L’Energy&Strategy group del politecnico di Milano ha pubblico il nuovo Electricity market report 2020, in cui scatta una fotografia delle conseguenze del Covid19 sul sistema elettrico.
Le conseguenze del Covid-19 sul sistema elettrico
Dai dati emerge come nei mesi del primo lockdown, da marzo a maggio, “la domanda nazionale di energia elettrica si sia ridotta del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019 (da 70,5 TWh a 62 TWh il totale delle quantità scambiate sul Mgp)”. Il tutto con “un deciso calo dei prezzi dell’energia”, che ha registrato un valore medio di 26,4 €/MWh contro gli oltre 52 €/MWh dell’anno prima.
Maggiore utilizzo delle Fer
Inoltre la minore quantità di energia elettrica generata (circa 567 GWh ad aprile 2020 contro i 660 GWh di aprile 2019), ha anticipato in maniera improvvisa uno scenario che era atteso nei prossimi anni, cioè il maggiore utilizzo all’interno del mix energetico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili. “Il solo fotovoltaico – si legge in una nota – ha coperto il 13% della produzione nazionale nel mese di aprile 2020. Al contrario, la produzione da fonti fossili è passata dal 52% al 44% della produzione totale”.
Grande incremento delle quantità scambiate all’interno di Msd nella primavera 2020
Nel corso della primavera 2020, spiega inoltre la ricerca, “sono dunque molto aumentate le quantità scambiate all’interno del Mercato dei servizi di dispacciamento.” E “nonostante il calo dei prezzi si è così determinato un incremento del 54% (sul 2019) del costo di gestione del sistema nel periodo marzo-maggio 2020. Tutto ciò si inserisce in un contesto che ha visto negli ultimi anni un calo della capacità di generazione complessivamente installata in Italia (circa 119 GW attuali, contro i 128 GW del 2012-2013). Tale calo ha portato con sé alcune criticità, perché la sostituzione di impianti termoelettrici con impianti a produzione non programmabile riduce in alcune ore il margine di adeguatezza del sistema”.
Energy community in forte crescita
“Il sistema elettrico è in rapida evoluzione per via del peso sempre maggiore delle fonti rinnovabili e della progressiva dismissione di una parte del parco termoelettrico”, commenta in nota Simone Franzò responsabile scientifico della ricerca di E&S group. “In questo contesto, un nuovo soggetto sta emergendo con grande enfasi: le energy community. Frutto del percorso normativo europeo avviato sulla scia del Clean energy package e che poggia su due direttive, la Red II e la Iem, che l’Italia è chiamata a recepire nei prossimi mesi. Il Report analizza le diverse configurazioni di Energy community introdotte nel quadro normativo comunitario. il tutto dal punto di vista regolatorio e tecnologico. Ma ma anche sotto il profilo della sostenibilità economica e delle potenzialità di diffusione in Italia. Anche altre normative si sono perfezionate nel corso del 2020, nell’ottica di assecondare uno sviluppo sostenibile del sistema elettrico verso il 2030. Anno target per gli ambiziosi obiettivi che il nostro Paese si è dato, come il 55% di copertura della domanda di elettricità da fonti rinnovabili”.
Il potenziale di diffusione delle energy community
Lo studio ha inoltre analizzato il potenziale di diffusione delle energy community in Italia. I ricercatori hanno stimato il mercato potenziale, cioè il totale delle utenze energetiche e degli edifici che potrebbero entrare a far parte delle configurazioni. Ma anche il mercato realmente disponibile, cioè il sottoinsieme che tiene conto della presenza di vincoli tecnici invalidanti. Sono stati identificati 3 scenari di penetrazione attesa: “moderato”, “intermedio”, “accelerato”. Lo scenario “intermedio” si basa sull’assunto che la diffusione delle configurazioni parta “dal basso”.
Nel periodo 2021-2025 coinvolte fino a 300 mila utenze non residenziali
“Seppur con differenze significative tra i diversi scenari, le potenzialità di mercato nel nostro Paese sono ragguardevoli“, spiega la ricerca. “Si stima infatti che potrebbero essere coinvolte nel prossimo quinquennio (2021-2025) circa 150-300 mila utenze non residenziali e oltre 1 milione di utenze residenziali. Dando vita (nello scenario intermedio) a circa 5-10 mila configurazioni di autoconsumo collettivo e circa 20.000 Comunità energetiche rinnovabili. Le ricadute sarebbero di tipo economico, ma anche fiscale, energetico ed ambientale. Come ad esempio l’incremento della generazione fotovoltaica e la conseguente riduzione delle emissioni”.
L’impatto sul settore Fer
“La diffusione delle comunità energetiche – spiega inoltre lo studio – potrebbe portare, in totale, all’installazione di oltre 3,5 GW di impianti fotovoltaici e 1,3 GWh di capacità di accumulo. generando un volume d’affari di 4 miliardi di euro supportati da incentivi per 6,5 miliardi di € su un orizzonte di 20 anni. Con riferimento allo scenario intermedio, si prevede che al 2025 le comunità energetiche e gli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente possano contribuire al 45% della nuova potenza di fotovoltaico installata necessaria al nostro Paese per raggiungere l’obiettivo fissato dal Pniec. Nel medesimo anno, il contributo rispetto alla produzione complessiva di fotovoltaico sarebbe circa dell’11%. Inoltre, la diffusione delle configurazioni di autoconsumo collettivo avrebbe come impatto positivo una riduzione delle perdite di rete stimata nell’intorno di circa 5,5 GWh/anno. Pari a circa 110 GWh cumulati nel periodo di vita utile degli impianti”.
Riduzione delle emissioni
L’analisi ha valutato anche la riduzione delle emissioni di CO2 nello stesso arco di tempo. “Si stima un dato intorno ai 23 milioni di tonnellate, che economicamente possono essere quantificate in altri 460 milioni di euro nello scenario intermedio. Considerando una valorizzazione cautelativa di 20 €/ton per la CO2. Numeri molto interessanti per gli operatori del settore, chiamati a contribuire in maniera sostanziale affinché tale potenziale si traduca in realtà. E favorisca il necessario raggiungimento dei target di evoluzione del sistema energetico nazionale”.
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