articoGli incendi nel Circolo Polare Artico, divampati nell’estate 2019, sono stati la causa del superamento del record di emissioni di CO2. A rivelarlo gli scienziati di Copernicus atmosphere monitoring service (Cams) che si occupano di monitorare ogni giorno gli incendi su scala globale.

Gli incendi nel Circolo Polare Artico

Il bilancio è triste non solo per l’anno passato. Le stime per il 2020 non fanno ben sperare: le emissioni di CO2 dal Circolo Polare Articolo sono aumentate di un terzo rispetto al 2019. Si parla di 244 megatonnellate dal 1° gennaio al 31 agosto 2020 contro le 181 dello stesso periodo del 2019. Solo nella Repubblica di Sakha milioni di ettari di campi sono andati persi. Le emissioni di CO2 hanno fatto registrare un picco: sono passate da 208 megatonnellate nel 2019 a 395 megatonnellate nel 2020.

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Incendi. Immagine elaborata dagli scienziati del Cams

“Gli incendi nell’Artico stanno bruciando da metà giugno e hanno già sorpassato per intensità e di conseguenza per emissioni di CO2 quelli del 2019”, commenta in una nota stampa Mark Parrington, senior scientist ed esperto di incendi al Cams. I ricercatori sfruttano le osservazioni satellitari per capire l’intensità degli incendi e stimarne le emissioni, in modo da fornire un quadro di lungo termine della loro attività. “Sappiamo che le condizioni climatiche di caldo e secco sono state nuovamente prevalenti durante questa estate”, aggiunge. “Questo permette anche la diffusione in tutto il mondo di informazioni utili per gli scienziati, i politici e per tutti gli enti rilevanti”.

Non sono chiare le cause di questi incendi. Nel Circolo Polare Artico si suppone che alcuni siano stati incendi zombie’, ossia scoppiati nei mesi estivi dopo essere rimasti attivi sotto terra nei mesi più freddi.

Anche in America è record di incendi

In contemporanea, un’ampia regione del sud-ovest degli Stati Uniti d’America ha registrato grossi problemi per l’ondata di caldo che l’ha investita, con grandi nubi di fumo in movimento verso est attraverso. Tra giugno e agosto in California è divampato il secondo e il terzo peggior incendio nella storia dello stato. Tra California e Colorado alcuni potrebbero avere avuto origine dai fulmini. Solo nel Colorado, ad agosto, l’intensità è stata maggiore della media registrata negli ultimi 16 anni.

Gepostet von Canale Energia am Mittwoch, 2. September 2020

Il triste bilancio dell’Italia

Anche l’Italia redige un triste bilancio. Tante le aree boschive danneggiate o perdute a causa degli incendi: da quello scoppiato sul Gran Sasso agli inizi di agosto, per il quale è stato chiesto lo stato di emergenza, ai continui roghi in Campania e Calabria. “Da quarant’anni a questa parte gli incendi boschivi hanno colpito in media 107 mila ettari l’anno. Il nostro patrimonio forestale, seppur in crescita come superficie totale per il progressivo abbandono delle campagne, è gravemente minacciato da incendi sempre più frequenti e severi”, afferma in una nota stampa Martina Borghi, campagna Foreste di Greenpeace Italia.

Per provare a dare una misura, Greenpeace Italia e Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef) hanno redatto il rapporto “Un paese che brucia. Cambiamenti climatici e incendi boschivi in Italia”. Dal 2000 al 2017, scrivono, le aree interessate da incendi sono state 8,5 milioni di ettari, circa tre volte e mezzo la Sardegna. Gli episodi sono sempre più vasti e severi, con grandi superfici percorse e perdite di vite umane: “I cambiamenti climatici sono la principale sfida del nostro tempo: eventi meteorologici estremi come tempeste di vento e siccità che facilitano la diffusione degli incendi sono sempre più frequenti e intensi, anche in Italia”, commenta Federico Spadini, campagna Clima di Greenpeace Italia. Il futuro non è, dunque, roseo: “Dobbiamo aspettarci un ulteriore aggravarsi del rischio incendi in molte zone d’Europa”.

Puntare su prevenzione e controllo degli incendi

La chiave per contenerli è di affrontare gli incendi non “con un approccio unicamente emergenziale”, propone Luca Tonarelli, membro Sisef e direttore tecnico del Centro di addestramento antincendi boschivi della regione Toscana, ma puntando su “prevenzione e controllo”. D’altro canto, gli incendi “stanno cambiando il loro comportamento e sono sempre più difficili da estinguere”. “Rafforzare la resistenza e resilienza degli ecosistemi forestali”, sostiene Tonarelli, passa “attraverso una migliore gestione del territorio e pratiche come la selvicoltura preventiva, soprattutto nelle zone dove abitazioni e aree naturali sono attigue”. Sarà anche fondamentale “migliorare gli strumenti di raccolta dati, analisi e reportistica sugli incendi, al momento insufficienti”.

Solo il 31 agosto, riporta AvioNews, in Italia ci sono state 37 richieste di intervento per aerei Canadair ed elicotteri della flotta dello Stato. Per la maggior parte nel Sud Italia: 11 solo in Sicilia, sete in Campania e sei in Calabria. Sabato 29 agosto le chiamate sono state 33 di cui otto provenienti dal Lazio, otto dalla Calabria e quattro dalla Sardegna. Operazioni che hanno coinvolto 14 Canadair e sette elicotteri, cui si sono aggiunti due elicotteri del comparto Difesa che hanno tenuto sotto controllo o spento 17 roghi. L’origine della maggior parte degli incendi boschivi, ricorda AvioNews, è dovuta a comportamenti superficiali o dolosi. Contattare il numero 115 di soccorso del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco o il numero unico di emergenza 112 e fornire informazioni precise è importantissimo per aiutare chi deve intervenire tempestivamente.

Cambiamenti climatici e foreste

È bene ricordare che il contributo delle foreste è fondamentale per la salute dell’umanità e del Pianeta. Il polmone verde del mondo è in grado di trattenere e assorbire carbonio, aiutando a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Eppure la loro incolumità è a rischio a causa dell’aumento delle temperature medie annuali, dell’alterazione delle precipitazioni e del verificarsi di eventi meteorologici estremi. La loro capacità di fornire servizi ecosistemici sta diminuendo.

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