flotta d’Europa.
Berlino ha promosso una pedonalizzazione temporanea e ha approvato un nuovo capitolo del codice della strada che prende in esame la mobilità pedonale, inoltre per ogni quartiere ha assunto una persona che pianifica il percorso pedonale degli utenti.
Mobility manager e Agenda nazionale per realizzare interventi integrati
Hanno concluso il convegno Giuseppe Inturri, vice-coordinatore nazionale del Gdl mobilità Rus e il coordinatore nazionale del Gdl mobilità Rus, Matteo Colleoni, il primo, affermando che: “Dietro alle politiche del mobility manager c’è lo studio degli impatti a vari livelli: scientifico, economico e tecnologico ed è per questo che questa figura è sempre più importante per ridefinire i tempi delle città. C’è una domanda importante su tutto il territorio nazionale di mobility manager, perché ci occupiamo, oltre che di ricerca didattica, anche dei rapporti con il territorio”.
Matteo Colleoni si congeda: “La seconda edizione dell’indagine nazionale sulla mobilità della comunità universitaria ha permesso di raccogliere dati molto utili per analizzarne la mobilità quotidiana. Si tratta di un risultato unico a livello internazionale, a supporto delle politiche e degli interventi per la mobilità sostenibile a livello centrale e locale. Oggi firmiamo una Agenda nazionale su mobilità sostenibile e diritto allo studio per tutte le università”.
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