Sarà commercializzata la prossima primavera la bionda “scientifica” realizzata in Sardegna grazie alla collaborazione tra mondo della ricerca, istituzioni, aziende. Un prodotto che scuote il territorio sardo, custode di grandi richezze, e le aziende autoctone, anche loro dotate di un notevole potenziale. Ne parliamo con Luca Pretti, ricercatore di Porto Conte Ricerche.
Domanda di rito: come nasce e si alimenta questo progetto?
Su richiesta del micro-birrificio sardo Lara (Tertenia) in accordo con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari abbiamo dato vita ad un progetto di ricerca biennale per l’utilizzo e la valorizzazione delle materie prime locali destinati alle produzioni brassicole. In particolare, grazie ad un finanziamento del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali abbiamo verificato la predisposizione di una varietà di orzo coltivata in Sardegna per la successiva maltazione e produzione di birra a forte connotazione locale. Presso il Dipartimento di Agraria l’attenzione è stata rivolta sulla selezione di lieviti locali per la fermentazione. Per il nostro centro è stata l’occasione di continuare un discorso iniziato negli anni passati che aveva portato, per quanto riguarda i luppoli, anche ad una collaborazione con l’Università di Udine.
Qual è il panorama attuale all’interno del nostro Paese?
Attualmente in Italia esiste un assetto quasi monopolistico nella vendita dei prodotti per la birrificazione in quanto pochi distributori riforniscono i più di 750 micro-birrifici nazionali. Il panorama nostrano è caratterizzato da piccole realtà le quali, a differenza delle strutture più grandi, possono arrivare ad utilizzare fino a 15 o 16 tipologie di malto e cereali non maltati – anche non endemiche – e realizzare prodotti riconosciuti a livello internazionale. Per rendere valida la coltivazione e la trasformazione dei prodotti locali bisogna soddisfare alcune esigenze imprescindibili: ottenere il malto secondo determinate specifiche e mantenere dei prezzi concorrenziali.
Direi che lo scenario potrebbe definirsi “policromatico”…
Sì e l’eterogeneità delle produzioni non riguarda solo le specialità preparate ma anche le tipologie produttive che oggi possono essere identificate in tre categorie: microbirrifici propriamente detti, brew pub (dove la birra viene prodotta e consumata nello stesso locale) ed i beer firm (produttori che adoperano impianti altrui).
Esiste una ricetta vincente per riuscire a differenziarsi?
Nel progetto da noi curato è stata valutata la maltazione di un’unica varietà di orzo per ottenere un’unica varietà di malto. I dati in nostro possesso ci dicono che le condizioni climatiche dell’isola sono compatibili con la coltivazione sia dell’orzo da malto che dei luppoli, ma c’è un’economia ancora tutta da definire: la grande industria occupa il 99% del mercato, quella artigianale – decisamente variegata – solo l’1%. Inoltre, le economie di scala attuate dalla grande industria sono improponibili per i produttori artigianali. Se si seguisse il dimensionamento ed il fabbisogno del singolo micro birrificio utilizzando una micro-malteria ad esso associata allora si potrebbe dare una scossa al mercato con prodotti fortemente legati al territorio ed economicamente convenienti. Questo impulso, però, non è ancora arrivato e tali condizioni sono lontane dall’essere raggiunte. È in ogni caso una scelta strategica che ricade sul singolo micro-birrificio. Per la maggioranza dei mastri birrai isolani, infatti, le scarse garanzie odierne sulla qualità dei prodotti locali rappresentano un elevato fattore di rischio.
Dunque cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Per la coltivazione dei luppoli questa strada è più praticabile, perché c’è la possibilità di curare piccole coltivazioni ad uso esclusivo di micro birrifici artefici di ricette originali. Certo, ci sono dei costi di produzione che non possono essere ignorati ed è una via che non garantisce nuove possibilità occupazionali, ma per le aziende che vogliono investire in questa direzione c’è uno spiraglio per acquisire sempre maggiore competitività. In tal caso la Porto Conte Ricerche è pronta a raccogliere questa sfida.
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