Esiste un Passaporto Ambientale che certifica la provenienza e la qualità dei prodotti agroalimentari più rispettosi dell’ambiente. È stato ideato dal Centro studi qualità ambiente (Cesqa) del dipartimento di Ingegneria industriale (Dii) dell’università di Padova. Il Passaporto stimola “l’innovazione dei sistemi produttivi locali” e “la nascita di attività sul territorio” ha spiegato stamane Dario Ruaro, di Gal montagna vicentina, durante il webinar “Prodotti di montagna: arriva il Passaporto ambientale per nuove produzioni a ridotto impatto ambientale”. È un “percorso di miglioramento”, ha proseguito Alessandro Manzardo del Dii di Padova, intrapreso da quelle imprese che vogliono “adottare logiche di riduzione del proprio impatto ambientale”.
Il Passaporto è frutto del progetto europeo “Passaporto ambientale per i prodotti agroalimentari della Montagna vicentina” che terminerà ad agosto. Le imprese della Montagna vicentina che che producono olio, vino, frutta, latte e derivati possono ora dimostrare anche al consumatore più attento di tutelare la salute del territorio e di contenere l’uso delle materie prime. L’obiettivo, precisa Manzardo, è di rendere le linee guida applicabili a qualsiasi impresa, dalle più piccole a filiera corta alle più strutturate.
Come si è sviluppato il progetto
Il progetto ha portato allo sviluppo di 7 nuovi prodotti di eco-design, cioè a ridotto impatto ambientale, alcuni dei quali già sul mercato. Ha ricevuto un finanziamento di 325 mila euro dal Programma di sviluppo locale del Gal Montagna vicentina.
Il processo di ricerca è stato suddiviso in tre fasi per arrivare a capire come rendere davvero sostenibile l’impresa. La prima ha riguardato l’analisi di mercato e l’ultima lo studio di possibili soluzioni. L’analisi dell’impatto ambientale degli attuali sistemi produttivi, attraverso la creazione di eco-profili in forma analitica e il confronto con i parametri delle certificazioni Iso 14040 e 14004, è stata il cuore dell’indagine.
Il Passaporto ambientale per i prodotti agroalimentari
Le aziende che l’hanno ottenuto: la Maculan
Le aziende pilota che hanno creduto nel progetto e ottenuto il Passaporto Ambientale per i prodotti agroalimentari hanno parlato della loro esperienza durante il webinar. Maria Vittoria Maculan è l’enologa della Maculan società agricola di Fausto Maculan e figlie che produce 650.000 bottiglie di vino, il 65% per l’Italia. In questo caso “la gestione dei vigneti si è dimostrata la parte a più alto impatto ambientale”. Si è dunque deciso di “introdurre uva di varie età che non vengono attaccate dalle principali malattie della vite”. In questo modo si è ridotto il numero di trattamenti: “Da 10-12 per il nostro vino tradizionale, 18 nel caso di un prodotto bio, a 2”. Un risparmio in termini di costo carburante, consumo di acqua e retribuzione per il trattorista. Si è anche rivisto l’imballaggio usando una confezione con tappo riciclabile.
La Rigoni di Asiago
Anche la Rigoni di Asiago srl ha sposato l’idea. “Abbiamo visto nel progetto l’opportunità di continuare nella tutela ambientale e di realizzare un prodotto nuovo a basso impatto ambientale”, ha spiegato Alice Franceschi, responsabile della comunicazione. Tutti i prodotti sono biologici “per vocazione”, dal miele al dolcificante estratto dalle mele. Nel caso di prodotti non direttamente coltivabili “c’è un rapporto importante con i fornitori per garantire il controllo totale della materia prima”.
Due varietà di bevande – mela, agrumi e zenzero e mirtilli selvatici e mela – sono state oggetto dell’analisi. In questo caso sono risultati impattanti la fase di imballaggio e il processo produttivo. L’azienda ha quindi scelto di adottare un unico vaso di 500 ml senza imballo secondario al posto delle tre bottigliette in vetro da 125 ml nel cluster di cartoni, così da ridurre la produzione di rifiuti. E ha internalizzato il processo produttivo installando un cogeneratore che ha ridotto i consumi energetici.
La Latteria di Soligo
Alla Latteria di Soligo società agricola cooperativa il latte pastorizzato è imbottigliato “in contenitori bio-based forniti da un’azienda che, rispetto alle confezioni standard, garantisce il 31% in meno di CO2 nell’intero ciclo di vita dell’imballaggio”, ha detto Mario Dalla Riva. La carta dell’imballaggio, ha precisato, “proviene da legna certificata Fsc”.
La certificazione terza
Il Passaporto ambientale per prodotti agroalimentari ha ottenuto il riconoscimento del ministero dell’Ambiente. Ad assicurarne il massimo rigore scientifico la certificazione dell’ente terzo Csqa. “Abbiamo certificato la coerenza tra quanto dichiarato e quanto effettivamente realizzato”, ha commentato Maria Chiara Ferrarese. Sono state valutate “l’affidabilità e l’integrità dei dati primari riportati nello studio” e la “modellizzazione dei parametri”. Tutto l’iter è stato supervisionato da tecnici con competenze specifiche nel settore.
Per la Ferrarese il progetto ha una doppia valenza: “Stimolerà altre imprese oltre quelle partecipanti a valutare le prestazioni ambientali”. Se non si comincia sarà impossibile fissare benchmark di riferimento. In seconda battuta consentirà di “comunicare la sostenibilità che oggi è difficilissimo per la mancanza di una definizione unitaria”. E il prezzo, assicurano i capofila, non ne risentirà.
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.