Con l’augurio di ritrovarsi in una nuova iniziativa, che aiuti ad incrementare il coinvolgimento del governo sul tema della tassazione del carbonio alle imprese, Tommaso Franci e Monica Tommasi, rispettivamente direttore e presidente di Amici della Terra, hanno chiuso l’ultimo dei quattro appuntamenti della XII Conferenza nazionale sull’efficienza energetica#Primalefficienza tra Recovery plan e European green deal”.

L’evento “Carbon border adjustment mechanism: tassare il contenuto di carbonio e non le imprese”, svoltosi in modalità digitale il 3 dicembre, ha rappresentato l’occasione per avanzare dubbi e proposte sul meccanismo europeo che vuole valorizzare la qualità ambientale delle imprese.

Il Carbon border adjustment mechanism

Filo rosso espresso a più voci dai relatori, la volontà di rendere l’Italia protagonista dell’agenda europea (e non maldestra inseguitrice degli obiettivi fissati a livello comunitario) e di approfittare delle opportunità derivanti dall’appartenenza a questa grande famiglia blu a stelle gialle. La proposta del Carbon border adjustment mechanism, ha spiegato nell’apertura dell’evento il giornalista David Carretta, prevede un “sistema di aggiustamento della CO2 alle frontiere che dovrebbe consentire di ottenere risorse per finanziare la transizione climatica”. Nel 2019, ha proseguito Carretta, la Commissione europea aveva dichiarato di aver ridotto le sue emissioni interne del 24% in totale rispetto ai livelli del 1990, il 3,7% in più dell’anno precedente. “Sono però aumentate le emissioni per le importazioni di beni e servizi”. E il meccanismo dovrebbe riuscire a riequilibrare proprio questo divario.

Tra i rischi, avanzati durante l’incontro, c’è quello per cui diventi uno strumento di protezionismo. “Invece l’Unione europea vuole restare un’economia aperta”, ha precisato Carretta, e soprattutto segue “il principio di non discriminazione”.

Secondo Guido Bortoni, consigliere per la regolazione mercato energia alla direzione generale Energia dell’esecutivo europeo, i meccanismi per il leakage assessment del carbonio combinano la logica dello scenario regulatory, “policy e misure per raggiungere certi obiettivi”, e dello scenario carbon pricing, “che fanno del carbon price il meccanismo principe per lavorare”. Guardare all’uno escludendo l’altro “è sbagliato”, ha evidenziato Bortoni.

amici della terra
Un momento della conferenza di Amici della Terra. Da sinistra, Monica Tommasi e Tommaso Franci.

“I costi della decarbonizzazione rischiano di ricadere in termini di bolletta sui clienti finali e industriali incidendo sui costi finali dell’unità di prodotto”, ha evidenziamo Agime Gerbeti, presidente del comitato scientifico Aiee. “L’Unione europea deve continuare a guidare il cambiamento, ma deve farlo tramite standard e stimolando anche gli altri paesi a ridurre le emissioni”. Per questo, prosegue Gerbeti, “la mia proposta è quella di attribuire le emissioni puntuali di ogni prodotto e inserire nell’Iva il costo della CO2 equivalente sostenuto in fase di produzione del bene, al di là del luogo di produzione”.

Protezione dell’industria

Al momento, la decarbonizzazione appare costosa. Come ha ricordato Marco Bentivogli, coordinatore di Base Italia, l’idrogeno è un vettore sei volte più costoso di altre fonti sostenibili di energia. Bisognerà aspettare il 2026, ha proseguito, perché diventi una vera opportunità per l’acciaieria e la siderurgia. Per proteggere i settori industriali e renderli una leva credibile per un accordo sul clima più ambizioso a livello globale, ha rimarcato Ester Benigni, responsabile Affari regolatori e concorrenza gruppo A2a, bisognerà “privilegiare strumenti compatibili con il mercato e la concorrenza”. Ad esempio, l’Emission trading system. Ogni settore industriale, in base alle sue peculiarità, dovrebbe vedere garantita la propria competitività sul mercato delle esportazioni, ha aggiunto Armando Cafiero, direttore Confindustria ceramica. Utile in questo caso che “la Commissione europea conduca uno studio d’impatto” e che l’applicazione della quarta fase dell’Ets, da gennaio 2021, slitti di almeno un anno. L’industria dell’acciaio, in particolare, è tra le più toccate dal nuovo strumento proposto dalla Commissione europea, ha rimarcato Flavio Bregant, direttore Federacciai. Per scongiurare una sua messa fuori competizione, ha aggiunto, “strumenti complessi come l’ipotizzato carbon border adjustment” vanno messi in relazione “alla necessaria complementarietà di questo con gli altri strumenti esistenti per mitigare l’effetto “carbon leakage”.

Il dibattito è ancora aperto e vivo tra le fila dell’europarlamento, ha detto Simona Bonafé, membro della Commissione ambiente del Parlamento europeo. “Il meccanismo ci permette di raggiungere l’obiettivo di valorizzare la qualità ambientale delle imprese che da anni sostengono processo di investimenti per cicli produttivi più sostenibili. Di alleviare settori carbon intensive. E di permettere a tutti i player di giocare la stessa partita, quando oggi è giocata solo dai settori carbon intensive”.

Un discorso davvero intricato in cui Daniele Agostini, responsabile Energy and low carbon policy Enel, ha parlato dell’impegno della sua azienda su scala europea “per trovare un accordo sui temi affrontati alla Cop di Parigi”. Renato De Filippo, a capo del Climate policy & market mechanisms di Eni, ha ricordato che il cane a sei zampe è “favorevole al meccanismo di carbon pricing nell’ottica di creare un sistema globale di carbon pricing”. E Fabrizio Pedetta, coordinatore Commissione tecnologie e prodotto Federbeton, ha evidenziato come gli importatori “dovranno contribuire alla frontiera lo stesso valore versato dai produttori nazionali, avendo come riferimento le emissioni reali dirette e indirette effettuate nei paesi di produzione”. Così facendo, sarà mantenuto “l’incentivo ad investire per la decarbonizzazione dei processi produttivi”.

Consumatore più consapevole

Per Ilaria Restifo, referente Italia dell’Envoronmental defense fund (Edf), “il meccanismo, nell’ambito del Green deal UE, non può prescindere dal mettere sullo stesso piano metano e CO2”. Per Edf sarebbe “importante considerare l’applicazione della tariffa sul metano emesso, importato o domestico, usando fattori emissioni”. Eleonora Evi, europarlamentare, ha spiegato che ha “tentato di intervenire con gli emendamenti per spingere a non dimenticare di lavorare sulla tassazione al consumo”. “Ritengo – ha proseguito – che un meccanismo che internalizzi i costi ambientali e sociali di un prodotto e che li renda visibili al consumatore oggi sia qualcosa di imprescindibile”. Perché, a far girare i meccanismi del mercato, c’è il consumatore sempre più consapevole che vuole comprare sapendo qual è stata l’impronta ambientale della sua scelta.


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