Promuovere un piano di azione per tutelare la diversità genetica di tutte le specie animali e vegetali sul pianeta. E’ con questo obiettivo che un gruppo di 20 ricercatori, tra cui anche studiosi della Fondazione Edmund Mach, ha pubblicato sulla rivista Science un appello in cui si ribadisce l’importanza di preservare la biodiversità.
L’occasione per lanciare l’appello, che ha raccolto grande attenzione da parte della comunità scientifica e dei media internazionali, è stata una recente Training school della cost action G-bike, presieduta da Cristiano Vernesi, ricercatore della Fondazione Edmund Mach. “L’assunto di partenza – spiega una nota della Fondazione Edmund Mach – è molto semplice: solo in presenza di una sufficiente diversità genetica le popolazioni naturali di qualsiasi specie possono affrontare la sfida del cambiamento globale ovvero del cambiamento del clima e dell’uso del suolo”.
Il tema della tutela della biodiversità era stato considerato centrale fin dal summit mondiale che si svolse nel 1992 a Rio de Janeiro. Un incontro durante il quale i leader mondiali concordarono una strategia globale di “sviluppo sostenibile” che includeva tra i suoi pilastri fondamentali la Convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta, ad oggi, da 193 Paesi e nota per aver portato alla definizione di biodiversità come la conosciamo oggi.
“In questo quadro – spiega la Fondazione Mach in nota – recentemente la Conferenza delle parti ha concordato e pubblicato una prima bozza sulla strategia post-2020 in cui, però, la diversità genetica sarebbe menzionata tangenzialmente e soprattutto sarebbe esclusivamente riferita alle specie domestiche e di interesse agricolo”.
Il report Wwf sul legame tra climate change e malattie trasmissibili
La tutela della della biodiversità è anche uno dei temi toccati dal nuovo report del Wwf ‘Malattie trasmissibili e cambiamento climatico – Come la crisi climatica incide su zoonosi e salute umana’. Lo studio, come si legge nell’introduzione, ha come obiettivo quello di “riassumere le conoscenze derivanti da pubblicazioni scientifiche che indicano la presenza di connessioni tra cambiamento climatico e malattie emergenti, tramite le complesse relazioni ecologiche che li collegano. Questo non solo per migliorare la percezione del rischio da noi stessi determinato, ma soprattutto per contribuire al dibattito su quanto sia urgente avviare, da subito, tutte le misure necessarie per fermare il cambiamento climatico, arrestare la perdita di ecosistemi naturali e proteggere la biodiversità, contenendo la diffusione di malattie”.
Il report in particolare, attraverso la rilettura di numerosi lavori scientifici, evidenza le connessioni tra il cambiamento climatico e le malattie di origine animale, ma più in generale anche le relazioni con la salute umana. Questo scenario, spiega in una nota il Wwf, “non riguarda il Covid-19, tuttavia sono decine le malattie aggravate dalla crisi climatica”.
Nello specifico lo studio evidenzia come numerose ricerche mostrino “che molte zoonosi (ovvero le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo, anche tramite vettori quali zecche e zanzare), sono fortemente influenzati dal cambiamento climatico indotto dall’uomo”. In particolare il 75% delle malattie infettive umane fino ad oggi conosciute deriva da animali e il 60% delle malattie emergenti è stata trasmessa da animali selvatici. Si tratta di patologie che ogni anno causano circa 1 miliardo di casi e milioni di morti.
Nello specifico i meccanismi principali attraverso cui la diffusione di queste patologie avviene sono tre:
1) espansione degli areali delle specie serbatoio o vettori, come nel caso di Morbo di Lyme e West Nile Virus;
2) alterazioni nelle temperature e nel regime delle precipitazioni, che favoriscono ad esempio malaria e Chikungunya;
3) rilascio di patogeni in aree precedentemente ghiacciate, come nel caso dell’antrace.
Tutti processi che, come si è detto, non “pare stiano invece influenzando la diffusione del Covid 19, favorito invece dal traffico non controllato di specie”.
Per quanto riguarda in particolare l’Italia, il cambiamento climatico sta causando, oltre all’aumento degli eventi meteorologici estremi e allo scioglimento dei ghiacciai, anche la “ricomparsa o recrudescenza di agenti infettivi precedentemente endemici (tra i quali il poliovirus, presente in paesi limitrofi, e il bacillo della tubercolosi) e all’arrivo di nuove malattie esotiche trasmissibili, come Dengue, Chikungunya, Zika, Febbre del Congo-Crimea, West Nile disease”.
“Un dato significativo – sottolinea la nota del Wwf – è che la capacità di acquisire virus e trasmetterli ad un ospite suscettibile, per esempio i virus responsabili della febbre Dengue da parte della zanzara Aedes albopictus, è aumentata del 50% in quasi 40 anni. Questo vuol dire che l’idoneità climatica per il virus sta aumentando in Italia dove trova un ambiente sempre più adatto per trasmettere la malattia”.
“In alcune regioni dell’Italia settentrionale – si legge ancora in nota – sono stati registrati casi di encefalite virale da zecche (Tbe, Tick-borne encephalitis) mai riscontrati prima in Italia. In varie regioni italiane si sono verificati numerosi casi di meningiti o encefaliti virali. In centro Italia, si è diffuso il poco conosciuto virus Toscana (Tosv), che prende il nome della regione in cui è stato isolato all’inizio degli anni ’70, e viene trasmesso da 2 specie di pappataci (Phlebotomus perniciosus e P. perfiliewi) ed è stato associato a casi di meningite e di meningoencefalite nell’uomo”.
Perdita di biodiversità e pandemia
A sottolineare il nesso tra perdita di biodiversità, cambiamento climatico e crescente frequenza delle pandemie era stato anche il World economic forum, che a inizio marzo sottolineava, senza riferirsi specificamente a quella che sarebbe diventata da lì a breve una pandemia, il continuo incremento della frequenza dei focolai. “Tra il 1980 e il 2013 ci sono stati 12.012 focolai registrati, che comprendono 44 milioni di casi individuali e colpiscono tutti i paesi del mondo. Un certo numero di tendenze ha contribuito a questo aumento, inclusi alti livelli di viaggi globali, commercio e connettività e vita ad alta densità, ma i collegamenti con i cambiamenti climatici e la biodiversità sono i più sorprendenti”.
Nello specifico il Wef sottolineava l’aumento costante della deforestazione negli ultimi due decenni ,un fenomeno “collegato al 31% dei focolai come l’Ebola e i virus Zika e Nipah”.
“La deforestazione – spiegava il World economic forum – spinge gli animali selvatici fuori dai loro habitat naturali e si avvicina alle popolazioni umane, creando una maggiore opportunità di diffusione per le malattie zoonotiche, cioè le malattie che si diffondono dagli animali agli umani. Più in generale, i cambiamenti climatici hanno alterato e accelerato i modelli di trasmissione di malattie infettive come Zika, malaria e febbre dengue”.
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