Tra i tanti effetti negativi dell’inquinamento atmosferico ci sarebbe anche un’alterazione del fisiologico ciclo riproduttiva delle donne. Secondo un recente studio, infatti, come si legge sul Guardian, chi vive in aree caratterizzate da bassa qualità dell’aria avrebbe una probabilità fino a tre volte superiore di avere livelli ormonali legati ad attività ovarica estremamente bassi con performance non adeguate in termini di produzione di ovuli. Inoltre se questa esposizione dovesse essere continuativa nel tempo si potrebbe verificare una variazione del periodo riproduttivo della donna e di conseguenza un’entrata più precoce nella fase di menopausa.
L’ormone AMH
Lo studio, di cui il ricercatore principale è Antonio La Marca dell’Università di Modena e Reggio Emilia, è stato presentato in occasione della riunione annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia e ha valutato in particolare i livelli di uno specifico ormone denominato AMH. Si tratta di una sostanza che viene rilasciata dalle cellule nelle ovaie e permette di tracciare un quadro della riserva ovarica di una donna, ovvero il numero di ovuli che le ovaie possono produrre. I quantitativi di questo ormone sono influenzati da fattori come genetica età e fumo, mentre il legame con la fertilità è al momento oggetto di dibattito.
Metodologia adottata
Gli scienziati hanno valutato in particolare i livelli di AMH in circa 1.300 donne di Modena tra l’inizio del 2007 e l’autunno 2017, quantificando i livelli giornalieri di PM .5s, PM10s e di biossido di azoto. A parte il fattore età, è emerso che i livelli di AMH erano più bassi tra le donne che vivevano in aree con livelli più elevati di inquinanti atmosferici. “Avere un AMH alto è in qualche modo un vantaggio riproduttivo, perché le donne con un AMH più elevato avranno una durata di vita riproduttiva più lunga”, ha spiegato La Marca sul Guardian.
L’emergenza inquinamento nel Regno Unito
Rimanendo in tema di inquinamento atmosferico, nel Regno Unito uno studio, come spiega il Guardian, ha evidenziato come, nonostante i progressi del Paese nel miglioramento della qualità dell’aria, i rischi per la salute della popolazione siano ancora elevati. Anche se il numero delle morti premature legati in qualche modo all’inquinamento si è dimezzato dal 1970 al 2010, la tossicità dell’aria causa ancora adesso un decesso su 20. Per questo, spiegano gli studiosi, è necessaria un’azione urgente per far fronte a questa emergenza sanitaria. “Il messaggio è che le politiche di qualità dell’aria funzionano, ma allo stesso tempo l’attuale impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute è ancora molto, molto consistente”, spiega al Guardian Sotiris Vardoulakis ricercatore dell’Istituto di medicina del lavoro di Edimburgo e membro del team di ricerca – è un’emergenza sanitaria pubblica e dobbiamo fare qualcosa al riguardo”.
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